In memoria di Mario Zoccatelli, fondatore di GBC Italia
Si sono tenuti ieri a Dossobuono (VR) i funerali di Mario Zoccatelli, fondatore ed ex presidente del GBC Italia, il Green Building Council Italia di Rovereto. Noi di Greenews.info lo abbiamo conosciuto nel 2010, quando ci invitò alla presentazione del primo protocollo LEED declinato per il mercato italiano. La sua passione e lucidità nel raccontare le prospettive dell’edilizia sostenibile ci affascinò da subito, tanto che nel 2013 decidemmo di firmare un protocollo di intesa per fare della nostra futura sede il primo caso studio nazionale del nuovo protocollo GBC Historic Building, il primo concepito e sviluppato interamente in Italia. Vogliamo ricordarlo pubblicando un estratto dell’attualissimo documento intitolato “Per un’edilizia DOC” lasciato in dote, ai soci di GBC Italia e agli operatori del settore, al termine del suo mandato da Presidente.
La modernizzazione della filiera dell’edilizia–real estate va inserita nell’elenco delle riforme prioritarie per il paese. Un settore che pesa attorno al 10% del PIL non può rimanere arretrato ed estraneo allo sforzo generale per la trasformazione del paese. Esso inoltre influisce (in positivo, ma anche in negativo, se rimane fermo) su importanti ambiti come il turismo, il territorio, la manifattura di prodotti per la filiera, nonché ambiti di ricerca e formazione. La riforma per la modernizzazione deve puntare a fare del settore una eccellenza, un traino dell’economia; e non una zavorra. Come in tutti i casi di eccellenza, il cuore della riforma è la centralità della qualità del prodotto “edificio – città – territorio” nel suo insieme; e di conseguenza il ripensamento dell’intero processo, incluse le molteplici interazioni tra istituzioni e privato, in funzione di tali obiettivi di qualità e competitività. Attorno a questo si devono rivedere modelli di business, meccanismi di finanziamento, normative, competenze, sistemi di verifica, controllo, vigilanza. La riforma e la modernizzazione della filiera dell’edilizia deve avere orizzonti ampi; non può essere chiusa e autarchica. La qualità del prodotto edile e del processo sono già stati definiti dal mercato internazionale e dalle politiche europee; le case e gli edifici non si muovono per il mondo, ma i fondi finanziari sì: questi sono i riferimenti. Il termine “riforma” è appropriato perché molti (troppi) sono gli aspetti nel passato e nel presente che invece vanno in direzioni opposte a quelle della qualità, e che devono essere abbandonati o trasformati.
Queste note si propongono di illustrare alcuni spunti, chiaramente parziali, a sostegno di una tesi netta: il settore dell’edilizia (espressione sintetica per intendere tutta la filiera delle costruzioni e gestione immobiliare nei vari aspetti) necessita di una profonda riforma. Per il sommarsi di una molteplicità di condizioni irreversibili, i modelli precedenti, buoni o malati che fossero, sono oggi impraticabili, e precipitano la filiera in una spirale verso il basso. Crescita e occupazione nel settore sono possibili (come già avviene in molti paesi) solo con una radicale revisione di tutti i principali aspetti. E’ una sfida complessa, che può essere vinta solo con il contributo di tutti gli operatori, privati e pubblici, della filiera. [...]
Per parlare della filiera, partiamo dall’esperienza di GBC Italia; piccola fin che si vuole, ma di alta qualità e significativa, e strettamente collegata al tema della riforma: quanta strada ha fatto in questi anni una piccola associazione (e i suoi soci, grandi e piccoli), e quanta non ne ha fatto il settore. Preparato nel 2007 e fondato nel 2008, GBC Italia poteva apparire allora una sfida confinante con l’azzardo e l’incoscienza: introdurre in Italia una delle migliori esperienze mondiali in materia di qualità e sostenibilità dell’edilizia, e cioè quella di USGBC (il Green Building Council americano, primo nel mondo, fondato nel lontano 1993) e dei protocolli LEED: allora non ancora “esplosi” come sistema di riferimento mondiale. Adottandone il motto principale, ancora più temerario: “market transformation”. A dire il vero, il fattore fondamentale dell’adesione iniziale di molti soci non è stata, con tutta probabilità, la convinzione di quanto fosse importante questa market transformation, o l’ammirazione della bellezza dei sistemi di rating come LEED; ma fattori più concreti del tipo: se la Provincia Autonoma di Trento appoggia l’iniziativa, meglio esserci dentro, anche se non abbiamo ben chiaro di cosa si tratta; in giro per l’America cominciano a chiederci prodotti per progetti da certificare con LEED: vediamo se tramite GBC Italia possiamo capirne di più, e così via. L’esperienza successiva e i travagli interni hanno evidenziato come proprio e soprattutto tra i fondatori ci fossero visioni diverse da quelle del presidente “operativo” filoamericano; che nel 2011 viene riconfermato grazie alla maggioranza di soci “nuovi”, cioè entrati nell’associazione dopo la costituzione della stessa. La follia della scommessa consiste nella profonda estraneità del modello scelto rispetto a cultura e pratiche prevalenti in Italia. L’approccio USGBC – LEED fa riferimento al meglio di una certa cultura anglosassone: grande spirito di comunità, sussidiarietà come assunzione di responsabilità (anche delle imprese) e capacità di iniziativa (non aspettare cosa lo stato fa per te, ma cosa tu puoi fare per il paese); visione sistemica, “triple bottom line”, riferimento alle “best practices” e al meglio dell’elaborazione tecnica e scientifica in materia, formalizzazione dei parametri e dei sistemi di verifica, trasparenza. Le divergenze interne a GBC Italia erano soprattutto attorno a quanto di questa impostazione dovesse essere fatto proprio da GBC Italia; a titolo di esempio, la “triple bottom line” e la “market transformation” vanno bene come slogan, ma non vanno presi troppo alla lettera; a noi interessa lavorare, vendere; il resto sono fanfaluche. Non è questa la sede per approfondire; ma la questione è tutt’altro che secondaria, e riguarda direttamente il tema della riforma del settore. Il dibattito interno al GBC italiano infatti è un modulo del dibattito generale; come chi dicesse che la riforma del settore e la sua modernizzazione (inclusa etica degli affari e trasparenza) è una fanfaluca, perché l’unica cosa che conta è far affari, perché questo sì fa girare l’economia. In questi sei anni è stata fatta una certa strada, in Italia e nell’associazione. I progetti LEED – GBC superano ormai i 250, tra certificati e registrati; il che vuol dire che un certo numero di operatori (professionisti, costruttori, utenti) hanno preso familiarità con un modo di guardare all’edilizia che è sicuramente più esigente di quanto mediamente avvenga. L’associazione è cresciuta, con andamento a fisarmonica: molti ingressi, molte uscite. Ma tutte queste sono premesse per arrivare agli snodi che si vogliono evidenziare.
Nei primi sei anni di vita, l’associazione ha dimostrato a se stessa e al mondo (nel senso letterale della comunità internazionale del green building) che anche in Italia si potevano fare buone cose di livello internazionale; che eravamo in grado di apprendere, di produrre, di migliorare e innovare (sempre in metrica internazionale). In pochi anni – non in un giorno, non per decreto – un certo numero di imprese e professionisti hanno agganciato il mercato internazionale e l’Europa. Si è trattato di una sorta di “autoriforma”, di apprendimento collettivo. Abbiamo dimostrato che anche in Italia si può essere bravi secondo metriche internazionali. Questa evoluzione è avvenuta in maniera differenziata e in diversi ambiti. Tra i soci e sul mercato, gli operatori a contatto con le dinamiche internazionali sono stati i più pronti, poco conta quanto per convinzione quanto per necessità. Questo è avvenuto sul lato cantieri e su quello prodotti. Se si vuole operare sul mercato americano, arabo, europeo, mondiale, anche nell’edilizia o meglio nei suoi prodotti sono ormai richieste caratteristiche di qualità certificate. Analogamente, se si progetta un intervento con riferimento internazionale (per via di immagine, di tenant, di finanziamenti, ecc.) la certificazione complessiva (LEED, ma anche BREEAM) è un ingrediente pressoché indispensabile. Il mercato a respiro internazionale è stato il fattore di positiva trasformazione (per chi ha dialogato con tale dimensione). Il caso di Trento è invece la dimostrazione di cosa possa fare una istituzione locale tramite policies territoriali focalizzate. Sarebbe opportuna un’analisi più approfondita; ma l’adozione di strumenti come LEED all’interno dei bandi per opere pubbliche ha avuto una pluralità di ricadute positive da tanti punti di vista, costi, tempi e trasparenza inclusi (oltre a qualità, competenze, ecc.). GBC Italia in quanto associazione è stato un elemento attivo di questa evoluzione. Attraverso una dialettica interna a volte anche aspra, ha scelto la strada più difficile, e cioè di non essere solo un altoparlante di tendenze internazionali, ma un co-protagonista delle stesse. Più precisamente: GBC Italia, come pochi altri GBC nel mondo (una decina su un centinaio in totale) ha scommesso sulla capacità di essere adattatore ed elaboratore di protocolli, a partire dai sistemi LEED; e questa scommessa è stata vinta, come mostrano gli adattamenti italiani o europei e più ancora produzioni originali (come GBC Historic Building). E’ stato uno sforzo significativo totalmente autosostenuto; un grande lavoro elaborativo sviluppato con le risorse delle quote sociali e il volontariato dei soci. Il risultato è una famiglia di prodotti (cioè manuali da 500-600 pagine) che coprono gli interventi dal piccolo residenziale, ai grandi edifici per tutti gli usi (residenza, uffici, scuole, ecc.) e arriva al quartiere. Come detto, c’è un protocollo per la riqualificazione degli edifici storici, e infine c’è l’adattamento europeo del sistema LEED EBOM (Existing Building Operation and Maintenance). Preso nel suo insieme, è un “pacchetto” di strumenti che non ha eguali nel panorama italiano. Non è originale: senza il rapporto collaborativo con USGBC e il riferimento ai sistemi LEED, non avremmo di certo saputo fare una cosa del genere. Non tanto per le singole conoscenze tecniche, quanto per l’impostazione generale. Ma, anche con questa precisazione, il lavoro svolto è considerato di alto valore, nella comunità internazionale. Sul piano internazionale infatti GBC Italia si è conquistata una buona reputazione tecnica. [...]
La domanda è: nel mentre le imprese che fanno parte della community GBC e l’associazione compivano questa strada, cosa succedeva, cosa si faceva in Italia? Detto in altri termini: perché strumenti di questo genere (non solo GBC – LEED, ma anche BREEAM, o altri) sono ancora usati così poco in Italia, rispetto a tutti gli altri paesi europei e occidentali? Certo, qualche centinaio di progetti (GBC, LEED e BREEAM) e qualche miliardo di valore-cantiere non sono da disprezzare; ma il dato di insieme è chiaro: in sei anni, l’Italia come paese e il settore edile nel suo insieme hanno fatto pochi passi in avanti su questi temi. In generale: sarebbe positivo se l’Italia, invece di usare LEED, avesse scelto BREEAM, o il DGNB tedesco: il dato invece è che nel mentre il GBC italiano elaborava e produceva, con riconoscimenti internazionali, l’Italia non cambiava. Nello stesso arco di tempo la Francia avviava e portava a normalità il programma “Grenelle du batiment”, con al centro il sistema HQE, ma aperto a tutte le certificazioni internazionali; l’amministrazione Obama faceva della sostenibilità (certificata) l’asse delle politiche di ripresa nel building, facendo svolgere all’amministrazione federale un ruolo di “leader by example”. La Cina usava LEED per l’attuazione delle policies di sostenibilità per gli edifici delle Olimpiadi di Pechino 2008 e l’Expo di Shanghai 2010; il Canada lo stesso per le olimpiadi invernali di Vancouver 2010; Londra (privilegiando BREEAM) con le Olimpiadi 2012; e il Brasile con la coppa del mondo 2014 e le olimpiadi 2016. Tutto in questi anni. E l’Italia? La Maddalena? La ricostruzione del territorio aquilano dopo il terremoto? Expo 2015? Nel mentre negli altri paesi i grandi eventi sono occasioni per fare politica industriale e incentivare la riqualificazione della filiera edile, fornendo obiettivi definiti e misurati con sistemi internazionali, con gli stessi grandi eventi l’Italia arricchiva qualche familiare prima e le cronache delle pagine giudiziarie dei quotidiani poi. Eppure conoscenze ed esperienze erano a disposizione: perché strumenti come quelli prodotti da GBC Italia, o altri analoghi di sicura levatura internazionale, sono stati sistematicamente ignorati, e tuttora lo sono?
Una pratica vinicola che si basi su pesticidi e metanolo non avrà gran bisogno di laboratori, scuole di eccellenza, enologi provetti. Tutte le complessità di un doc o docg appariranno come burocrazie costose e inutili. E’ quando si cambia orizzonte, e si vuole scommettere sull’eccellenza, che i disciplinari diventano importanti (anche se non sufficienti) e che entrano in gioco enologi competenti, laboratori di verifica, e tutta la complessità di una filiera di qualità. Come mille esempi continuano purtroppo a evidenziare, la filiera dell’edilizia in Italia è, a voler essere garbati, sospesa tra un passato (ricco di metanoli e pesticidi) e un futuro che fa capolino qua e là, ma è ancora minoritario. Se l’orientamento è al passato, è del tutto consequenziale che i protocolli di qualità/sostenibilità siano non solo ignorati, ma anche avversati. Non si tratta di questioni di dettaglio. Trattasi di impianti operativi e mentali in essere da decenni, che per un periodo sembravano garantire guadagni a tutti, o essere tollerabili anche se facevano guadagnare pochi; e quindi non è facile parlarne e meno ancora pensare di cambiarli. La crisi innescata in Italia sulla scia delle vicende internazionali non è una pausa, dopo la quale tutto tornerà come prima. Siamo in presenza di un cambiamento radicale di scenari, e l’innovazione e l’orientamento alla qualità è determinante per il futuro anche economico della filiera. Queste ultime affermazioni non sono evidentemente condivise da molti operatori del settore, sia individuali che associativi, mentre prevale invece la ricerca di continuità, con le motivazioni più varie. La questione fondamentale, come si ripeterà più volte, è che scelte del genere non hanno futuro, ed equivalgono ad aggravare il ruolo di zavorra dell’edilizia. Per tornare ad essere volano, deve essere riformata profondamente. [...]
L’ambiente costruito è una delle tante traduzioni di come un paese immagina e pensa se stesso. Le città italiane e il territorio parlano di noi: di come ci immaginavamo nei secoli, di come ci siamo pensati negli ultimi decenni. Decidere che edilizia vogliamo è un’altra angolatura per scegliere che Italia vogliamo. Ma non facciamo proclami su futuro, crescita, occupazione e competitività se continuiamo a giustificare e coccolare edilizie al metanolo.
Mario Zoccatelli nel giugno 2014