Tra cedri antichi e frutti esotici, tutto biologico. La storia di Carlo Limone, da Torino alla Sicilia
Carlo Limone, 46 anni, nato a Torino, da 13 anni ha residenza a Giarre in provincia di Catania e gestisce un’azienda agricola biologica di sei ettari, la San Matteo, che fa le marmellate più buone del mondo. Come ci è arrivato? Approdo sentimentale, un viaggio-vacanza: “Sono venuto qui anni fa per conoscere la terra dei miei nonni materni. All’inizio doveva essere un luogo di villeggiatura, è diventato ben altro… Ho dovuto ristrutturare e reimpiantare perché la casa era diroccata e la vigna abbandonata da anni. E’ diventata la mia casa e la mia nuova vita“.
Il cammino da agricoltore non è però semplice, sono tanti i sacrifici da affrontare e superare nella vecchia azienda dei nonni. “Era un un luogo abbandonato, nessuno in famiglia lo conosceva: i nonni erano siciliani, ma mia madre era già nata e cresciuta a Torino. Non è stato facile senza parenti sul posto fare da solo. Io però credevo nell’agricoltura e sono andato avanti”. Carlo punta sull’innovazione: “Mi sono messo a coltivare i frutti di bosco, il kiwi che era agli albori, poi l’avocado, il frutto della passione - racconta - Ho scelto delle varietà che non erano tanto comuni e il tempo mi ha dato ragione. L’avocado, per esempio, cresce molto bene sul terreno vulcanico“.
Ma remare e zappare in direzione ostinata e contraria non è facile. Non basta saper coltivare bene, non basta raccogliere frutti belli e saporiti. per venderli così come sono. “Non riuscivo a barcamenarmi”, ammette Carlo, naufrago del Nord nell’economia di sussistenza del Sud, un’agricoltura che non remunera adeguatamente il lavoro.
Limone non si arrende e pensa ad un’alternativa: “per non vedere i miei frutti ammuffire sugli alberi ho deciso di trasformarli“. Buona idea, ma banale, serviva distinguersi, trovare quella che i pubblicitari chiamano la reason why, ovvero porsi la domanda: perché dovrebbero compare il mio prodotto? “Non ero certo il primo al mondo a fare confetture, perché dunque la mia e non un’altra, mi sono chiesto. Ho cercato una mia ricetta personale. Ho iniziato con arancia e caffè, un tributo a Torino, al mitico Bicerin... Poi lampone e lavanda, mandarino e tarassaco, fragola e violetta, cedro e menta. Gusti differenti, diversi da quello che trovi in ogni supermercato. E ho puntato a far sentire entrambi i gusti: prima l’arancia e poi il caffè, staccati. Prima il lampone e poi la lavanda…”. Bingo!
La scelta nel tempo ha pagato: “Si tratta di prodotti di nicchia, inevitabilmente di costo maggiore, che vanno posizionati in determinati contesti, per questo ho iniziato a frequentare molte fiere”, come il Salone del Gusto di Torino, dove Carlo tornerà anche nei prossimi giorni, insieme alla partecipazione al fuori salone di Greeneria, un progetto al quale ha aderito.
Innovazione e tradizione, la ricetta vincente che torna spesso nelle storie dei nostri “Campioni d’Italia“. Oltre al prodotto esotico Carlo punta infatti sul cedro, una varietà molto antica. Poi la Panuzzara, noce particolare, molto grossa, da mangiare fresca, tipica della zona di Catania. E soprattutto l’azienda agricola San Matteo diventa pioniera del biologico: “Ho iniziato nel 1996/98 e sono stato tra i primi a crederci in Sicilia. Ho provato, sperimentato e posso confermare che, volendo, si riesce a fare a meno di tanti trattamenti. In questo modo non inquiniamo e rispettiamo la nostra buona terra“.
L’ultimo tassello per rilanciare l’azienda agricola dei nonni è l’ospitalità: “In queste strutture dove un tempo pernottavano i raccoglitori ho ricavato 3 camere e un appartamentino. A 15 minuti da Taormina e da Catania”. E infine l‘impegno sociale: “Abbiamo creato un consorzio dove ci occupiamo dell’integrazione degli immigrati con l’obiettivo di rivalutare al meglio il nostro territorio. E questo discorso si lega idealmente con il biologico perché il mondo non è solo tuo ma anche degli altri“.
Carlo, ci crede, ma è anche consapevole delle contraddizioni del suo settore: “Ormai il bio è diventato un business e sta diventando sempre più e solo un business, non è più quello delle origini”. E’ l’immigrazione? “Non puoi tenere gli schiavi e poi fare biologico… Nel mondo dell’agricoltura, il caporalato c’è, ma nessuno fa niente. E’ un problema enorme anche in termini di concorrenza, perché una azienda in regola ha dei costi molto superiori…”. “Oltre al caporalato ci sono poi anche i furti in azienda e le assicurazioni che non pagano. Nei giorni scorsi mi hanno rubato una quantità enorme di avocado non maturo. Hanno fatto solo un danno. Il fenomeno è aumentato negli ultimi anni, non ne parla nessuno e la legge, di fatto, non punisce gli autori di questi furti”.
La campagna, ci insegna Carlo, non è solo poesia bucolica, ma le soddisfazioni di seguire la propria strada sono impagabili.
Gian Basilio Nieddu