Una telecamera per l’ambiente. Ignazio Figus regista di pastori e contadini
Nato in Sardegna, nella catalana Alghero nel 1960, ma nuorese e barbaricino d’adozione, Ignazio Figus è un regista di documentari antropologici e responsabile del settore produzione audiovisiva dell’Istituto Superiore Regionale Etnografico della Sardegna. Le sue opere sono dedicate a piccole comunità, come in “Giorni di Lollove”, all’affascinante storia dei campanari sardi in “Toccos e Ripiccos”, all’agricoltura in “La lavorazione del lino a Busachi”, al lavoro in campagna in “Trittico pastorale” e “Giuseppe, Pastore di periferia” che racconta la resistenza di un allevatore di città. Ed infine “Ab Origine” dedicato all’alimentazione sostenibile. Una filmografia molto “green” e legata al millenario rapporto tra uomo e natura.
D) Ignazio nei tuoi documentari il soggetto principale (non potrebbe essere diversamente per un antropologo), è l’uomo, ma sempre a contatto con la natura. Cosa ti appassiona, in particolare, in questo rapporto?
R) L’ ambiente è una costante del mio lavoro e nasce per l’attenzione al pastoralismo. Ho dedicato una parte importante della mia carriera alla ricerca sull’essere pastori oggi individuando il pastore come colui che ancora vive il territorio. Un elemento armonico, una sorta di mediatore tra le sue esigenze di lavoro e quelle della natura che lo circonda. Nel documentario “Tritico Pastorale” documento cosa succede quando la modernità modifica l’equilibrio tra uomo e natura. Si tratta di un approccio alle tematiche ambientali con una figura simbolo come quella del pastore. Il paradosso è evidente nel film “Giuseppe, pastore di periferia” dove Nuoro, città e capitale del pastoralismo, contende a questo allevatore il diritto a continuare a lavorare. La periferia lo aggredisce e lo rigetta. Giuseppe era una persona pacata e di grande saggezza che affrontava la questione con filosofia, ma nella sua storia emerge il rapporto conflittuale tra città e campagna, dove la città ha perso e smarrito la sua memoria storica.
D) L’ambiente è anche il tema del tuo ultimo documentario “Ab Origine” dove però cambia la prospettiva. Una lettura sulle attuali tendenze alimentari…
R) In questo lavoro ho cercato di mettere in relazione chi vive in città con il mondo della campagna. I protagonisti del film sono una comunità che, ad un certo punto della propria vita, cambia abitudini, sia nell’alimentazione, decidendo cosa mangiare, che nella qualità delle loro relazioni. Mi viene il termine ecologia delle relazioni… Le persone non cambiano solo il loro modo di consumare, attraverso l’acquisto dei prodotti dei contadini, ma formano una vera e propria comunità con obiettivi, aspettative, legami. Tutti uniti da una forte esigenza di naturalità, vedono nel ritorno alla terra l’unico modo per affrancarsi da una vita non soddisfacente, uno strumento per liberarsi dai veleni. L’emancipazione dall’alienazione del vivere contemporaneo.
D) Il documentario è, di fatto, una vera e propria inchiesta sul movimento biologico in Sardegna, con un personaggio principale che ha animato questa comunità. Chi è e chi sono gli altri protagonisti del racconto?
R) Il film è incentrato sulla figura dell’agronomo poeta Maurizio Fadda, uno dei promotori dell’agricoltura biologica in Sardegna, che ha svolto un gran lavoro di animazione sul campo. Ma con lui c’è tutta una comunità. Ci sono in particolare i nuovi contadini, con un’istruzione alta, che perso il lavoro per la crisi hanno deciso di diventare agricoltori, ma con una forte consapevolezza. Dimostrando che è possibile ottenere del reddito, anche se non alto, e vivere dignitosamente dalla terra. Soggetti che confermano la reale possibilità di fare delle cose nell’ambiente e per l’ambiente. Si tratta di una sorta di utopia realizzata o in fase di realizzazione. E poi ci sono coloro che consumano il cibo a chilometro zero, a filiera corta e che si organizzano con i mercatini del biologico e i gruppi d’acquisto…
D) E’evidente che l’ambiente è un tema determinante nel tuo lavoro di regista, ma quali sono, secondo te, i maggiori pericoli ecologici per il nostro pianeta?
R) Ci sono i temi, purtroppo, classici come il riscaldamento globale, l‘inquinamento atmosferico e tanti altri che non trovano una soluzione per l’incapacità della politica di leggerli con la giusta razionalità. Una serie di problemi che ci porteranno, inevitabilmente, al disastro. Oltre queste urgenze planetarie ci sono le nostre pessime abitudini. Io credo che l’atteggiamento del singolo possa contribuire, e non poco, ad un maggiore equilibrio con la natura. In “Ab Origine” faccio parlare una piccola comunità che decide in modo compatto e dimostra che è possibile il cambiamento.
D) E tu? Dai seguito a questa attenzione ecologica anche nella tua vita quotidiana?
R) Io, mia moglie, i miei figli siamo diventati assidui frequentatori del mercatino del biologico realizzato da questa comunità. Ho sempre una grande attenzione, nei limiti di ciò che è possibile, per l’ambiente: vado a lavorare in bici, in una città non proprio comoda per le due ruote come Nuoro, evito di sprecare acqua. Attraverso la somma dei comportamenti individuali è possibile la rivoluzione ecologica…
D) Il cinema può aiutare a far diventare più “green” questo mondo?
R) Penso proprio di si, il cinema è un veicolo molto efficace, può avere una valenza positiva. Dopo le proiezioni di “Ab Origine” si sviluppano dei dibattiti, partecipa anche Maurizio che spiega il modello che in alcuni casi è stato adottato in altri contesti. A Nuoro la comunità cresce e oggi oltre il mercatino si è tornato a coltivare il grano…
Gian Basilio Nieddu