Sebigas: il rifiuto agricolo che diventa energia
In natura nulla si distrugge, tutto si trasforma. E’ questo l’assunto da cui parte l’avventura imprenditoriale di Sebigas, l’ultima nata di Seci Energia, sub-holding del Gruppo Industriale Maccaferri di Zola Predosa (BO), che a dicembre è diventata una SpA da un milione di euro di capitale, grazie alle previsioni di fatturato per il 2011, che balzano da 15 a 50 milioni di euro.
Com’è possibile in tempi di crisi? E’ il bello della green economy, che offre, agli imprenditori più lungimiranti, la possibilità di trasformare un problema in una opportunità di business. Seci ha già vissuto questa esperienza nel 2006, con la chiusura di 6 su 7 zuccherifici a marchio Eridania, in seguito alla riforma europea per regolamentare le quote di produzione dello zucchero. “Per rispondere a questo tsunami il gruppo ha avanzato una proposta di riconversione“, ci spiega l’Ing. Raimondo Cinti, amministratore delegato di Seci Energia e presidente di Sebigas. “Visto che gli zuccherifici sono degli impianti fortemente energivori da sempre siamo partner in attività di cogenerazione. In questo caso abbiamo deciso di unire le competenze maturate dal nostro gruppo nel settore agro-industriale con quelle del settore energetico per avviare un processo di produzione da biomasse e oli vegetali attraverso il progetto Power Crop“.
Ma ora la sfida si allarga. Se Power Crop consentirà infatti di produrre 150 MW di energia utilizzando le coltivazioni non food dei terreni un tempo dedicati alle barbabietole da zucchero, Sebigas fa un passo in più arrivando a valorizzare tutti i rifiuti e sottoprodotti della filiera agricola e zootecnica (residui colturali, vinacce, bucce di pomodoro, stocchi di mais, letami e liquami da allevamento ecc.), e cioé trasformandoli, grazie a un processo di fermentazione anaerobica, in biogas - utilizzabile per generare elettricità e calore – e digestato, un fertilizzante stabilizzato e inodore in grado di sostituire i concimi chimici di sintesi.
“Questo sistema”, ci racconta Cinti, “offre agli agricoltori un’importante forma di integrazione al reddito e risolve anche il problema degli spandimenti sollevato dalla cosiddetta direttiva nitrati e nitriti“. Per questo a Villa di Tirano, in provincia di Sondrio, 20 produttori locali, appoggiati dalla Fiper, hanno deciso di conferire, già dal 2009, i propri residui agricoli e zootecnici, dando vita al primo impianto italiano di biogas a capitale misto in territorio montano. Un esempio virtuoso in grado di produrre a regime 3 milioni e 780 mila kilowattora, con un abbattimento di circa 200 tonnellate di CO2.
D) Ing. Cinti quali sono i benefici per gli agricoltori?
R) Grazie alla tariffa onnicomprensiva, garantita per 15 anni, il reddito per l’agricoltore é certo, così come il rientro dell’investimento in 4/5 anni. Senza dimenticare il beneficio di ottenere anche energia termica gratis, utilizzabile in azienda per l’acqua calda, le serre o gli essicatoi.
D) Ma a chi si rivolge, in particolare, questa tecnologia?
R) Le aziende agricole interessate a impianti da 1 MW hanno solitamente una taglia tale da gestire qualche centinaio di ettari di terreno. Ma possono anche essere produttori più piccoli che si associano. Quando poi un cliente ci voglia come partner noi siamo disponibili ad affiancarlo anche nell’investimento, oltre che attraverso un’assistenza tecnica continuativa. Impegnarsi a fianco dei propri clienti è un’evidenza del fatto che siamo noi i primi a credere nella bontà del progetto.
D) Dal biogas è possibile anche raffinare il biometano, che potrebbe ulteriormente contribuire a rivoluzionare il mestiere del contadino e renderlo più remunerativo. Si è parlato addirittura di “distributore del contadino“: è una prospettiva futuribile o a portata di mano?
R) Questi impianti sono come una mucca: dipende cosa le si dà da mangiare! Il biometano è cioè funzione di cosa viene immesso nel digestore. Entrare nel circuito del gas civile è tecnologicamente possibile, l’importante è regolamentare adeguatamente questo processo. Sebigas tende a suggerire, ai propri clienti, una “dieta” che sia frutto dei prodotti agricoli dell’azienda: definito un input lei sa infatti cosa ottiene come output. In Germania si è già arrivati al “distributore del contadino”, ma in Italia l’importante è che la produzione sia normata in maniera precisa, per evitare di recare danni alle automobili e consentire uno sviluppo impiantistico su basi certe.
D) Quali sono dunque le condizioni perché questa rivoluzione possa proseguire?
R) Abbiamo dimostrato, come paese, come classe imprenditoriale e come capacità tecniche di essere in grado di padroneggiare questi sviluppi, però per gestirli correttamente è necessario che i governi creino uno scenario stabile nel tempo, perché si tratta di investimenti ad alta intensità di capitale, che per essere ammortizzati richiedono alcuni anni. L’auspicio è infine che venga omogeneizzato il sistema delle autorizzazioni, soprattutto nelle province. Gli imprenditori devono essere messi nelle condizioni di operare con regole certe e chiare, che siano in Lombardia o in Sicilia.
Andrea Gandiglio