In difesa del territorio. Intervista a Iaia Forte
Da piccola voleva fare l’archeologa, invece, superati i quarant’anni, Iaia Forte è diventata una delle più importanti attrici italiane: «Credo che il teatro possa contribuire molto per far crescere l’attenzione sulle questioni ambientali, nelle persone e nelle società. Il teatro è un luogo di scambio umano e civile, è uno spazio di profonda sensibilità e di difesa delle dignità della cultura e del territorio: lavorando in questa dimensione aiuta a capire l’importanza dell’equilibrio tra modernità e tradizione, sviluppo e sostenibilità».
D) Che rapporto ha lei con l’ambiente?
R) Pur abitando in città, ho un grande rispetto per la natura. Il mio legame forte, avendo vissuto per vent’anni a Napoli, è quello con il mare: soffro fisicamente quando vedo le spiagge invase dall’immondizia o i sacchetti e le plastiche che galleggiano nell’acqua.
D) Compie quotidianamente dei gesti di attenzione verso l’ambiente?
R) Sì, faccio abitualmente la raccolta differenziata, anche se in città come Roma o Napoli le strutture non funzionano granché bene: ogni tanto capita di dover fare parecchia strada prima di trovare il cassonetto della carta o la campana del vetro. Sarebbe importante rendere il servizio più efficiente, in particolare a Napoli, dove in questi anni abbiamo visto quanti sono stati i problemi dovuti all’immondizia.
D) Utilizza l’auto o la bicicletta nei suoi spostamenti?
R) In genere il motorino: a Roma ho una casa in cima a una salita, la bici è troppo scomoda, lo ammetto. Però, appena saranno commercializzate, vorrei comprarmi un’auto elettrica.
D) La sua è una casa a basso impatto ambientale?
R) Diciamo che faccio attenzione ad alcuni aspetti che riguardano l’eco-sostenibilità domestica. In particolare, ho comprato solo mobili usati nei mercatini: trovo che, a differenza di quelli nuovi tipo Ikea, abbiano un’anima e inoltre così si alimenta un’idea di riuso, riciclo e riutilizzo che combatte la produzione di rifiuti.
D) Nel mondo del teatro c’è sensibilità rispetto ai temi ambientali?
R) Non sempre. Però mi è capitato di lavorare con registi e scenografi che per gli allestimenti non utilizzano oggetti creati ad hoc ma, anche in questo caso, materiali di recupero.
D) In generale, pensa che l’Italia sia un paese dove è presente una forte coscienza ecologica?
R) Non dappertutto. In particolare, da quanto ho visto – e mi dispiace dirlo - c’è una maggiore sensibilità nelle regioni del nord, come il Trentino. In Campania, Sicilia o Calabria, che pure sono ricche di luoghi stupendi, manca l’attitudine a farsi carico e a sentirsi responsabili del proprio territorio.
D) Quale è secondo lei il più grave problema ambientale?
R) Sicuramente l’inquinamento, dell’aria, dell’acqua, ma anche quello acustico. Trovo anche molto grave la devastazione del territorio attraverso l’edilizia: in Italia l‘abusivismo ha danneggiato paesaggi stupendi. Da piccola sognavo di diventare archeologa e grazie a questa passione ho scoperto quanto gli edifici antichi fossero costruiti seguendo un equilibrio tra natura e architettura. Oggi, purtroppo, tutto questo si è perso.
D) Quale progetto vorrebbe vedere realizzato nella sua città?
R) Mi piacerebbe che il centro storico di Roma, così come avviene in tutte le grandi capitali europee, fosse chiuso al traffico. Trovo delirante che i Fori Imperiali, il Palatino, il Colosseo, il Teatro Marcello siano assediati dalle macchine: la nuova giunta comunale ha addirittura proposto di trasformare il Circo Massimo in campetti da beach volley!
Marco Bobbio