Salumificio Pedrazzoli, la sfida di una filiera tutta italiana e biologica
In Italia sprechiamo il 17% degli alimenti che consumiamo ogni anno. In pratica, buttiamo nell’immondizia la quantità di cibo che servirebbe a sfamare l’intera popolazione del Ruanda, in linea con quanto accade nel mondo, dove nonostante il 12,5% dei sette miliardi di persone che popolano il nostro pianeta sia sottonutrito, oltre un terzo del cibo potenzialmente disponibile per il consumo umano viene buttato via, ovvero 1,3 miliardi di tonnellate di rifiuti all’anno.
Nell’ottica della riduzione degli sprechi, così come indicato anche dalle Nazioni Unite, in Italia c’è una filiera, in realtà, particolarmente virtuosa: paradossalmente è quella della carne. Secondo i dati della ricerca “Il ruolo della carne in un’alimentazione equilibrata e sostenibile” del Centro Studi Sprim di Milano, seppure generi scarti, come tutte le altre filiere alimentari, quella della carne spreca meno. La produzione e il consumo di carne, infatti, generano una quantità di scarti (cibo commestibile “perso” nella filiera produttiva) e rifiuti (cibo buttato una volta immesso sul mercato) più che dimezzata rispetto a frutta e verdura, e pari quasi alla metà dei rifiuti prodotti dalla filiera dei cereali. È infatti nel comparto vegetale che si generano i maggiori sprechi, sempre secondo quanto dimostrato dallo Sprim di Milano.
Una filiera “virtuosa”, quindi, a dispetto di quanto abitualmente si pensa, che conta oggi anche aziende che si sono dedicate al biologico. È il caso del Salumificio Pedrazzoli, dal 1951 sul mercato, che ha affiancato alla produzione dei salumi tradizionali quella biologica. La svolta arriva nel settembre del 1996, quando l’azienda mantovana decide di puntare sulla produzione bio. Oggi è un’azienda a ciclo chiuso, con una propria filiera suinicola, dall’allevamento fino al prodotto finito, uno dei più significativi del Nord Italia. La “Linea Primavera” nasce per rispondere alla vocazione di cercare di ridurre i conservanti con l’obiettivo di coronare un antico sogno: fare i salami senza i conservanti. Grazie anche alla collaborazione con l’Università di Cremona per uno studio sui metodi innovativi di fermentazione, oggi tutti i prodotti della linea Primavera, controllati e certificati dal Consorzio per il Controllo dei Prodotti Biologici di Bologna, sono privi di glutine, di derivati del latte e privi di conservanti e coloranti.
L’allevamento di oltre 10.000 suini segue i principi della zootecnia biologica: i maiali vivono liberi in ampie aree di pascolo, con un rapporto animali-terreno molto basso in modo da salvaguardare sia le esigenze naturali dell’animale sia quelle dell’ambiente, con lettiera su paglia, alimentazione con materie provenienti da agricoltura biologica (con selezionate materie prime nobili: mais, orzo, frumento, crusca, soia), divieto di utilizzo di OGM e sottoprodotti realizzati mediante procedimenti chimici. Anche l’età dei suini è severamente controllata: non possono essere avviati alla macellazione prima del nono mese di vita, in modo da ottenere un peso medio della partita di 160 kg. Inoltre le cure del capo d’allevamento, in caso di malattia, vengono effettuate con medicinali omeopatici e fitoterapici non tradizionali.
E se in Italia nel 2013, oltre 15 milioni di italiani hanno fatto la spesa dal contadino, ai mercati degli agricoltori e nelle fattorie (+25% rispetto all’anno precedente, secondo la Coldiretti), l’obiettivo della linea “Primavera” di accontentare un cliente esigente che acquista i prodotti non solo perché buoni ma anche sani e realizzati nel rispetto della salvaguardia dell’ambiente e della salute, è corretto. “Si tratta di un consumatore colto, attento e sensibile a se stesso e agli altri che abita generalmente in città e che apprezza i nostri prodotti bio, frutto di un processo e di una lavorazione senza additivi chimici, con un procedimento unico nel suo genere, ad oggi non ancora eguagliato da nessuna altra azienda in Italia”, spiega Elisa Pedrazzoli, direttore commerciale per l’estero dell’azienda e vincitrice nel 2010 del Premio Giovane Imprenditore, riconoscimento riservato a titolari o dirigenti d’impresa under 40, in occasione del Premio Impresa Ambiente 2010.
Marta Rossi