Rinnovabili: l’Unione Europea è un leader dal passo troppo lento. Parola di EEA
L’Unione Europea, pur restando un attore che gioca “un ruolo di primo piano nello sviluppo di fonti di energia pulita”, ed essendo ai vertici mondiali “per quanto riguarda l’occupazione nel settore delle energie rinnovabili”, procede ancora a passo lento. Troppo lento.
È quanto si legge nel nuovo rapporto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) dal titolo “Renewable energy in Europe 2016: recent growth and knock-on effects“che rende una panoramica sull’impatto e la produzione di energia da fonti rinnovabili nel Vecchio Continente.
In effetti, i dati messi in chiaro dall’EEA mostrano che le fonti di energia rinnovabile hanno un ruolo chiave nella transizione energetica dell’Europa e sono complementari alle politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici, migliorando al contempo la sicurezza energetica del Continente. Nel 2014 il consumo finale lordo di energia è stato coperto per il 16% da fonti rinnovabili, quando solo nel 2012 era al 14,3%. Guardando all’era pre-crisi (anno 2005), questo significa una riduzione nella domanda di combustibili fossili di 110 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep), che equivale ad una riduzione lorda delle emissioni di gas serra per 362 milioni di tonnellate (Mt). A subire il maggior tasso di sostituzione è stato infatti il carbone, il combustibile più inquinante.
Un quadro a prima vista brillante, ma che rispecchia una realtà nella quale si affacciano ancora parecchie zone d’ombra. L’EEA riporta, infatti, che i finanziamenti pubblici in ricerca e sviluppo per le nuove fonti di energia rinnovabile, seppur aumentati tra il 2005 e il 2013, sono cresciuti ad un ritmo più lento rispetto agli anni precedenti. Un dato che rende reale il rischio di “perdere” le tecnologie chiave di domani. Nel campo degli investimenti in tecnologie rinnovabili, l’UE, del resto, è stata già superata nel 2013 dalla Cina.
Nel caso degli impieghi nel settore, nel 2014 le energie rinnovabili contavano oltre un milione di addetti, generando un giro d’affari stimato in circa 143,6 miliardi di euro. Tuttavia, tra il 2013 e il 2014 il numero degli occupati nel settore è diminuito, passando dagli iniziali 1,15 milioni agli attuali 1,11 milioni posti di lavoro (-44 mila unità).
Lo stesso percorso si registra se si scende nel dettaglio di alcuni Stati Membri. Germania, Italia e Spagna hanno raggiunto la più grande riduzione del consumo domestico di combustibili fossili e delle relative emissioni di gas serra. Questo nel 2013. Tuttavia, se prendiamo il nostro Paese, vediamo che “sta mollando la presa”. L’Italia, dopo anni di relativi successi, si è incamminata su un percorso più simile a quello del resto del Continente.
C’è poi un ulteriore aspetto dello sviluppo sostenibile affrontato nel documento, quello dei flussi di materia. Il direttore esecutivo dell’EEA, Hans Bruyninckx, spiega che attualmente il nostro uso delle risorse naturali “non è sostenibile e sta creando eccessiva pressione sul nostro Pianeta. Abbiamo bisogno di facilitare una transizione verso un’economia circolare”, andando oltre la sola gestione dei rifiuti e il loro riciclo ed intervenendo a monte dei processi produttivi, con investimenti significativi in innovazione. “In Europa e nel mondo – continua Bruyninckx – stiamo consumando ed estraendo più risorse di quanto il nostro pianeta possa ricrearne in un dato momento. Un’economia circolare si sforza di ridurre il ‘flusso’ di nuove risorse, in particolare di quelle risorse non rinnovabili”.
Secondo il direttore dell’EEA, oggi nessun Paese ha centrato il duplice obiettivo “di vivere bene all’interno dei propri limiti naturali, ma ci sono alcuni segnali incoraggianti”. L’Unione Europea ha iniziato a spezzare il legame tra crescita economica e consumo di energia e materiali. Un’ambizione tutt’altro che sufficiente per rimanere ai vertici dell’economia circolare a livello globale. Il benessere dei cittadini UE dipenderà strettamente dalla capacità dell’Europa di “tornare ad accelerare”. Di saper anticipare le mosse sul piano tecnologico e culturale rispetto ad altre realtà come USA o Cina.
Beatrice Credi