Il Rapporto 2010 di I-Com sull’innovazione energetica in Italia
Pubblichiamo, su gentile concessione di Innovazionenergia.it, il database italiano che raccoglie i progetti più innovativi nel settore energetico, la sintesi del Rapporto 2010 sull’Innovazione Energetica in Italia, realizzato da I-Com, Istituto per la Competitività.
L’innovazione rappresenta, per il settore energetico, una delle variabili fondamentali che ne determineranno la traiettoria di evoluzione in coerenza o meno con gli obiettivi di medio lungo termine dettati dalle politiche internazionali, nazionali e locali. Ciò è particolarmente vero se si guarda ai pilastri della politica energetica dell’Unione europea con le lenti delle attuali tecnologie: sicurezza delle forniture, liberalizzazione dei mercati etutela dell’ambiente appaiono obiettivi divergenti se inquadrati nell’attuale paradigma dei sistemi energetici.
In particolare gli indirizzi di politica energetico-ambientale recentemente promossi dalla
Commissione europea sono particolarmente sfidanti poiché prevedono la riduzione del 20% delle emissioni climalteranti, un contributo al mix energetico delle fonti rinnovabili pari al 20% e una riduzione dei consumi energetici del 20%, entro l’arco temporale di 10 anni (il 2020). Questi obiettivi saranno impossibili da raggiungere senza una profonda e rapida innovazione dei sistemi energetici nazionali.
A conferma della centralità del tema dell’innovazione nell’energia, gli investimenti mondiali in ricerca e sviluppo nel settore energetico, negli ultimi anni, sono aumentati progressivamente, sebbene la loro crescita sia stata più lenta rispetto al totale delle risorse mondiali destinate alla ricerca. L’aumento degli investimenti risulta, dunque, consistente in termini assoluti, ma modesto in termini relativi. Sul versante dei finanziamenti pubblici mondiali alla ricerca energetica, si sono registrati aumenti considerevoli, fino a raggiungere, nel 2008, il 4,1% del totale delle risorse pubbliche destinate alla ricerca. Negli ultimi tre anni, essi sono aumentati a un tasso medio annuale del 6,5%, raggiungendo, sempre nel 2008, i 14 miliardi di dollari. Ai fondi pubblici si sono aggiunti gli investimenti privati che, già nel 2006, ammontavano a 19 miliardi di dollari.
Nel 2008, il settore nucleare ha assorbito circa il 40% delle risorse, mentre sia per l’efficienza energetica che per le risorse rinnovabili ne sono stati destinati rispettivamente il 13%, pari a 1,7 miliardi di dollari per ciascuno dei due settori; le rinnovabili, inoltre, negli ultimi anni, hanno registrato i maggiori tassi di crescita nella spesa per ricerca e sviluppo sia pubblica che privata.
Nel panorama mondiale, l’Italia si posiziona al settimo posto per investimenti in ricerca e sviluppo nel settore energetico con una quota del 2,6% (dopo Giappone, Stati Uniti, Francia, Germania, Corea e Regno Unito). Questa situazione è marcatamente migliore rispetto al quadro complessivo delle risorse destinate alle attività di R&S, in cui il nostro Paese figura al decimo posto. Ciò dimostra che, per quanto l’Italia investa poco in ricerca e sviluppo in confronto con i principali Paesi nostri competitori, il settore energetico rappresenta un settore capace di attrarre importanti e crescenti risorse. Si nota infatti che, a differenza del trend registrato a livello mondiale, la quota di spesa in R&S nel settore energetico è cresciuta progressivamente rispetto al totale delle risorse destinate al settore manifatturiero, all’edilizia e ai servizi: nel 2006, essa era pari al 4,3% del
totale.
In Italia, la ricerca energetica è sostenuta per la maggior parte dallo Stato, mentre negli altri Paesi, sono i privati a investirvi maggiormente. Tuttavia, in Italia, anche i soggetti privati stanno iniziando a operare in maniera più incisiva: nel 2007, essi hanno destinato alla ricerca ben 510 milioni di euro, pari al 45% degli investimenti totali, riducendo, così, il differenziale con i valori medi dell’Unione Europea. I finanziamenti pubblici italiani rientrano nella media degli altri Paesi europei e registrano risultati considerevoli nel settore dell’efficienza energetica. Anche per gli operatori privati tale comparto riveste un interesse particolare: in esso, infatti, sono stati rilevati i maggiori tassi di crescita degli investimenti.
All’incremento degli investimenti mondiali nella ricerca nel settore energetico, si è accompagnata una più che proporzionale crescita delle ricadute in termini di innovazione applicativa del settore. Dal 2001, infatti i brevetti richiesti annualmente nel settore energetico sono cresciuti sia numericamente sia in termini percentuali rispetto al totale delle domande di brevetto registrate a livello mondiale, raggiungendo, nel 2006, una quota pari al 12,1%. I principali attori dell’innovazione sono stati il Giappone, gli Stati Uniti e la Germania, che, tra il 2002 e il 2006, hanno richiesto rispettivamente il 49%, il 17% e il 9% del totale dei brevetti nel settore energetico. In questa classifica l’Italia si posiziona al nono posto, con una percentuale pari all’1%.
Nonostante le maggiori risorse, in termini relativi, investite a monte della catena del processo di innovazione, l’attività brevettuale nel settore energetico dell’Italia non sembra emergere rispetto agli altri settori produttivi: infatti la quota delle domande di brevetto presentate dall’Italia in tutti i settori è, come nel caso dell’energia, pari all’1%.
Ulteriori ed interessanti indicazioni derivano dall’analisi della bilancia italiana dei pagamenti tecnologici. Nel 2008, il settore energetico ha contribuito positivamente al saldo della bilancia tecnologica per un valore di 55 milioni di euro ed è risultato al quinto posto per attivo, dopo il settore dei trasporti, i servizi destinabili alla vendita e l’edilizia. A pesare negativamente sulla bilancia tecnologica del settore energetico sono state le voci relative alla compravendita di brevetti e relativi diritti di sfruttamento (17 M€) e alla compravendita di disegni, modelli, marchi di fabbrica e relativi diritti di sfruttamento (5,6 M€). Viceversa, la principale voce attiva è rappresentata dai servizi di ricerca e sviluppo, con un attivo di circa 200 M€.
Per superare, in parte, la mancanza di dati aggiornati relativi alle attività di ricerca e innovazione nel settore energetico, si è reso necessario condurre uno specifico focus sulla produzione scientifica e brevettuale in campo energetico del 2009. Le fonti analizzate sono, rispettivamente, le principali riviste internazionali di settore e la banca dati dell’Ufficio Europeo dei Brevetti. La ricerca brevettale ha tenuto conto, per ogni tecnologia, solo di nuove tecnologie per la generazione di energia (solare, eolica, ecc.) e non l’utilizzo di componenti già esistenti mediante altre applicazioni (ad es. viene considerata una nuova tecnologia di celle fotovoltaiche, ma viene escluso il brevetto di un infisso che accoppia una finestra con celle fotovoltaiche già esistenti). I brevetti analizzati e catalogati rappresentano quindi un sottoinsieme del totale dei brevetti riconducibili al settore energetico.
Per quanto riguarda la produzione scientifica, l’Italia si è classificata al settimo posto con una quota pari al 3% del totale delle pubblicazioni, dopo Stati Uniti (28%), Giappone (15%), Germania (12%), Cina (10%), Taiwan (5%) e Gran Bretagna (4%). I settori in cui il nostro Paese si è maggiormente distinto sono la cogenerazione, le celle a combustibile e le smart grid. Per quanto riguarda la produzione brevettuale, invece, l’Italia si è posizionata al sesto posto, con una quota pari al 4%, dopo Stati Uniti (28%), Giappone (18%), Germania (14%), Corea (8%), Svizzera (5%) e Gran Bretagna (4%), e con una forte specializzazione nei settori del fotovoltaico e nell’efficienza energetica.
A livello complessivo si è potuto rilevare come, la quantità di pubblicazioni con autori provenienti dal mondo industriale costituisca una minima percentuale degli articoli complessivamente pubblicati. Al contrario, i brevetti rappresentano, il più delle volte, il frutto dell’esperienza industriale e solo raramente sono depositati da Università o Enti di ricerca. Si deve specificare, tuttavia, che tale risultato è in parte dovuto ai criteri adottati per la selezione dei brevetti. Dall’analisi complessiva, si è potuto osservare, infine, una scarsa collaborazione scientifica internazionale nei settori della ricerca energetica presi in esame.
Il quadro che emerge dall’analisi comparata dei vari indicatori presentati nel Rapporto 2010 sull’innovazione energetica in Italia mostra un quadro del contesto nazionale in cui le luci sembrano prevalere sulle ombre. Questo è ancor più vero se si effettua un raffronto con la generalità degli altri settori. Troppo spesso vediamo l’Italia (per una serie di ragioni che sono in parte imputabili a questioni metodologiche) posizionarsi agli ultimi posti tra i Paesi avanzati nelle classifiche riguardanti la ricerca e l’innovazione. Nell’energia questo non avviene, in particolare per quanto riguarda le risorse messe a disposizione, sia in termini assoluti che in termini di trend temporali.
Anche i risultati in campo scientifico e per quanto concerne la valorizzazione del capitale umano sembrano essere positivi, come testimoniano la produzione scientifica e il saldo delle entrate relativo alle attività di ricerca nella bilancia tecnologica nazionale.
Sul fronte delle risorse vanno evidenziate le crescenti opportunità derivanti dai finanziamenti europei alla ricerca, come testimoniato dalla dotazione finanziaria del VII Programma Quadro per la Ricerca che prevede, nel periodo 2007-2013, circa 5 miliardi di euro per le attività di ricerca energetica, e dalle risorse messe in campo dal SET-Plan (tra i 58 e i 71 miliardi di euro fino al 2020). Risorse europee che andranno sempre di più messe a sistema con i finanziamenti che lo Stato e le Regioni metteranno a disposizione per il settore energetico.
Si è visto che le risorse nazionali non scarseggiano, come testimoniato dai fondi per la Ricerca di Sistema (circa 70 milioni di € l’anno), dai programmi governativi (come i programmi specifici sull’energia di Industria 2015 o gli strumenti più generali a sostegno della ricerca industriale come quelli messi a disposizione dalla Legge 46 che ha una dotazione finanziaria di circa 2 miliardi di euro) e dai fondi strutturali a disposizione delle Regioni (si veda ad esempio il POI energia, con i suoi 1,6 miliardi di euro). Sarà anzi prioritario stimolare la partecipazione delle imprese italiane ai meccanismi di finanziamento europei, per cogliere pienamente le opportunità comunitarie di sostegno alla ricerca, all’innovazione e al trasferimento tecnologico per il settore energetico.
Dare una forte coerenza programmatica e metodologica nei criteri di individuazione delle priorità settoriali e nell’assegnazione delle risorse nazionali appare quindi un primo ed imprescindibile strumento per consentire un significativo salto qualitativo del sistema della ricerca ed innovazione energetica italiana.
La situazione più critica riguarda invece gli elementi a valle del sistema che porta una idea innovativa ad affermarsi sul mercato. In questo gli indicatori a disposizione (brevetti depositati, saldo negativo dei brevetti nella bilancia tecnologica) sono decisamente più critici. Va sottolineato inoltre che questi indicatori sono in grado di cogliere solo parzialmente la portata del fenomeno. Le ragioni di questa criticità possono senza dubbio essere ascritte ad un contesto generale che non garantisce un quadro stabile e coerente per gli investimenti, e alle numerose barriere amministrative e burocratiche che inceppano i meccanismi di trasferimento delle idee al mercato.
Queste criticità rischiano di divenire ostacoli insormontabili in un settore fortemente dipendente dalla regolazione, da una parte, e con un tangibile impatto fisico sui territori, dall’altra. Affinché il sistema della ricerca ed innovazione possa dunque trasferire al sistema produttivo i suoi vantaggi in termini di competitività, vanno dunque rimossi velocemente tutti i colli di bottiglia amministrativi e burocratici che affliggono l’intero settore energetico e va assicurata una stabilità nelle strategie energetiche e negli strumenti di regolazione e incentivazione. La velocità con cui questo dovrà avvenire è proporzionale all’accelerazione dei processi che la globalizzazione ha imposto.
Oltre a queste considerazioni di contesto si tratta di incentivare una funzionale collaborazione tra imprese e centri di ricerca che, come mostrato anche dall’analisi condotta nel presente rapporto, appare comunque scarsa, e tra grandi imprese e PMI. Anche per quanto riguarda le barriere alla brevettazione, particolarmente onerose per le PMI, andrebbero elaborati degli strumenti più efficaci. Un ruolo determinante dovranno averlo, in questo contesto, le Regioni. Un contributo determinante potrebbero averlo, infine, i sistemi di incentivazione. Pur rimanendo il loro fine quello di promuovere l’ingresso sul mercato di tecnologie consolidate (ancorché negli stadi iniziali di sviluppo), sarebbe utile introdurre dei meccanismi premiali che stimolino applicazioni ad alto contenuto innovativo, si in termini di tariffa che di semplificazione delle procedure autorizzative.