Se lo fanno le foglie, possiamo farlo anche noi?
In occasione della sua partecipazione al Festival della Scienza di Genova, dove domani terrà la lectio magistralis Possiamo costruire foglie artificiali per la produzione di combustibile solare?, pubblichiamo in esclusiva un intervento di James Barber, Ernst Chain Professor Biochemistry presso l’Imperial College di Londra e presidente della International Society of Photosynthesis Research.
Gli organismi fotosintetici sono in grado di catturare efficacemente la luce del sole, per poi convertirla in molecole organiche. Queste molecole sono i mattoni costituenti di ogni organismo vivente: senza la fotosintesi, la vita sul nostro pianeta non si sarebbe evoluta nel modo che conosciamo.
Si stima che, attualmente, la fotosintesi produca ogni anno più di 100 miliardi di tonnellate di biomasse, il che equivale a cento volte il peso di tutti gli abitanti della Terra; questo processo, inoltre, ha un tasso medio di stoccaggio di energia pari a circa 100 TW (TeraWatt, mille miliardi di Watt). Il petrolio, il gas e il carbone derivano da milioni di anni di attività fotosintetica: questi combustibili fossili forniscono la maggior parte dell’energia necessaria per alimentare gli strumenti tecnologici, scaldare le nostre case e creare tutti i vari materiali e prodotti chimici che incontriamo nella nostra vita quotidiana. Sappiamo che prima o poi le riserve di combustibili fossili si esauriranno: cosa succederà allora? E anche prima di questo momento, a causa di un uso sempre maggiore di petrolio, gas e carbone, ci troviamo a doverci confrontare con il problema dei livelli di anidride carbonica e degli altri gas a effetto serra, la cui continua crescita nell’atmosfera ha implicazioni notevoli per i cambiamenti climatici globali.
Il successo della fotosintesi come sistema per generare e immagazzinare energia nasce dal fatto che le materie prime necessarie per la sintesi delle biomasse sono disponibili in quantità praticamente illimitate: si tratta della luce del sole, dell’acqua e dell’anidride carbonica. Al cuore del processo di fotosintesi è la separazione dell’acqua in ossigeno e “idrogeno”; l’ossigeno è rilasciato nell’atmosfera, dove diventa disponibile per la nostra respirazione e per bruciare i combustibili che fanno funzionare i nostri apparecchi tecnologici. L’”idrogeno” normalmente non è rilasciato nell’atmosfera ma si combina con l’anidride carbonica a dare zuccheri e altre molecole organiche di vario tipo. Quando bruciamo combustibili (gas, carbone, petrolio, biomasse e biocarburanti) per rilasciare energia, quel che succede è che stiamo combinando l’”idrogeno” immagazzinato in queste molecole organiche con l’ossigeno atmosferico, completando un ciclo che iniziò milioni di anni fa proprio grazie alla luce solare. Allo stesso modo l’energia è rilasciata dalle molecole organiche che costituiscono il nostro cibo nel momento in cui sono metabolizzate dal corpo mediante la respirazione. Nel mondo biologico, pertanto, la fotosintesi porta alla divisione dell’acqua in ossigeno e “idrogeno”, mentre la respirazione agisce al contrario, combinando ossigeno e idrogeno in un modo molto efficiente e molto preciso che porta alla creazione di energia metabolica. Dal punto di vista energetico, di conseguenza, la sintesi delle molecole organiche rappresenta una tecnica di immagazzinamento di idrogeno – e quindi di luce solare sotto forma di legami chimici.
I drammatici problemi relativi all’energia, all’anidride carbonica e ai cambiamenti climatici, che ci troveremo a dover affrontare nei prossimi decenni, dovrebbero tenere conto del contribuito che potrebbe arrivare da combustibili che derivano direttamente dalla fotosintesi e dallo sviluppo di nuove tecnologie basate sui principi della fotosintesi – principi che come è stato spiegato fanno sì che si tratti di un processo molto efficiente. Seguendo questo principio sfrutteremo le grandi quantità di energia solare disponibile per dividere l’acqua e produrre ossigeno molecolare (O2) e altri residui richiesti per la produzione di carburanti come il gas idrogeno, gli alcoli e gli idrocarburi.
Al giorno d’oggi il tasso annuo di consumo globale di energia sta raggiungendo i 14 TeraWatt, il 25% dei quali utilizzati dagli Stati Uniti e dall’Europa. Nel prossimo futuro questo valore crescerà a causa dell’industrializzazione nelle nazioni sottosviluppate e in via di sviluppo e della crescita della popolazione mondiale. Si prevede che nel 2030 il tasso di consumo globale annuo di energia raggiungerà i 20 TW, raddoppiando nel 2050 e triplicando prima della fine del secolo. L’85% dell’energia consumata oggi, all’incirca, proviene da combustibili fossili – e la percentuale è pari al 90% nel caso dei paesi industrializzati. Petrolio, gas e carbone soddisfano questa richiesta approssimativamente in uguale proporzione. Le altre fonti energetiche sono quella idroelettrica, nucleare, le biomasse e le fonti rinnovabili come l’energia solare, del vento, delle maree e delle onde. Oggigiorno l’uso delle biomasse è quello più rilevante ed è localizzato soprattutto in regioni sottosviluppate come l’Africa e l’India, dove il carburante deriva dal legno e altre materie organiche; in realtà non si tratta di fonti rinnovabili al 100%, dato che non c’è alcuna pianificazione e la tendenza è quella di muoversi in direzione dei combustibili fossili.
Il basso livello a cui le sorgenti non fossili contribuiscono alla richiesta energetica riflette il fatto che oggi abbiamo a disposizione ampie risorse di petrolio, gas e carbone; e anche quando le riserve di petrolio diminuiranno, ci saranno ancora da sfruttare grosse quantità di gas e, soprattutto, di carbone. Nella piazza globale, pertanto, il problema dell’immediato futuro non è una limitazione nelle riserve di combustibili fossili, quanto piuttosto le conseguenze della loro combustione. Se dovessimo bruciare tutte le riserve, infatti, il livello di anidride carbonica nell’aria e negli oceani raggiungerebbe valori equivalenti a quelli che esistevano sul nostro pianeta molto prima che l’umanità si evolvesse. Nonostante questa minaccia, è sicuro che i combustibili fossili continueranno a essere la fonte energetica principale almeno per i prossimi anni; è di vitale importanza, tuttavia, che essi siano utilizzati in modo da minimizzare la quantità di anidride carbonica rilasciata nell’atmosfera. Bisogna sviluppare tecnologie in grado di intrappolare la CO2.
In parallelo, quasi sicuramente ci sarà un miglioramento nell’efficienza dell’utilizzo dell’energia e un’integrazione, quando possibile, da parte dei combustibili non fossili. Dobbiamo anche impegnarci per sviluppare nuove tecnologie, basate su principi che ancora devono essere rivelati dalla ricerca di base, e in particolare quelli che si focalizzano sull’enorme quantità di energia di cui disponiamo sotto forma di radiazione solare.
Il sole fornisce energia al nostro pianeta, ogni anno, con un tasso di 100.000 TW: l’energia proveniente da un’ora di luce solare è dunque equivalente a tutta l’energia che l’umanità consuma in un anno. Esistono già tecnologie in grado di catturare la luce del sole e produrre elettricità e l’efficienza e la robustezza di questi sistemi fotovoltaici migliora ogni giorno di più. Paragonati ai combustibili fossili, però, i sistemi fotovoltaici oggi rappresentano un modo per nulla economico per generare elettricità a causa degli alti costi di produzione. Col tempo, però, questi costi si abbasseranno rispetto a quelli dei combustibili fossili; è inoltre probabile che un’unione dei principi dei sistemi fotovoltaici (specialmente quelli che utilizzano materiali organici o inorganici economici) con i concetti derivati dai sistemi di fotosintesi naturale fornisca infine una soluzione a lungo termine.
Il nostro sole è al primo posto tra le fonti energetiche: le sue risorse sono inesauribili su scala umana, e il suo utilizzo è innocuo per l’ambiente e per il clima. L’enorme potenziale di energia solare è un’opportunità che dovrebbe essere colta con molta urgenza. La biologia ha scelto questa sorgente energetica, e non c’è alcun motivo per cui queste reazioni chimiche, escogitate dagli organismi fotosintetici, non debbano essere imitate dall’intelligenza umana. Abbiamo già una conoscenza sufficiente per iniziare e le nanotecnologie adatte da sfruttare. Raccogliendo le esperienze più importanti di scienziati di diverse discipline dovrebbe essere possibile, come risposta ai problemi relativi alle emissioni di anidride carbonica e ai cambiamenti climatici, far progredire le tecnologie dedicate alla produzione di combustibile solare e costruire, finalmente, una vera e propria foglia artificiale.
James Barber
Traduzione dall’inglese di Eva Filoramo