“Star bene con poco”. I consigli pratici del Dr. Frusi, medico ISDE
Per “Racconti d’Ambiente” pubblichiamo oggi un estratto del nuovo saggio “Star bene con poco. Teoria e pratica per il benessere quotidiano” (Graphedit Edizioni, pagg. 136, euro 14,80) di Mario Frusi, medico specializzato in “medicine complementari” e Presidente di ISDE (i Medici per l’Ambiente) della provincia di Cuneo. Un simpatico “manuale di facile consultazione per rimediare ai piccoli e medi malanni in modo efficace (e nella comodità di casa propria)” – disponibile anche in versione e-book, con contenuti multimediali aggiuntivi, sul sito Noosoma.it. Nel capitolo “La ruggine delle cellule: l’ossidazione che ci invecchia” il Dr. Frusi introduce il tema fondamentale di una sana alimentazione, proponendo una provocazione: dovremmo diventare tutti vegani? A voi la risposta…
Anche materiali solidissimi non sfuggono alla regola universale dell’interscambio con l’ambiente circostante. Accade così che una padella in ferro interagisca con le molecole d’ossigeno presenti nell’aria fino a incamerarle nella propria struttura, che risulta non più liscia e nero-bluastra bensì corrugata e rossiccia: è la ruggine, nient’altro che “ossido di ferro”. Il fenomeno si può ripetere in scala centuplicata, e senz’apparenti inconvenienti. Infatti a volte intere montagne hanno l’aspetto arrugginito ma non per questo “vecchio”: al contrario di noi viventi, mantengono le loro caratteristiche pressoché invariate nel corso delle ere geologiche. E allora come mai, una volta concepiti, gli umani e gli altri esseri animati non sono immortali?
La teoria al momento più avvalorata per tentare di spiegare il decadimento degli organismi si basa proprio sul concetto di “ossidazione”. I meccanismi che permettono alle cellule di esistere, produrre eventi, interagire a livelli di complessità via via maggiori, richiedono continue reazioni chimiche le quali a loro volta esigono un prezzo biologico: il sistema gradualmente si usura, cioè si ossida e “accumula ruggine” fino a quando il processo degenerativo non interrompe il flusso vitale.
Questa regola, come si diceva, è onnicomprensiva. Ma in qualche caso, e per un tempo limitato, il decadimento strutturale NON significa decadimento di prestazioni: per esempio, il sistema nervoso centrale inizia molto rapidamente a perdere cellule vive (i “neuroni”), ma specializza le restanti in modo che sappiano svolgere un lavoro più accurato ed efficiente rispetto ai neuroni giovani, soprattutto attraverso la migliorata capacità di interconnessione cioè scambio di segnali. Dal momento che l’etimologia latina di “intelligenza” suggerisce il concetto di sviluppare collegamenti, di “inter-legare” fra loro più entità senzienti, non è sbagliato affermare che il cervello ben allenato di un uomo a sessant’anni di vita è più intelligente di quello stesso cervello a vent’anni!
Arriva comunque il momento in cui la Natura presenta il conto, ritira la licenza d’uso e richiama i materiali costitutivi per restituirli al pianeta, in un incessante lavoro di riciclaggio. È possibile rallentare il processo? Le risposte affermative sono almeno tre, più un’altra ancora che deve ricevere ulteriori conferme: occorre introdurre nella propria dieta grandi e costanti quantità di sostanze chimiche in grado d’invertire il processo ossidativo. La moda degl’integratori si appoggia in buona misura proprio su quest’assunto, ma gli antiossidanti sono presenti nei nostri cibi più salutari: i vegetali – freschi di stagione, biologici e trasportati per brevi distanze, cioè sottoposti al minor carico stressante – dovrebbero costituire la base dell’alimentazione di qualunque individuo e latitudine. Anche il caffè ha importanti effetti antiossidanti, che si rivelano particolarmente efficaci quando viene assunto in via atipica: se ne parla nel capitolo “Ca-go-fé”.
Una certa quota di antiossidanti è presente anche in qualche alimento di origine animale, come le uova e il latte, mentre le carni (intese soprattutto come muscoli, non come interiora) ne sono del tutto prive. Questo conferma l’opinione, scientificamente attendibile, che gli umani siano vegetariani o meglio ancora vegani, destinati cioè a introdurre cibi di natura esclusivamente vegetale. Non sto proponendo una forzata conversione al veganismo di tutta l’Umanità, in particolare quella occidentale che con il proprio stile di vita forzato si autoprovoca malattie sempre più invalidanti e costose; ma certamente sarebbe bene farci un serio pensierino…-
L’abuso biologico è da considerare anche sul piano quantitativo: ridurre l’apporto alimentare significa, ovviamente, affaticare meno il motore e quindi permettergli di girare a ritmo di crociera per un tempo maggiore e con minore usura. Una certa sobrietà nell’introduzione di cibi, non imposta da norme medico-igieniche terroristiche ma consapevolmente scelta e adottata, sarebbe molto salutare. Naturalmente, per scegliere questa via occorre aver spianato i conflitti legati alla “fase orale” della vita psichica (secondo il gergo coniato da nonno Sigmund): il cibo,cioè, NON deve continuare a rappresentare la simbolica compensazione per il mancato nutrimento esistenziale.
La quarta risposta viene trattata nell’apposito capitolo seguente perché il tema va dipanato con completezza…
Mario Frusi*
* Medico esperto di “medicine complementari” e Presidente ISDE Cuneo