Sole nero, l’ecothriller sulle energie rinnovabili
Per la rubrica “Racconti d’Ambiente” pubblichiamo oggi un estratto del libro “Sole Nero” di Marco Righetti, edito da Leone Editore (pag. 132 , 6.00 euro).
Al telefono la voce è concitata, la comunicazione rotta da vuoti. Impossibile decifrarla, le parole sbattono contro un muro.
Me le ripete più volte, finalmente giungono monosillabi.
Non riesco a domandargli che accidenti è successo, perché mi sveglia in piena notte, dimenticando che il fuso orario è lo stesso. Pensa che io possa raggiungerlo in tempo per studiare l’emergenza? Ma perché mio fratello queste improvvise angosce non le spara in faccia a chi lavora lì, migliaia di chilometri a sud di Milano?
Gira il mondo molto più di me, sono secoli che non lo vedo, forse ha cambiato faccia. Chissà se gli è rimasto quel vezzo di sorridere subito, come a dire: sì, quello che dici è la cosa più naturale al mondo, puoi parlarmi tranquillamente, io la sapevo prima di te.
Già altre volte gli è capitato di dover partire all’improvviso per l’Africa. L’anno scorso lo convocarono per lo smantellamento di una centrale nucleare in Spagna. Alcuni giorni dopo la società lo spedì in Sudan. Doveva partecipare al collaudo di impianti fotovoltaici con tecnologia a film sottile.
«Com’è il Sudan dall’aereo?» gli chiesi al telefono.«Una terra ferita da rughe profonde, ancora sanguinante.»
«Quando avrai terminato l’installazione, i pannelli scintilleranno.»
«Ma quella terra sanguinerà ancora, ci saranno sempre le macchie scure delle fosse in cui sono finiti i civili massacrati dalle forze governative. Nessun futuro potrà mai cancellare la storia.»
«Talvolta la storia cancella il futuro.»
Una settimana fa la nuova chiamata. L’avevano avvertito di tenersi pronto.
Era stata una giornata intensa, di quelle che ti senti addosso come un vestito che non ami più. Avevo rigovernato casa quel po’ che basta, quando si lavora tutti e due capita di lasciarla nel caos. Alissa era appena rientrata dopo il suo giro di farmacie, annunciata da quel suo passo svelto, marziale, quasi dedotto da un ragionamento temerario, con le domande a fior di labbra che non abbiamo più il coraggio di farci. Il lancio della borsetta sul divano, la busta dell’Upim gonfia. Già vaga va agitata alla ricerca di qualcosa, no, se pensi che sia stato io ti sbagli, non ti ho toccato nulla, e scusa se condivido ancora questa casa, cercherò di vivere senza rumore.
Dovevo leggere un rapporto sismo-stratigrafico per accertare i fattori di pericolosità geologica. Il lavoro mi segue sempre: è un secondo cervello che lavora per conto suo e poi relaziona al mio, interrompendo un discorso,un pensiero, ed esigendo ascolto.
Il cellulare aveva rilasciato un flash e un avviso sonoro. Se fossi stato sul corpo di lei mi sarei sentito un attimo infastidito, ma ormai non corro più questi rischi, purtroppo. Il messaggio si era allargato sul display.«L’Africa mi chiama ancora, anche se non sono Schweitzer. È un’attrazione a cui non posso resistere, anche perché mi pagano per lasciarmi attrarre. Vado nel deserto.»
Con la stessa semplicità con cui, in un normale pomeriggio milanese, comunichi che rincaserai alle nove, se per caso qualcuno t’aspettava prima. Il testo concludeva: «Federico, non illuderti, non ti salverai nemmeno tu». Dal deserto? Il deserto giungerà a Milano? Guarda, Gian Mario, che qui non c’è posto per accoglierlo, la convivenza fra individui e storia riempie quartieri, non puoi spingere cancel sulle cronache di misteri lobby logge stragi e omicidi: è tutto presente. Premendo il tasto random c’è la Milano di Stendhal e Manzoni, di Gadda e Quasimodo, la Milano di Eusebia,Bianca di Savoia, Caterina Sforza, Cecilia Gallerani. Milano è affollata più che mai, basta una parola per toccare il passato: la vita ti viene addosso con un clic. Se metti il dito sullo schermo, tocchi anche chi è morto. Così sono tutti vivi: no, Gian Mario, Milano al momento è lontanissima dal deserto.«È imprudente che tu vada in Algeria, rinuncia all’indennità di missione e resta qui.» Non so perché gli avevo detto così al telefono, subito dopo il messaggio.
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Marco Righetti*
*Marco Righetti romano, classe 1958, è un ex avvocato penalista e si sta laureando per la seconda volta in Lettere. Vincitore di numerosi premi letterari per teatro, poesia e narrativa, è presente su numerosi blog e collabora con testi e recensioni a varie riviste letterarie