UE: PAC, doppio pacco e contropaccotto. Politiche agricole e rifiuti mandano in crisi l’Italia (e il contribuente paga)
Il bilancio UE 2014-2020 continua a fare discutere. Il Parlamento Europeo riunito in seduta plenaria ha respinto la proposta della Commissione di tagliare quasi il 5% dei pagamenti diretti agli agricoltori per il 2013 (a carico del bilancio agricolo 2014).
Il rigore imposto dai Capi di Stato e di Governo per i prossimi sette anni lascia perplessi gli Eurodeputati, ben consci del fatto che i pagamenti diretti che l’UE versa agli agricoltori che producono a determinate condizioni, rappresentano, in media, una percentuale sensibile del loro reddito. Strasburgo ha così votato a grande maggioranza il rinvio della decisione ”fino a quando non saranno finalizzati con successo i negoziati europei sul bilancio. In caso di fallimento delle trattative “i tagli non saranno necessari” si legge nella nota ufficiale.
La risoluzione, contiene, inoltre, ulteriori indicazioni. In primo luogo, eventuali riduzioni non dovranno essere applicate agli agricoltori che ricevono dall’UE contributi diretti inferiori a 5.000 euro l’anno. Poi, in attesa dell’accordo finale sul bilancio e nel tentativo di un compromesso, l’Assemblea propone di prendere come riferimento per il calcolo dei contributi ai produttori il quadro finanziario proposto dalla Commissione europea nel 2012. In quel caso i tagli ai pagamenti dovrebbero essere limitati allo 0,74% contro il 4,9% attuale. Tuttavia, solo dopo aver raggiunto l’accordo sui fondi 2014-2020, la Commissione potrebbe presentare proposta di adeguamento del calcolo, segno di quanto le sorti dell’agricoltura europea siano indissolubilmente legate alle recenti e di difficile soluzione vicende finanziarie del Vecchio Continente.
Si parlerà sicuramente anche di budget comunitario nella riunione di oggi, che lancerà ufficialmente il round finale delle trattative per raggiungere un accordo politico sulla riforma della PAC. Il Parlamento Europeo ha, infatti, sciolto la sua riserva decidendo di partecipare con il suo team negoziale al Consiglio dei Ministri dell’Agricoltura dell’UE. Il fine è quello di incontrare i Ministri per indicare le posizioni del Parlamento sulla riforma. Tuttavia, come ha precisato il presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo, Paolo De Castro, anche se si dovesse raggiungere un’intesa, non sarà in quella sede che si chiuderà la partita, in quanto si dovrà avere il supporto della Commissione Agricoltura stessa, già convocata per il 26 giugno. Intanto continuano gli incontri istituzionali che anticipano la chiusura delle trattative. Proprio negli ultimi giorni De Castro ha incontrato il presidente del Consiglio agricolo UE Simon Coveney, il Commissario all’Agricoltura Dacian Ciolos e il Ministro dell’Agricoltura francese Stephane Le Foll.
Ma in vista del Consiglio Agricoltura e Pesca, che si terrà a Bruxelles il 24 e 25 giugno, si sono mobilitate anche le associazioni ambientaliste. Queste sono, infatti, le ultime occasioni per fare sentire la propria voce in vista dell’approvazione della proposta finale di riforma della PAC. Il mondo del terzo settore pone l’accento su alcune questioni strategiche. Prioritario riflettere sugli OGM, visto che con la riforma si sceglie anche il modello di agricoltura che l’Europa vuole perseguire fino al 2020. La scelta è tra un sistema basato su produzioni intensive che richiedono alti input chimici ed energetici, oppure un modello sostenibile, incentrato sull’agricoltura biologica e biodinamica e sulle produzioni locali sostenendo maggiormente i sistemi agricoli di alto valore naturale.
Segue poi il discorso sul greening. Le associazioni auspicano che sia efficace e respingono il concetto poco chiaro di “equivalenza” alle pratiche del greening. Vogliono, poi, che la Direttiva Pesticidi sia inserita nella condizionalità così come la Direttiva Quadro sulle Acque. Per quanto riguarda i pascoli, la loro protezione è prioritaria, vista l’importanza per la biodiversità, le zone umide e i suoli ricchi di carbonio. Venendo, infine, a questioni prettamente economiche, la nuova PAC dovrebbe contenere una maggiore dotazione finanziaria per lo sviluppo rurale, considerato vero strumento strategico per le imprese agricole e per il territorio, reintrodurre l’obbligo di spesa minima per le misure agro-climatico-ambientali del 25% delle risorse assegnate allo Sviluppo Rurale e mantenere il 100% di cofinanziamento europeo per i fondi trasferiti dal primo pilastro allo sviluppo rurale.
PAC, “pacchi” e rifiuti. Dalla Commissione Europea arrivano infatti cattive notizie per l’Italia. L’Esecutivo di Bruxelles ha deciso di avviare un ricorso dinanzi alla Corte di giustizia dell’UE contro il nostro Paese per il suo prolungato inadempimento in materia di gestione dei rifiuti in Campania.
La Corte si era già espressa nel marzo 2010, quando aveva manifestato particolare preoccupazione riguardo all’assenza di una rete di dispositivi di smaltimento integrati e adeguati, che costituiscono un obbligo ai sensi della Direttiva Quadro sui Rifiuti, lo strumento che obbliga gli Stati membri a eliminare i rifiuti senza mettere in pericolo la salute umana e l’ambiente. Da quel momento l’Italia è stata costantemente monitorata nell’intento di assicurare che venissero prese le misure necessarie in modo tale da adempiere gli obblighi della sentenza. Alcuni progressi sono stati senza dubbio compiuti: è stato adottato un nuovo piano di gestione dei rifiuti per la Campania nel gennaio 2012 e a giugno ha visto la luce un programma di misure fino al 2016, data in cui dovrebbero diventare operativi nuovi impianti di trattamento. Inoltre, le autorità locali hanno dirottato grandi quantità di rifiuti verso impianti in altre regioni, soluzione questa di natura meramente temporanea dato che il trasporto dei rifiuti fuori dalla regione non risolve quello che ormai è un problema strutturale di questo territorio.
Tuttavia, nonostante gli sforzi, i ritardi nella costruzione della maggior parte degli impianti previsti per il recupero dei rifiuti organici, degli inceneritori e delle discariche, sono tali che il rischio è che molte delle installazioni previste non siano pronte per la fine del 2016. Mentre sei milioni di tonnellate di rifiuti imballati e stoccati presso vari siti in Campania, sono in attesa di un inceneritore che deve ancora essere costruito. Senza contare il basso tasso di raccolta differenziata nella provincia di Napoli, che pur essendo la città della Campania che produce più rifiuti, ha una percentuale solo di circa il 20%.
La Commissione ha, quindi, proposto che venga comminata una sanzione nella forma di una penalità giornaliera di 256.819 Euro per ogni giorno di ritardo successivo alla seconda sentenza della Corte sino a che l’Italia non vi si conformi e di una somma forfettaria stimata in 28.090 Euro per ogni giorno trascorso tra le due sentenze della Corte.
Beatrice Credi