Sumus: il sacchetto in carta riciclata per la raccolta dell’organico
Lo slogan preferito di Davide Lolli, ad di Sumus Italia, è “usare un rifiuto per raccogliere un rifiuto”. La sua società ha acquisito nel 2013 la start up che ha inventato e brevettato Sumus, il sacchetto compostabile in carta riciclata per la raccolta dei rifiuti organici, pensato per risolvere tutte le criticità delle buste in bioplastica.
“Sumus è robusto, ha un’alta resistenza meccanica e al calore. Rispetto alla bioplastica, la carta fa respirare i rifiuti, evitando così che questi inizino a marcire e si formino liquidi con cattivo odore. L’umidità dello scarto è assorbita dalla carta e il sacchetto ha un fondino rinforzato, con una capacità di oltre due chili. Inoltre, il nostro sacchetto non ha data di scadenza, basta conservarlo all’asciutto”. A questo, dice Lolli, si aggiunge il fatto che “negli impianti di compostaggio la carta si degrada in meno tempo della bioplastica, permettendo di ottenere un compost di maggiore qualità”.
Sumus, certificato FSC e CIC (Consorzio italiano di compostaggio), è prodotto in un’area di 10 chilometri, nel distretto del packaging padovano, a Carmignano di Brenta. “La società è controllata dalle due aziende che producono materialmente Sumus: una cartiera e un sacchettificio. In questo modo riusciamo a controllare tutta la filiera, concentrata in uno spazio molto piccolo. Anche il macero viene dal territorio: farlo arrivare da troppo lontano, oltre a non essere sostenibile, costerebbe troppo”.
Oltre ai vantaggi ambientali di un sacchetto ottenuto con carta riciclata, ci sono i benefici economici: “Evitando la formazione di liquidi, Sumus assicura un rifiuto più leggero e dunque costi minori per la società di gestione dei rifiuti, che per conferire l’organico ai centri di compostaggio pagano dagli 85 ai 95 euro a tonnellata”. Per i consumatori privati, “Sumus ha un prezzo un po’ più alto del sacchetto in bioplastica, ma consente comunque di risparmiare perché ha una durata più lunga. In un anno, una famiglia utilizza 120-150 sacchetti Sumus, contro gli oltre 300 in bioplastica”. Per approfondire l’impronta ecologica del prodotto, l’azienda sta completando un’analisi del ciclo di vita di Sumus per ottenere la certificazione PEF (Product Environmental Footprint), in collaborazione con la Scuola superiore Sant’Anna di Pisa e l’Università Bocconi.
Oltre a Sumus, l’azienda produce anche sacchi in carta riciclata per la raccolta differenziata del verde e della carta. “Stanno andando molto bene, perché permettono di non separare il contenuto dal sacco. Non ha senso utilizzare una busta in plastica per la raccolta differenziata della carta”, continua Lolli. La novità del 2015 è il telo da pacciamatura in carta riciclata, di cui si sta completando la fase di industrializzazione: “Arriverà sul mercato nel secondo semestre dell’anno, speriamo di poterlo presentare già a Expo. Il telo è spalmato con una sostanza di origine naturale che inibisce la crescita delle erbacce. I vantaggi sono molti: il telo non va tolto, perché si degrada nel terreno, tra l’altro concimandolo grazie alla lignina. Il prodotto è disponibile in vari colori, perché in base al tipo di coltura esso deve assorbire o riflettere i raggi solari”.
Oggi Sumus Italia ha rapporti di fornitura con una ventina di municipalizzate, con le quali realizza l’85% del proprio fatturato. Dopo essere approdata in Austria e Francia, si sta preparando ad arrivare anche sui mercati di Germania, Norvegia e Svizzera. Inoltre, da aprile Sumus si potrà acquistare anche nella grande distribuzione. “Quando abbiamo acquisito l’azienda, la quota di mercato di Sumus era pari allo 0,5%, noi l’abbiamo raddoppiata”. Il resto del mercato dei sacchetti per la raccolta dell’umido è composto per il 49% dalle buste in bioplastica e per il restante 50% da sacchetti diversi, senza certificazioni e non sempre regolari: “Abbiamo davanti a noi un settore con buone potenzialità e spazi di crescita”.
Veronica Ulivieri