UE in ordine sparso verso il summit ONU sul clima: il “Gruppo per la crescita verde”
Se c’è un anno che abbiamo imparato a tenere a mente quando si tratta di politiche europee è il 2020. Il numero magico, traguardo e baluardo che decreterà il successo o meno della maggioranza degli interventi messi in campo dall’UE. E l’ambiente non fa eccezione. Sono tre, come noto, le principali sfide: tagliare le emissioni del 20%, aumentare l’uso delle rinnovabili al 20% sul totale e migliorare l’efficienza per ridurre l’uso di energia del 20%.
Tuttavia, un gruppo di 13 Stati membri, che oltre all’Italia include Gran Bretagna, Germania, Francia, Spagna, Olanda, Belgio, Portogallo, Svezia, Danimarca, Finlandia, Slovenia ed Estonia, guarda ancora più avanti, precisamente al 2030. Lo fa mettendo nero su bianco e di comune accordo, un ambizioso pacchetto di politiche per energia e clima da sviluppare entro quella data. Alla luce anche delle prime indicazioni emerse dal V Rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), che disegna scenari allarmanti legati all’impatto del riscaldamento globale.
La coalizione di Paesi si firma sotto il nome di “Gruppo per la crescita verde” e ha un redatto un Manifesto di 40 pagine contenente diversi traguardi da raggiungere. Il primo riguarda la riforma del mercato europeo delle emissioni (Ets). Il prezzo per tonnellata di carbonio è ormai sotto i cinque euro, troppo poco per assicurare uno sviluppo sostenibile, crescita ed occupazione. Il rischio è quello di perdere terreno di fronte alla rincorsa di Cina e Usa. I Ministri dell’Ambiente puntano, poi, ad assicurare che l’UE riduca fortemente le emissioni di CO2 e che l’azione green non si scontri con l’impegno di limitare i prezzi energetici. Per questo si deve procedere al completamento del mercato interno dell’energia. Cruciale, infine, dare fiducia e stabilità ai potenziali investitori. Le imprese devono essere invogliate a continuare a investire in un’Europa a basso tenore di carbonio.
Tutto per arrivare a sedere al tavolo dei negoziati ONU al prossimo summit sul clima – che si terrà a Varsavia dall’11 al 13 novembre – con le idee chiare. Ed è qui che cominciano i problemi. I Tredici saranno anche d’accordo sui risultati, ma sono decisamente divisi sul modo in cui raggiungerli. Da un lato, la Gran Bretagna preme per un obiettivo unico del 50% di riduzione di CO2 rispetto al 1990, Di questa percentuale, il 10% potrebbe venire dal taglio delle emissioni internazionali di carbonio, il resto dal taglio delle emissioni interne UE. Dall’altro la Danimarca vuole target specifici anche per le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica. A ciò si aggiunge il Portogallo che preme per inserire anche standard sulle infrastrutture energetiche.
L’incontro di Varsavia, tuttavia, è davvero cruciale. Porrà, infatti, le basi dell’accordo globale del 2015. Secondo la tabella di marcia, dopo questo appuntamento saranno il Perù nel 2014 e poi la Francia nel 2015 a detenere la presidenza di turno della Conferenza ONU sul clima (COP). Il Ministro dell’Ambiente polacco Marcin Korolec ha perciò sottolineato la necessità che a novembre si pongano solide basi per un accordo che dovrà essere applicato da tutti Paesi a livello globale e non solo dall’Unione Europea e pochi altri come avvenuto con il Protocollo di Kyoto. Korolec ha, inoltre, annunciato che è fondamentale mantenere l’equilibrio fra lotta ai cambiamenti climatici e sviluppo, per questo il prossimo meeting vedrà il coinvolgimento del mondo imprenditoriale.
Proprio la Polonia è a capo del blocco UE che frena la definizione di ulteriori target su clima ed energia per il 2030, senza aver visto prima un’intesa mondiale nel 2015, una visione del problema del tutto diversa da quella, già frammentata, del “Gruppo per la crescita verde”.
Il caos determinato dalle posizioni contraddittorie di alcuni Paesi membri potrebbe essere domato dalla Commissione Europea, la quale sta mettendo a punto la propria proposta per i target su energia e clima per il 2030. L’Esecutivo di Bruxelles sta valutando l’impatto di un obiettivo di riduzione della CO2 del 35%, 40% e 45%. La proposta è attesa all’inizio del 2014, in modo da poter essere discussa al vertice UE di marzo, prima del summit ONU di settembre e per spianare la strada verso l’accordo globale del 2015.
Anche il Parlamento Europeo, ha approvato una Risoluzione “sulla Conferenza di Varsavia sul cambiamento climatico (COP 19)” in cui sono elencati i punti chiave della strategia UE contro il climate change: Piattaforma di Durban, Protocollo di Kyoto, mitigazione, finanziamenti per il clima, energia pulita, aviazione internazionale e trasporti marittimi, industria e competitività, ricerca e innovazione, politica energetica.
La riduzione delle emissioni, inoltre, è un tema che si intreccia indissolubilmente alle questioni che tengono svegli i leader europei da qualche anno a questa parte: occupazione, crescita, guadagni. La costruzione di infrastrutture energetiche a basso tenore di carbonio, la maggiore sicurezza energetica che deriverebbe dalla riduzione della dipendenza dai costi di combustibili fossili attualmente importati da regioni caratterizzate da forte instabilità, significherebbe compiere un passo verso un’autosufficienza davvero redditizia.
A livello globale, il volume di affari legato all’energia verde si aggira intorno 4 mila miliardi di Euro all’anno, con stime di crescita annua pari al 4% per i prossimi cinque anni; a queste attività sono legati quasi 8 milioni di posti di lavoro in tutta Europa. La quota di mercato dei Paesi UE ammonta al 22% a livello globale, contro il 19% degli Stati Uniti, il 13% della Cina e il 6% dell’India e del Giappone, per un valore complessivo per l’UE di oltre 900 miliardi di euro l’anno. Ma i concorrenti dell’UE, primi tra tutti Cina e Stati Uniti, stanno aggredendo sempre più il mercato dei beni e servizi a basso tenore di carbonio, erodendo la posizione dominante dell’UE nel settore delle tecnologie pulite.
Evidenze che non sono passate inosservate nemmeno durante l’ultimo Ecofin, il Consiglio Economia e Finanza che riunisce i Ministri degli Stati membri. Durante questa riunione, l’Ecofin ha dedicato un’inconsueta attenzione alla prevenzione del cambiamento climatico. Sono state, infatti, adottate le proposizioni dell’UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change) e si è ribadito l’impegno dell’Unione Europea sul fronte ambientale, anche in vista del summit di Varsavia. Ma il punto centrale della riunione riguarda un cospicuo investimento a lungo termine. I Ministri hanno, infatti, deciso di partecipare a parte del finanziamento della quota di 100 miliardi di dollari che andranno impiegati entro il 2020 in azioni concrete che prevengano il climate change. Questi progetti riguarderanno sia il settore pubblico, sia i privati e avranno un respiro internazionale, soprattutto poiché parte dei fondi verrà utilizzata per aiutare i Paesi in via di sviluppo ad intraprendere la strada della crescita sostenibile evitando strategie dannose per l’ambiente.
Beatrice Credi
Segui su Greenews.info il live blog dalla COP19 di Varsavia, dall’11 al 22 novembre 2013, in collaborazione con i giornalisti del progetto Climate News Mosaic.