Voglio un’ecologia egoista! Adesso, non nel 2030
Paolo Pileri e Matilde Casa hanno presentato ieri a Torino, al Consiglio Regionale del Piemonte, il loro libro a quattro mani “Il suolo sopra tutto“. Una denuncia forte e ben documentata di un mondo “al contrario”, dove le follie legislative e le furberie linguistiche, da decenni, offrono ai peggiori speculatori la copertura normativa per continuare a sperperare un bene comune di fondamentale importanza, invece di premiare i più virtuosi, che operano a beneficio della collettività.
Oggi (quasi) nessun politico si dichiarerebbe pubblicamente favorevole alla cementificazione selvaggia, ma non per questo la situazione è migliorata. Come ha ricordato Pileri agli amministratori pubblici in sala – tutti molto accorati nei loro interventi – non basta “essere d’accordo”, serve darsi una mossa, concretamente, perché ai vari livelli istituzionali (e nelle segreterie dei partiti) venga recepito il messaggio e ci si attivi per correggere le storture di legge. Adesso, non nel 2020 o 2030!
Con Fabio Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, che ha organizzato l’incontro torinese, condivido, da tempo, l’assoluta irritazione verso la sterilità e la vuotezza delle formule “facciamolo per i nostri figli”, “facciamolo per i nostri nipoti”. No, facciamolo subito! Per tutti noi e anche per quei figli e nipoti tanto invocati che patiscono già oggi gli effetti devastanti del consumo di suolo, dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici. Basta con il richiamo alle “generazioni future” e l’altruismo da due lire, che fa fine e non impegna. E’semplicemente patetico che a brandire questa presunta lungimiranza siano proprio gli stessi amministratori che, pur essendo in carica, non fanno quanto dicono di condividere perché rischiano di perdere voti nella breve distanza…
E basta anche con l’infinita ricerca di sempre maggiori “evidenze scientifiche“! Sono due facce dello stesso modo di lanciare la palla infinitamente in avanti, di prendere sistematicamente tempo per non esporsi mai alla responsabilità di decidere. Non servono altri dati, altre ricerche, altre tecnologie, abbiamo già tutto, manca solo la volontà politica. L’avevo già scritto in occasione del referendum sulle trivelle di un anno fa (“L’eterno ritorno dei Galletti della scienza“) e sono felice che Pileri e Dovana l’abbiano ribadito ieri. Mi auguro che questa insofferenza diventi presto contagiosa e che i cittadini italiani non accettino più i bei discorsi dei politici e degli amministratori che non si concludano con un impegno preciso e un piano d’azione. Non servono date farlocche tarate sulle prossime scadenze elettorali, ma la serietà di prendere un impegno e confrontarsi periodicamente con i cittadini per rendere conto dell’avanzamento dei lavori.
Ma, intendiamoci, non siamo più disposti nemmeno a sopportare le furbate di leggi dai titoli mirabolanti e dal contenuto esattamente opposto. Non basta fare – per trasmettere all’elettore un’idea di dinamismo - serve fare bene, ovvero adoperarsi per risolvere realmente il problema. Il disegno di legge sul “consumo di suolo” passato alla Camera e da tempo fermo al Senato, ricorda ad esempio Pileri, prevede, tra le altre cose, che sia sufficiente una richiesta edificatoria di un cittadino (senza nemmeno che sia approvata) per escludere quel terreno dal conteggio del nuovo consumo di suolo! E poi ci sono i giochini lessicali dei piani regolatori come “tessuto urbano consolidato” (dove la vita di chi vuole costruire, anche senza motivo, è più semplice) e le funamboliche argomentazioni degli urbanisti per giustificare la costruzione di villette a schiera anche su un suolo boschivo, solo perché “è prospiciente la strada”… L’idea dominante, dice Pileri, è che il suolo valga solo se c’è qualcosa sopra, in totale disprezzo dei cosiddetti “servizi ecosistemici” del suolo.
Eppure, come ha giustamente ricordato Flavia Bianchi, urbanista di Legambiente, non dovrebbe essere un dogma l’impossibilità di revisione dei piani regolatori. Bene non estendere ulteriormente il numero dei terreni edificabili, ma perché non possono essere riviste anche alcune scelte passate, alla luce di una nuova sensibilità ambientale, ma anche della situazione di mercato attuale, che registra ovunque centinaia di edifici invenduti e altri che potrebbero essere ristrutturati e riqualificati? Questo dovrebbe essere il vero business del futuro, anche nell’interesse delle imprese. Ma la politica deve battere un colpo e indicare una direzione. Del resto, come conferma la sindaca Matilde Casa – alla quale non si può certo negare di averci provato - oggi, più che mai, è il momento giusto per gli amministratori pubblici per avere coraggio, mentre gli appetiti e la voracità degli speculatori sono più quieti. Magari anche con quella famosa “fiscalità ecologica“, di cui non mi stancherò mai di parlare e che rimane la chiave di volta per l’affermarsi della green economy: premiare coloro che generano meno “esternalità“. Non perché più belli, simpatici o amici di partito, ma perché oggettivamente generano minore (o nessun) danno alla collettività e di conseguenza minor costo allo Stato e agli enti locali. Politici, amministratori, fatemi un favore: per una volta, pensate alla vostra salute, siate egoisti!
Andrea Gandiglio