Rosenfeld, lo storico spugnificio di Trieste verso la quinta generazione
Tutelare l’ambiente, per tutelare il proprio business. Un gioco win-win molto pragmatico, dove risultano tutti vincitori. Questa è la green economy. Ed è anche la strada intrapresa da una storica azienda di Trieste: la Rosenfeld, spugnificio attivo in città già nel 1896, ai tempi dell’Impero Austro-Ungarico. Commercio, affari e salvaguardia ambientale convivono, grazie all’ accordo stipulato nel 2006 con il Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università degli Studi di Trieste ed il Cape Eleuthera Institute delle Bahamas, per realizzare progetti di ricerca sulla biologia e l’accrescimento di alcune pregiate specie di spugne.
L’obiettivo è preservare la mediterranea Spongia officinalis e le tropicali Spongia pertusa e Spongia tubulifera. Il metodo scientifico ce lo spiega Elena Pesle, responsabile aziendale del progetto, che parla di “realizzazione di allevamenti estensivi in particolari aree marine e lo studio, anche in cattività, delle caratteristiche riproduttive di questi organismi”. I benefici ambientali? “La presenza di un gran numero di esemplari concentrati in aree ristrette permetterebbe una massiccia dispersione larvale contribuendo così ad un naturale ripopolamento. Inoltre le strutture adibite all’allevamento potrebbero fungere da artificial reef costituendo cioè nuovi substrati colonizzabili anche da altri organismi, nonché aree di riparo e nursery per diverse specie ittiche, contribuendo così ad elevare la biodiversità dell’area interessata all’allevamento. La ricerca deve ancora dare i suoi risultati, ma siamo orgogliosi del nostro contributo”.
C’è anche una “lotta ambientale” portata avanti in Adriatico: “bisogna avere specchi d’acqua protetti e dedicati per preservare le spugne dagli ancoraggi e altre attività che potrebbero danneggiarle. Abbiamo sensibilizzato i pescatori, con cui abbiamo sempre avuto un grande rapporto di collaborazione – racconta Elena – La realizzazione delle colture si ha prelevando solo parti di esemplari naturali, evitando così la rimozione completa dell’animale. Un metodo che sfrutta la naturale capacità di rigenerazione corporea delle spugne, molte specie, infatti, sono in grado di rigenerare interi organismi partendo anche da piccoli frammenti. Il progetto per gli allevamenti l’ho seguito personalmente e l’azienda l’ha sostenuto economicamente, senza dimenticare l’aiuto arrivato con i fondi europei“.
Sono queste le nuove sfide – ai tempi dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento diffuso – che deve affrontare anche un’impresa dalle radici antiche. L’azienda fu fondata 121 anni fa da Davide Rosenfeld, il quale passò poi il timone ai figli Paolo e Riccardo, che tramandarono il saper fare al figlio Davide, a cui sono successe Ester e Mary, quest’ultima mamma di Elena che, a breve, prenderà le redini di un marchio simbolo di Trieste. Siamo dunque alla quinta generazione. C’è la tecnologia, ma resiste la tradizione basata sui rapporti umani: “conosciamo le famiglie dei pescatori, anche ai Caraibi, andiamo personalmente sui luoghi di pesca a vedere il pescato. E’ un mestiere molto particolare che si tramanda di generazione in generazione, i figli continuano ad esercitarlo come i padri. Le spugne crescono in profondità e nelle solite zone, fa parte del bagaglio culturale del pescatore conoscere bene questi ambienti. Si raccolgono le spugne, ma rimangono delle cellule che faranno ricrescere le nuove spugne”.
Preservare la materia prima è fondamentale perché “finora non esiste ancora una spugna sintetica con caratteristiche uguali a quelle naturali. Come una maglietta di cotone e una sintetica, al tatto è tutta un’altra sensazione; poi non rilasciano alcuna sostanza, sono delicate e le più indicate per le pelli sensibili. Inoltre sono anallergiche e aiutano a preservare la salute della pelle”.
Gian Basilio Nieddu