“Un giorno devi andare”, l’Amazzonia di Giorgio Diritti
«L’Amazzonia è uno dei più preziosi patrimoni di natura rimasti al mondo. Il film “Un giorno devi andare” ha scelto questa terra per un viaggio doloroso, personale ma anche sociale e culturale, per arrivare in una dimensione profonda, scandita solo dalla natura. Quella natura che oggi è minacciata a livello globale da un modo di vivere drammaticamente insostenibile, e che dobbiamo con tutte le nostre forze proteggere e conservare». Sono le parole usate da Isabella Pratesi, direttore Conservazione Internazionale del WWF Italia, in occasione della premiazione del Kineo&WWF Award assegnato al film “Un giorno devi andare” del regista Giorgio Diritti. La protagonista del film è Augusta (Jasmine Trinca), una giovane donna italiana, che spinta da dolorose vicende familiari decide di mettere in discussione le certezze su cui aveva costruito la sua esistenza per intraprendere un viaggio che la porterà nel silenzio e nei suoni della natura amazzonica.
D) Diritti, com’è nata l’idea del film e cosa vi ha portato a scegliere l’Amazzonia?
R) Ero stato in Amazzonia già dieci anni prima per lavori di carattere documentale. In quell’occasione ero rimasto molto colpito e affascinato dalla dimensione e dall’immensità di quei luoghi ma anche dall’acqua e dal cielo dell’Amazzonia. Quelle cose sono rimaste dentro di me. E non solo. In occasione di quel viaggio sono venute a galla alcune di quelle tematiche che poi ho riproposto nel film. Mi riferisco, ad esempio, al senso dell’esistenza, alla riscoperta delle priorità delle cose e al valore del rapporto con gli altri. Tutto è nato così, da questo primo contatto che mi ha fortemente emozionato e interrogato.
D) Nella sinossi del film si legge che “la protagonista scopre anche in questa terra remota i tentativi di conquista del mondo occidentale”. Lei che è stato in Amazzonia ce li può descrivere?
R) I tentativi di conquista sono molteplici e fanno parte, secondo me, dei limiti dell’uomo occidentale che è andato in quei luoghi con la presunzione di insegnare a quelle culture qual era il giusto modo di vivere. Spesso dietro quella logica si è mascherato un vero e proprio “furto”. Dal punto di vista ambientale conosciamo il grande problema della deforestazione. Ma oltre a questo ci sono fortissimi interessi nel campo della farmaceutica. Questo settore ha saccheggiato i saperi delle popolazioni indigene e i segreti sulle proprietà di alcune erbe. Li ha poi brevettati e trasformati in medicinali creando un business grazie a ciò che era stato un patrimonio comune delle popolazioni indigene.
D) Viaggiando in Amazzonia si percepisce il rischio che sta correndo la natura del luogo? Gli abitanti percepiscono il pericolo?
R) In alcuni casi sì e in altri no. L’Amazzonia è molto vasta. Per fortuna ci sono zone ancora inesplorate. Basta però avvicinarsi alle città e ci si rende di qual è il disastro dal punto di vista culturale e ambientale. A Manaus nei periodi di secca, ad esempio, capita di trovare due o tre metri di plastica galleggiante in riva al fiume. Ciò accade perché in passato le popolazioni erano abituate a buttare in acqua gli scarti della loro vita quotidiana. In quel caso si trattava però di frazioni biodegradabili. La modernità ha invece portato le bottiglie di plastica che loro hanno continuato a buttare in acqua come se fossero le bucce di frutta o verdura. Solo adesso si sta sviluppando un po’ di attenzione verso questo problema e il governo sta cercando di sensibilizzare le popolazioni su questo tema.
D) Nel caso di “Un giorno devi andare” l’Amazzonia può essere considerata uno dei protagonisti della pellicola. Oltre a questo film, ambiente e natura sono presenti anche nei suoi precedenti lavori?
R) Sì, in ogni mio film c’è sempre un rapporto molto forte con ambiente e natura. La dimensione del paesaggio e il rapporto con la terra sono a mio avviso una delle chiavi di maggiore partecipazione alla vita. Nelle storie che racconto i paesaggi che fanno da sfondo alle vicende umane sono sempre protagonisti tanto quanto gli uomini. Credo che l’uomo sia una parte di tutto l’insieme e che nonostante la sua invadenza sia un essere biologico facente parte della terra. Ciò che racconto è quindi sempre una sinergia forte tra ciò che la terra dà all’uomo e ciò che l’uomo dà alla terra.
D) Secondo lei il cinema può aiutare a sensibilizzare gli spettatori sulle tematiche ambientali?
R) Può aiutare tantissimo. E’ un mezzo che racconta per emozioni. In questo modo credo che possa sensibilizzare ancora di più altre forme di comunicazione, come ad esempio quella giornalistica. Questo è dimostrato non solo dai lavori che ho prodotto ma anche da importanti documentari e film fatti negli ultimi anni (ad esempio dalla BBC) che permettono che ci sia una maggiore coscienza di ciò che ci circonda e di conseguenza un amore nei confronti dell’ambiente in cui viviamo.
Giuseppe Iasparra