Ulderico Pesce: “Vi racconto come si può morire di amianto anche nei luoghi di cultura”
Attore, autore, narratore e regista di opere teatrali. Ulderico Pesce, classe 1963, di origini lucane, affida l’espressione della sua creatività e dei suoi valori al palcoscenico. Oltre ad aver partecipato come attore ad alcuni film e fiction televisive, ha lavorato in diversi spettacoli teatrali ed è autore e regista di numerose pièce, molte delle quali dedicate a temi ambientali. Tra queste, Asso di monnezza, che racconta e denuncia i traffici illeciti di rifiuti in Italia, e Storie di scorie, che racconta del pericolo nucleare in Italia. Dirige il Centro Mediterraneo delle Arti e attualmente è impegnato nella lavorazione di un nuovo spettacolo, di cui racconta qualche anticipazione a Greenews.info.
D) Pesce, è vero che sta lavorando a uno spettacolo su temi ambientali? Ci sono questioni ambientali che le interessano e che vorrebbe portare in futuro sul palcoscenico?
R) Il tema ambientale che mi piacerebbe trattare prossimamente è il petrolio: come vengono scavati i pozzi, come e quanto greggio viene estratto. Oggi però sto lavorando a un progetto teatrale che si chiama “L’Italia dell’amianto”. Debutto l’anno prossimo a Roma. Sebbene ci siano dei riferimenti anche agli operai di Casale Monferrato e di Monfalcone, mi concentro di più sulla storia di tre individui in particolare. La Scala di Milano aveva un sipario tagliafuoco in amianto che ha provocato la morte del siparista Enzo Mantovani e di due vigili del fuoco. Racconto la sua storia attraverso la Traviata di Verdi, la cui protagonista Violetta fra l’altro muore di una malattia ai polmoni. Racconto come si può morire di amianto in uno dei luoghi di massima cultura del nostro Paese…
D) I suoi lavori spesso parlano di ambiente, perché pensa sia importante occuparsi di questo tema attraverso il teatro?
R) L’apporto che può dare qualsiasi strumento emozionale è fortissimo, perché gli italiani sono poco sensibili ai numeri. Se racconti loro le cause dell’inquinamento con numeri e percentuali si limitano a prenderne atto, mentre coinvolgerli emotivamente significa sollecitare un loro intervento attivo. Pertanto credo che tutti i mezzi di comunicazione emozionali – come il teatro, la musica, il cinema – possano convincere più dei numeri.
D) Storie di scorie è dedicato al tema del nucleare. Quali messaggi ha cercato di trasmettere raccontando la storia di Nicola, la cui vita si intreccia a più riprese con la questione del nucleare e delle scorie nucleari?
R) Il problema del nucleare in Italia non è finito con il referendum. Poiché abbiamo avuto 4 centrali atomiche attive per tanti anni che hanno prodotto tonnellate di scorie che rimangono radioattive per 150 mila anni nel nostro territorio, il caso non è affatto chiuso. Vanno messe in sicurezza e gestite le scorie che abbiamo a Rotondella in Basilicata, nella centrale atomica del Garigliano in Campania, a Caorso vicino Piacenza, nel deposito di Saluggia e di Trino Vercellese in Piemonte, a Casaccia a 25 km da Roma, per citare quelli maggiormente a rischio. Senza dimenticare una serie di piccoli depositi come Varese o Como, insieme a tutto il materiale militare radioattivo, per esempio a Pisa o in Sardegna. Buona parte di questo materiale è conservato in malo modo in prossimità di torrenti e fiumi…
D) Qual è la sua posizione in proposito?
R) Io valorizzerei tutte quelle energie pulite che oggi vanno per la maggiore in Germania, in Francia, in Scandinavia, evitando di affidare la gestione a quelle società che non operano in modo chiaro. Mi fido poco dell’Italia e degli italiani, credo però in quei pochi italiani lungimiranti. Sono convinto che il nostro sia un problema culturale, che esiste fin dall’Unità d’Italia.
D) “Asso di monnezza” si focalizza invece sul tema dei rifiuti, portando sul palcoscenico i due volti dell’Italia: quello virtuoso e quello del traffico illecito e dello smaltimento illegale dell’immondizia. In uno scenario molto negativo, lo spettacolo sembra comunque anche lasciare aperta qualche speranza. È così?
R) In Italia ci si sforza di trovare sempre nuovi modi per fare soldi, pertanto ogni motivo è buono per elargire ricchezza e benefici a pochi. Anche la questione dei rifiuti sarebbe un problema facilissimo da risolvere, ma non si vuole perché “la monnezza” porta potere e soldi. Per quanto mi riguarda il primo traguardo da raggiungere è inserire il reato ambientale nel codice penale italiano. Per questo sto raccogliendo firme per una petizione popolare sul mio sito, perché il primo problema è legislativo. Il reato ambientale non esiste in Italia, esiste la truffa. Se io trasporto sostanze tossiche come il cromo 6 e invece ho dichiarato che trasporto alimenti, per esempio, posso essere processato per truffa ma non per un’azione contro l’ambiente, quando invece è chiaro che io sto trasportando delle sostanze tossiche da smaltire illegalmente in un terreno. Da questo punto di vista Federico II nel 1231 con la Costituzione di Melfi è stato assolutamente all’avanguardia rispetto al nostro codice penale, perché aveva previsto la condanna a morte per chi inquina. La condanna a morte è eccessiva, ma trent’anni di reclusione, in linea con la maggior parte dei paesi europei, si dovrebbero prevedere.
D) Quanto è importante per lei l’ambiente nella quotidianità, quali sono i piccoli gesti che compie per rispettarlo?
R) L’ambiente per me viene prima della famiglia, perché non c’è famiglia senza ambiente, è ciò che rende bella la vita. Occuparmi di ambiente quotidianamente attraverso i miei spettacoli è un impegno grosso, a volte vado in tour anche gratis, perché so quanto è importante divulgare certe riflessioni. Sono convinto sia necessario tornare a formare un bambino sensibile ai fiori, agli animali, alle piante, al creato tutto. Per questo sogno una riforma totale del sistema scolastico, in cui gli alunni siano a contatto diretto con animali, piante, fiori, per trasmettere loro l’amore e il rispetto per la natura.
Daniela Falchero