La chimica verde paga di più. Parola di Giorgio Squinzi
Parlare chiaro. Con la consapevolezza di non dover nascondere la polvere sotto il tappeto, ma anche con l’orgoglio di aver saputo riconoscere in un rapporto fra industria chimica e ambiente più virtuoso il destino comune.
Così vicini, così lontani: un’aporia solo apparente in quanto i due mondi, anche se non di rado conflittuali, sono obbligati ad incontrarsi. Perché senza innovazione industriale non è possibile aspirare a un’edilizia davvero sostenibile e perché, se attuato dalle imprese, un corretto approccio all’ambiente paga di più. E non solo da un punto di vista etico.
Ne è convinto Giorgio Squinzi, Amministratore Unico di Mapei, leader mondiale di adesivi e prodotti chimici per l’edilizia.
Se è vero che molte aziende si nascondono dietro calcolate operazioni di marketing per vantare immeritate benemerenze ambientali è altrettanto vero che, da almeno vent’anni, le più serie realtà del settore operano virtuosamente investendo in ricerca e sviluppo per ridurre il proprio impatto ambientale.
“Nel nostro comparto, Made in Italy significa anche essere in grado di realizzare prodotti altamente ecocompatibili. Il Made in Italy diventa così un marchio di qualità che offre grandi ritorni sui mercati globali”, dice Squinzi. Per questo Mapei investe il 5% del proprio fatturato in R&S, di cui i due terzi per sviluppare sistemi e prodotti rispettosi dell’ambiente. Quest’anno, per intenderci, su 90 milioni di euro destinati a R&S l’azienda milanese ne ha dirottati 60 in tecnologie, sistemi e prodotti “verdi”.
“Abbiamo 57 stabilimenti in 26 paesi e in 5 diversi continenti. Fatturiamo 1.800 milioni di euro e, in un anno di crisi come quello attuale, stiamo crescendo del 12% su base annua”. L’impegno e la serietà dunque pagano. Ma, soprattutto, la crescita, dovuta alla capacità di saper investire in prodotti rispettosi della salute della Terra, comporta la necessità di creare nuove figure professionali per non farsi sfuggire un futuro ricco di promesse per un’innovazione “ecovirtuosa”.
“Per quanto ci riguarda nei nostri 10 centri di ricerca in tutto il mondo impieghiamo 750 persone”conferma Squinzi. Parole che inducono all’ottimismo e che lasciano immaginare un rapporto più maturo tra e ambiente e industria chimica. D’altra parte, come ogni altra attività umana, l’industria non è intrinsecamente “buona” o “cattiva”, ma è la sua capacità di sapersi adattare (o sottrarsi) ad un mondo maggiormente consapevole delle problematiche ambientali che può renderla protagonista in positivo o in negativo.
”Di fatto, da quando in Canada è stato lanciato il progetto Responsible Care il rapporto fra le imprese chimiche e gli ecologisti è sensibilmente migliorato. Così in Italia per quanto riguarda Mapei, per Federchimica nel suo complesso e per molte imprese attive nel nostro comparto. Penso per esempio alla Mossi e Ghisolfi, che sta facendo ottima innovazione investendo oltre 100 milioni di euro per la produzione di bioetanolo”.
Responsible Care, per chi non lo sapesse, è un’iniziativa promossa alla metà degli anni Ottanta dalla CCPA (Canadian Chemical Producer Association) per responsabilizzare le aziende chimiche sui temi ambientali e poi adottata nel 1988 anche dall’ACC (American Chemistry Council). L’anno successivo il Programma è stato avviato anche in Europa e oggi vi aderiscono oltre 10.000 imprese chimiche, in più di 50 Paesi nel mondo.
Così, mentre negli anni ’80 Mapei consumava 20.000 tonnellate in solventi, attualmente non arriva a 100 tonnellate. “Un minimo fisiologico” sottolinea Squinzi. “Ribadisco che essere virtuosi in campo ambientale paga: negli anni Novanta eravamo il settimo produttore mondiale di colle per moquette. Da quando, insieme alla ASTM americana, abbiamo sviluppato metodi per controllare che non vi fossero sostanze organiche volatili al loro interno, oggi siamo divenuti il 1° produttore mondiale in questo comparto e leader anche nel mercato statunitense. Vi siamo riusciti in circa dodici anni. E grazie alla nostra filosofia aziendale stiamo aumentando il distacco dai nostri competitor”.
Giorgio Squinzi appare sinceramente sensibile ai temi ambientali. Non promette soluzioni miracolistiche, ma – questo sì – un impegno a operare sempre meglio. “L’innovazione non procede per scarti epocali. Per balzi. Ma è una evoluzione continua frutto di un lavoro serio, come facciamo alla Mapei. Che ogni anno mette sul mercato 200 nuove formule in grado di superare i prodotti esistenti. Occorre però maggiore responsabilità da parte di tutte gli attori in gioco. Ecco perché guardiamo con estremo favore allo sbarco in Italia di Leed. Proprio perché gli standard adottati dalla certificazione statunitense sono estremamente severi”. “Le regole dovranno essere tuttavia precise e applicate in maniera inflessibile”, precisa Squinzi. “Se Leed Italia manterrà i rigorosi standard americani noi l’appoggeremo. Diversamente, prenderemo le distanze.”
Già nel corso della presentazione ad Assolombarda, Squinzi aveva del resto criticato pubblicamente, con la stessa fermezza, la mera speculazione ambientale di alcune imprese e la mancanza di vera certificazione internazionale dei loro prodotti. “Diciamolo con franchezza: mentre noi possiamo vantarci di certificazioni GEV, ASTM e molte altre, vi sono aziende che fanno solo greenwashing. Si travestono cioè da aziende ecocompatibili senza esserlo. La loro è solo un’operazione di puro marketing in quanto vendono come rispettosi dell’ambiente e dell’uomo prodotti che non hanno alcuna certificazione internazionale, ma solo quella delle stesse aziende produttrici. Cose del genere devono finire. Noi, al contrario, crediamo profondamente, ed investiamo, nella ricerca e nello sviluppo finalizzati ad ottenere prodotti realmente ecocompatibili”.
Squinzi non si stanca di ripetere, quasi si trattasse di un mantra:” La nostra storia dimostra che sono possibili grandi vantaggi commerciali da comportamenti virtuosi. I posatori ci hanno scelto anche per la nostra capacità di innovare e investire in prodotti ad alto rispetto dell’ambiente e dell’uomo”.
Bruno Pampaloni