Tre euro al chilo. Eurostat calcola la produttività delle risorse naturali italiane
Nell’Unione Europea l’Italia è ai primi posti per quanto riguarda la produttività delle risorse naturali e per il miglioramento dell’efficacia del loro utilizzo. Due fenomeni che dovrebbero rendere la crescita economica del nostro Paese sempre più “sostenibile”. A dirlo è un recente rapporto Eurostat della Commissione Europea, che fa il confronto tra l’anno 2000 e il 2015 e in cui si calcola la produttività delle risorse come il rapporto tra il PIL e il consumo nazionale delle materie prime. Il nostro Paese risulta terzo sui 28 con la più alta produttività quantificata in 3,04 euro per kg di risorse naturali, preceduta solo da Olanda e Gran Bretagna, prime con entrambe 3,44 euro/kg, e Lussemburgo, secondo con 3,39. Negli ultimi posti, invece, con una produttività inferiore all’euro, Bulgaria (0,28), Romania (0,31) Estonia e Lettonia (0,50), Polonia (0,64), Lituania (0,80) e Ungheria (0,88).
L’Italia si posiziona terza anche per il maggior aumento della produttività delle risorse naturali negli ultimi quindici anni, pari a un balzo del +85,4%. Un miglioramento ancora più significativo è stato registrato solo da Spagna e Cipro, primi entrambi con +120,3%, e Irlanda, seconda con +98,2%. In alcuni Paesi è stato invece registrato un peggioramento nella produttività: Romania (-35,8%), Estonia (-19,1%) e Malta (-7,6%).
Il centro di statistica europeo spiega la performance italiana con la diminuzione del consumo nazionale delle materie prime, dalla biomassa al petrolio sino ai minerali non metallici, calcolata come l’estrazione nazionale di materie prime più le importazioni meno le esportazioni.
Possiamo dunque tirare un sospiro di sollievo credendo che la nostra economia stia finalmente iniziando a rispettare i limiti imposti dal pianeta che tutti abitiamo? Non proprio, per una serie di ragioni, micro e macro.
La prima. L’Italia, nonostante i discreti risultati raggiunti negli ultimi anni, non ha nessuna strategia nazionale in merito all’utilizzo efficiente delle risorse.
La seconda. Il calcolo effettuato da Bruxelles viene fatto attraverso il DMC, Domestic Material Consumption. Secondo questo criterio, nel corso dell’ultimo anno la produttività delle risorse nell’UE è arrivata ad una media di 2,00€/kg, il 35,4% in più rispetto al 2000. Questo significa che, mentre il PIL è aumentato, la quantità di materiali incorporati nei beni che produciamo, utilizziamo e consumiamo è diminuita. Tuttavia, la produttività delle risorse è influenzata da moltissimi fattori. Inoltre, il DMC non dice tutto. Altri indicatori come l’RMI (Raw Material Input - le materie prime importate) o l’RMC (Raw Material Consumption – volume totale delle materie prime utilizzate, includendo quelle importate) esprimono assai meglio la complessità delle risorse naturali ‘fagocitate’ dall’economia. Perché guardano a tutte le materie prime coinvolte nei processi produttivi.
Ampliando lo spettro le cifre si gonfiano circa di un terzo (del 28% circa nel 2013), il che significa milioni di tonnellate in più. L’import di materie prime (energia inclusa) incide, per esempio, sui conti europei per l’astronomico importo di 528 miliardi di euro (dati del 2010), equivalente a circa il 30% dell’import totale europeo. Lo stesso possiamo dire per le emissioni di gas serra legate alle attività umane. Il RMC rientra tra gli indicatori “desiderati” all’interno della strategia UE “Per un utilizzo efficiente delle risorse”, ma sono necessari ulteriori sviluppi per armonizzare i relativi risultati.
C’è poi una terza ragione per non dormire tranquilli. Dati alla mano, i consumi della popolazione dell’intero pianeta sembrano inarrestabili. Le risorse naturali diminuiscono nel mondo, più velocemente di quanto la natura riesca a ricrearne. L’estrazione globale delle risorse è aumentata del 65% solo tra il 1980 e il 2007, e se oggi nei paesi OCSE è pressoché stabile, continua a crescere nelle economie emergenti. A tal punto che l’’Agenzia Europea per l’Ambiente ha stimato un nuovo raddoppio al 2030.