Silvia Beccaria: fili e fiori per rappresentare la dualità della natura
Quando un filo si trasforma in opera d’arte. È quello che fa Silvia Beccaria, artista tessile esponente della Fiber art, corrente creativa nata negli anni Cinquanta nell’ambito dell’espressionismo americano. Originaria di Torino, classe 1965, Silvia ha seguito un percorso di studi ed esperienze che l’ha portata a realizzare opere esposte in numerose mostre d’arte e design in Italia e all’estero. Alcuni suoi lavori sono presenti in collezioni permanenti di Fiber Art. E dal 29 gennaio al 18 febbraio 2015 lo spazio espositivo Internocortile ospiterà Senza perdere il filo, la sua prima personale a Torino.
D) Silvia, in cosa consiste la Fiber Art e perché l’hai scelta?
R) La Fiber art, per varie ragioni storiche e sociali legate al tessuto, ricollegato tradizionalmente a una funzione pratica e al mondo femminile, ha avuto molta difficoltà ad essere accettata come linguaggio autonomo e creativo. In realtà sono molti gli artisti che, come me, hanno scelto di esprimersi direttamente con il tessile, dunque utilizzando il telaio a mano come strumento di sperimentazione artistica più che di produzione. Io sono sempre stata affascinata dalla materia sulla quale le mani possono agire per ottenere una “forma”, ho trovato nell’arte tessile il linguaggio a me più congeniale. Dopo parecchi anni di formazione alle prese con trame e orditi, ho capito che quello era il mio mondo, ci sono rimasta e ho trovato in quest’arte il mio strumento espressivo: così posso dipingere, ma dipingere con il filo!
D) Quali sono i tuoi materiali naturali preferiti e perché?
R) In realtà non ci sono materiali naturali preferiti, in quanto i materiali naturali che utilizzo nelle mie opere – semi, legno, carta – sono frutto di una ricerca che segue l’ispirazione e che rappresenta al meglio il concetto che voglio in quel momento esprimere. Per esempio, per la realizzazione di alcune opere dal titolo “Donne in Fiore”, ho utilizzato come materiale naturale i fiori veri, ma secchi, della camomilla, dell’ortensia, del papavero, perché volevo rappresentare il ciclo della natura ed esprimere la dualità della natura stessa, la vita e la morte. I fiori, simboli di una natura brulicante di crescita e satura di colori e di profumi, rimandano al rinnovamento ciclico del mondo naturale: appassiscono, sfioriscono e seccano per rinascere ogni primavera. Le mie opere ”Donne in Fiore” 2010 esprimono proprio questa dualità: i fiori colorati e profumati sono allo stesso tempo secchi e sfioriti, a rappresentare i due ritmi che scandiscono la vita. Ogni cosa che nasce muore e ogni cosa che finisce è inizio di qualcos’altro.
D) Utilizzi anche materiali di recupero?
R) No, ma estendo la definizione di “fibra” anche a prodotti industriali, anonimi, marginali, come pvc, gomma, plastica, lattice, poliuretano, ai quali parrebbe difficile conferire qualità estetiche, ma che per me possiedono un alto valore: la loro “tessibilità” e la possibilità di trovare in essi la costruzione di una trama per un nuovo racconto.
D) Perché hai scelto la fluorescenza marina come fil rouge per le tue ultime opere?
R) Grazie a una mostra-concorso presso il Museo della Scienza di Napoli sul tema delle diatomee (alghe unicellulari) e grazie a un amico artista che mi ha introdotto a un materiale luminescente, mi sono tuffata in un mondo di architetture naturali, di forme, di luci che risalgono dagli abissi, di microcosmi invisibili dall’infinita bellezza naturale, tessiture misteriose di forme e colori in continuo movimento ed evoluzione: veri e propri gioielli dell’acqua che mi hanno dato una forte ispirazione. Mi è sorto così il desiderio di rappresentare il mondo marino, dando vita ad arazzi luminescenti che raccontano quanto il mondo acquatico mi ha suggerito.
D) Quanto la natura ispira i tuoi lavori?
R) Sicuramente la natura è al primo posto come fonte di ispirazione, perché è già di per se stessa, in tutte le sue manifestazioni, un’opera d’arte. Le forme e i colori dei semi, le foglie, i frutti, gli organismi marini mi ispirano attraverso la loro bellezza, suscitando il desiderio di esprimere attraverso il tessuto ciò che evocano in me.
D) Quanto è importante l’ambiente per te?
R) L’ambiente è una parte integrante della nostra vita, rispettarlo è importante per il presente e per il futuro, nostro e degli altri.
D) Pensi che la sensibilità ambientale si possa insegnare anche attraverso un’arte come la tua?
R) Arte fa sensibilità e la sensibilità fa arte. Penso che l‘arte educhi innanzi tutto alla bellezza. La bellezza sviluppa sensibilità e di conseguenza sensibilità ambientale.
D) Quali saranno i tuoi progetti futuri?
R) Uno dei miei sogni per il futuro è che, in questo difficile momento storico, l’arte, la cultura, invece di essere così poco sostenute, possano essere promosse con maggiore impegno e intensità, poiché il loro ruolo principale rimane quello di educare alla bellezza. Altro sogno è poter continuare a fare il mio lavoro con amore ed arrivare a farlo apprezzare a un pubblico sempre più ampio, per sfatare quei pregiudizi nei riguardi di un’arte ritenuta più “povera” e “minore”: ci sono bravissimi artisti tessili che lavorano i fili come lo scultore plasma il marmo e il pittore dipinge forme e colori.
Daniela Falchero