Sostenibilità idrica, carne agli ormoni e contabilizzazione CO2: la lunga settimana UE
Dall’ultima plenaria del Parlamento Europeo, tenutasi la scorsa settimana a Strasburgo, arriva una notizia di rilevanza per la salute dei cittadini europei, ma anche per le relazioni commerciali tra l’Unione Europea, gli Stati Uniti e il Canada.
Lo scorso 14 marzo gli eurodeputati hanno infatti approvato alcune concessioni per porre fine alla controversia sul commercio di carne agli ormoni. L’accordo raggiunto consente all’UE di mantenere il divieto di importare bovini trattati con ormoni, in cambio di un aumento delle quantità di carne bovina di alta qualità che potrà essere importata nell’UE da Stati Uniti e Canada. L’accordo aumenterà il contingente tariffario dell’Unione fino a 48.200 tonnellate. In contropartita, gli Stati Uniti e il Canada hanno già sospeso le sanzioni di ritorsione applicate su prodotti provenienti da 26 Stati membri (tutti tranne il Regno Unito), il cui valore ammonta, in base alle attuali condizioni commerciali, a oltre 250 milioni di dollari.
La controversia sugli ormoni della carne bovina ha avuto ripercussioni negative sulle relazioni commerciali transatlantiche sin dal 1988, quando l’UE, per tutelare la sicurezza alimentare dei consumatori, aveva vietato l’importazione di carni bovine trattate con determinati ormoni di crescita. Nel 1996 gli Stati Uniti e il Canada, i più colpiti dal divieto, hanno presentato ricorso all’organo di conciliazione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, ottenendo l’autorizzazione a imporre sanzioni commerciali sui prodotti provenienti dall’UE. L’applicazione di dazi di ritorsione su determinati prodotti europei ha ostacolato ovviamente le esportazioni, con conseguenti perdite di quote di mercato per i produttori comunitari. Alcuni dei principali prodotti europei oggetto delle sanzioni erano di origine italiana, come ad esempio i tartufi. L‘Italia sarà infatti fra i maggiori beneficiari del nuovo accordo, per un valore commerciale di almeno 99 milioni di dollari.
La scorsa settimana è stata anche la settimana di apertura del Forum Mondiale dell’Acqua. Gli eurodeputati si sono dunque confrontati sul tema lo scorso 15 marzo approvando una proposta di risoluzione, presentata a nome della Commissione Ambiente, Salute Pubblica e Sicurezza Alimentare. Tra gli obiettivi della risoluzione quello di considerare la salute pubblica e la tutela dell’ambiente quali priorità di ogni politica di gestione dell’acqua, sottolineando il ruolo fondamentale che la tutela delle risorse idriche potabili riveste per la salute umana. A questo proposito il Parlamento ha invitato a pianificare e attuare, a livello di bacini idrografici, misure che coprano l’intero ciclo idrologico, rilevando che l’inquinamento idrico dovrebbe essere affrontato alla fonte, limitando la quantità di sostanze nocive che entrano nell’ambiente e nelle aree in cui si trovano risorse idriche potabili. Anche in questo ambito la convinzione sembra dunque quella di proseguire saldamente nell’applicazione del principio “chi inquina paga”, che dovrebbe diventare prassi comune in tutte le aree di intervento UE.
Sempre in occasione del 6° Forum Mondiale dell’Acqua, il rappresentante di turno degli Stati membri dell’UE, il Ministro danese per l’Ambiente Ida Auken, ha firmato, a Marsiglia, un accordo di collaborazione nel settore idrico con la Cina. L’obiettivo europeo è di aumentare le esportazioni di tecnologie green verso il gigante orientale. Nei prossimi dieci anni, la Cina ha infatti in programma una spesa di 470 miliardi di euro solo nel settore dell’acqua e, riconosciuta la superiorità del know-how europeo riguardante la gestione idrica, la protezione delle risorse idriche naturali, e i meccanismi di depurazione delle acque di scarto, ha deciso di affidarsi al vecchio continente per sviluppare una politica di sostenibilità ambientale più strutturata.
Nel frattempo, a Bruxelles, lo scorso 12 marzo la Commissione Europea ha adottato una nuova proposta per la contabilizzazione delle emissioni dei gas a effetto serra nel settore forestale e in quello agricolo, settori ancora privi di una normativa UE a riguardo. Per comprendere l’importanza della proposta, basti pensare che aumentare la quantità di carbonio “intrappolato” nei terreni agricoli e nelle foreste di soli 0,1 punti percentuali, ad esempio mediante una migliore gestione forestale o dei pascoli, permetterebbe di eliminare l’equivalente delle emissioni annue nell’atmosfera di 100 milioni di automobili.
Fino ad oggi gli sforzi degli agricoltori virtuosi e le buone pratiche dei proprietari di foreste per trattenere il carbonio presente nelle foreste e nei suoli, non erano invece riconosciuti, anche a causa della difficoltà di ottenere dati affidabili e alla mancanza di norme comuni sulla contabilizzazione delle emissioni e degli assorbimenti. Ora, in seguito alla decisione della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) circa le nuove norme di contabilizzazione del carbonio, adottata nel dicembre 2011, l’UE si è decisa a stabilire uno standard comune nella propria politica climatica, fornendo nuove opportunità, ad esempio per ricompensare gli agricoltori per il loro contributo alla lotta contro i cambiamenti climatici nel contesto della Politica Agricola Comune. La proposta della Commissione dovrà adesso essere presentata al Parlamento Europeo e al Consiglio, per approvazione, nell’ambito della procedura legislativa ordinaria dell’Unione.
Donatella Scatamacchia