Valencia: tra fiestas, natura e toreri “animalisti”
Agosto 2012. All’aeroporto di Roma i banchi del check in per i voli in partenza per la Spagna sono presi d’assalto da centinaia e centinaia di vacanzieri dalla pelle già abbronzatissima e la scarpa abbinata alla valigia. Mi accorgo con soddisfazione che il gruppo di ragazzine in tenuta leopardata e borsette Fendi sono in fila per imbarcarsi su un altro volo, in partenza per Ibiza. Ma solo dopo essere salita sull’aereo sono assalita dal dubbio che Valencia sia effettivamente una buona scelta per le vacanze d’agosto. Il momento peggiore è quando, dopo un ritardo di oltre un’ora (rigorosamente senza aria condizionata – forse per un impulso “ambientalista” del pilota?) lo steward distribuisce una bottiglia d’acqua – una sola bottiglia d’acqua per tutto l’aereo. Si rischia la rissa e il linciaggio.
All’atterraggio a Valencia, la maggioranza dei miei compagni d’aereo prende altre strade, o meglio autobus che li portano in centri di villeggiatura e paesini della costa. per un turismo folle da disco 24h/24: sulla comodissima metro che collega l’aereoporto alla città, invece, pochissimi italiani, più sobri, più rilassati. Uno sguardo complice è d’obbligo, in nome della ritrovata armonia. Perchè Valencia è esattamente questo, una città che trasmette serenità: mezzi pubblici che funzionano, piste ciclabili ovunque, spiagge libere curate con servizi di docce gratuite, un efficiente servizio di bike sharing, il Valenbici, con cui si può andare ovunque in città. L’antico fiume, il Rio, è stato trasformato in una lingua di parco pubblico che attraversa tutta la città, come una striscia di polmone verde, dove è stata edificata la meravigliosa Città della Scienza dell’architetto valenciano Santiago Calatrava.
L’edilizia è in realtà croce e delizia di Valencia: la speculazione edilizia ha portato una effimera ricchezza che si è conclusa con l’implosione della bolla delle costruzioni. Adesso i prezzi delle case sono crollati, mentre la disoccupazione giovanile è arrivata addirittura al 50%. Nonostante questo, nel piano regolatore ancora sono previsti abbattimenti di interi quartieri e nuove riedificazioni: è il caso del Cabanyal, il quartiere compreso tra il porto e la spiaggia, storicamente abitato da marinai e, più recentemente, da gitani. Sono casette basse, di massimo due-tre piani, colorate con tinte pastello e decorate esternamente con stucchi e ghirigori. Tra i vicoli siedono le donne gitane circondate dai bambini, sembra di stare nel sud Italia di cinquant’anni fa; ovunque i cartelli che chiedono “Rehabilitacion sin destruccion”, riabilitazione senza distruzione.
Ci avevano avvertiti che Valencia e dintorni in agosto sono abbastanza vuoti e “tranquilli”… Figuriamoci come sono negli altri mesi! In pochi giorni ci sono stati il Rototom, Festival del Reggae, la Tomatina (la festa di Bunyol in cui si tirano i pomodori), la festa del vino, e anche alcune feste dei paesini intorno a Valencia, in cui si rievoca la guerra tra mori e cristiani. Volevo andare alla riserva di Albufera, che mi dicono essere molto bella, ma alla fine scelgo una gita naturalistica diversa, tra le colline, fino a un ruscello in cui è possibile nuotare e camminare seguendo la corrente. Sembra la Thailandia.
Immancabile la visita alla Plaza de Toros e al Museo Taurino: nella vicina Catalogna le corride sono state vietate, ma non qua. In realtà la maggior parte dei paesi, anche i più piccoli, hanno la loro tradizione di festa con i tori, come ad esempio nella Fiesta di San Bartolomè a Nules, vicino Castellon, in cui vengono lasciati girare per la cittadina, innescando delle mini corride ad opera degli abitanti per poi essere uccisi e mangiati nella festa. Secondo Victor Manuel Blasquez, torero di professione e insegnante alla Escuela Taurina di Valencia, la scuola per diventare toreri, la soppressione delle corride a Barcellona non è, in realtà, una questione di difesa dei diritti degli animali, quanto piuttosto una scelta di natura politica: “gli animalisti contro le corride ci sono sempre stati, ma sono un gruppo di minoranza in Spagna, dove la gente è perlopiù favorevole alle corride, perchè è la nostra tradizione. Quello che ha portato all’abolizione delle corride in Catalogna è un movimento totalmente politico, legato alle richieste di indipendenza dal governo centrale spagnolo. La piazza di Catalogna è per noi e per tutti gli affezionati, che sono moltissimi, una grande perdita.”
In realtà sono state abolite solo le uccisioni pubbliche dei tori: in ogni festa, anche in quelle catalane, continua a esserci un toro, che comunque viene ucciso, ma non pubblicamente. Victor pensa che sia “solo una questione di vedere o non vedere: la vita di una vacca d’allevamento è decisamente peggiore e non ha niente a che vedere con la vita di un toro. I maggiori difensori degli animali – inclusi i tori – e dell’ambiente sono proprio quelli che accudiscono i tori e anche i toreri, che hanno rispetto per il toro e lo trattano benissimo per quattro anni, quando muore in una piazza; diversamente dagli animali e dai tori allevati solo per la carne, che vengono tenuti in gabbie e uccisi dopo pochi mesi in un mattatoio. Tutto deve essere perfetto per il toro bravo (il toro da corrida), il miglior pasto, il miglior trattamento, persino il campo è tenuto bene, affinchè il toro stia bene. E sia rispettato.” Una dichiarazione d’amore sui generis, per la natura e per gli animali, che ricorderò a lungo, come souvenir della memoria valenciana.
Veronica Caciagli