Un “menu à la carte” anche per l’autorizzazione alle importazioni di OGM?
OGM, croce e delizia di Bruxelles. Dopo il via libera alla nuova normativa – che ha impegnato l’Unione Europea per 4 anni e prevede la possibilità per gli Stati membri di limitare o bandire la coltivazione di Organismi Geneticamente Modificati sul proprio territorio - è ora il turno di un’analoga regola dedicata al sistema di autorizzazione alle importazioni. La Commissione UE dovrebbe, infatti, presentare la revisione dell’attuale normativa intorno al 22 aprile. Modifica concepita sulla falsariga di quella adottata per la coltivazione, che lascia ai 28 l’ultima parola dando loro il diritto di vietarli sul territorio nazionale anche se autorizzati a livello UE.
Al momento sono 17 gli OGM destinati all’alimentazione e ai mangimi che aspettano l’autorizzazione. Con le nuove regole – che devono comunque ricevere il via libera di Parlamento e Consiglio – è più che probabile che ottengano il semaforo verde alla commercializzazione da parte della Commissione. Tra questi c’è anche il controverso mais 1507 della Pioneer, bocciato nel 2014 dal Parlamento Europeo con la motivazione che era geneticamente manipolato per produrre una tossina letale per insetti come farfalle e falene.
Puntuali le critiche. Che riportano il dibattito nuovamente al punto di partenza attorno a un tema che ha diviso gli Stati membri per anni e ha causato all’Esecutivo europeo non poco imbarazzo. Visto che le esistenti procedure di autorizzazione, che richiedono una maggioranza qualificata in seno al Consiglio e non a maggioranza semplice, hanno già provocato scontri tra le istituzioni UE.
Per questo motivo Jean-Claude Juncker aveva promesso di affrontare la questione dall’inizio del suo programma politico. “Farò in modo che le regole di procedura che disciplinano le varie autorizzazioni per gli OGM siano riviste. Non voglio che la Commissione prenda una decisione contraria alla maggioranza degli Stati membri”. Aveva dichiarato nel mese di luglio 2014 in occasione dell’insediamento della sua nuova squadra.
Gli ambientalisti sono nuovamente sul piede di guerra. Justine Maillot di Greenpeace ha dichiarato: “Sulla procedura di autorizzazione per i prodotti OGM per consumo animale o umano, la Commissione opta per lo stessa clausola di esenzione che conferisce agli Stati membri l’ultima parola sulla coltivazione. Mentre ci aspettavamo una vera riforma procedurale”. E ha aggiunto che autorizzare le importazioni di OGM in un singolo mercato nazionale è come approvarle in tutti gli Stati membri. Le associazioni ambientaliste auspicavano invece una reale riforma procedurale che superasse la nazionalizzazione delle scelte in materia di transgenico. E sono scettici anche sulla non chiarezza del legame tra le esenzioni e le regole sulla libera circolazione dei beni nel mercato interno, ma sopratutto verso gli accordi commerciali internazionali. Alla luce anche dei negoziati in atto riguardanti il Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) con gli Stati Uniti, la patria degli OGM.
Greenpeace, insieme a Friends of the Earth Europe e Slow Food ha quindi inviato una lettera al presidente della Commissione UE, nella quale viene sottolineato come tentativi per spostare la responsabilità per questo tipo di coltivazioni dal livello comunitario a quello nazionale non renderebbero l’UE più democratica perché la Commissione sarebbe sempre in grado di autorizzare gli OGM contro la maggioranza del Consiglio, del Parlamento e del popolo europeo. “Junker, che ha promesso di riformare il sistema delle autorizzazioni – ha poi sottolineato il direttore di Greenpeace Europa Jorgo Riss – potrebbe invece finire per approvare più coltivazioni OGM sotto la bandiera del libero commercio, spazzando via le preoccupazioni dei cittadini europei e i rischi per l’ambiente”.
Le associazioni verdi non sono, però, l’unica voce ad esprimere rammarico per l’introduzione di un’altra clausola di esenzione. “La Commissione europea persiste nel suo errore di abbandonare il livello europeo di regolamentazione degli OGM, al fine di rinazionalizzare il processo decisionale”, ha detto José Bové, Eurodeputato francese dei Verdi.
Tuttavia, il già sentito ritornello “l’ultima parola agli Stati”, riesce a scontentare anche il settore agricolo. Che sottolinea i gravi impatti economici e sociali che la revisione potrebbe causare. Evidenziabili in significative perdite di posti di lavoro e minori investimenti nella catena agroalimentare con una grave distorsione della concorrenza tra i Paesi che autorizzano gli OGM e quelli che li vietano. Un rischio per il mercato interno che potrebbe arrivare a minare addirittura i requisiti di base dei trattati UE. Posizione sostenuta da Pekka Pesonen, Segretario generale dell’organizzazione europea degli agricoltori e delle cooperative agricole (Copa-Cogeca).
Beatrice Credi