Riccardo Dalisi: dai “rifiuti preziosi napoletani” al gioco educativo dell’arte
Opere d’arte d’autore, a partire dalle carte delle caramelle raccolte per strada. Quando Riccardo Dalisi dice che occorre riappropriarsi “dal basso” del nostro patrimonio paesaggistico e culturale, intende proprio il gesto fisico del raccogliere il rifiuto. Che poi, rifiuto in questo caso non è, ma quadro. Il papà della pluripremiata caffettiera napoletana dell’Alessi, con cui ha vinto il Compasso d’Oro e altri premi prestigiosi, è stato tra i primi artisti italiani ad inventare il concetto di sostenibilità applicato al design industriale. Le sue opere sono sparse per i musei e le collezioni di mezzo mondo, dal Design di Denver, al Zitadelle Spandau di Berlino, fino alla Biennale di Venezia e al MoMa di New York.
Da questa settimana, fino al 3 luglio, le gigantografie dei suoi celebri “gioielli” sono esposti a Roma, alla galleria Utopia dell’artista centramericano Francisco Cordoba, insieme ai collages delle “Donne in carta di caramella”. Il progetto è di Legambiente e ha il titolo evocativo di “Paestumanità”: consiste nel raccogliere fondi per acquistare i lotti interni alle mura antiche della colonia greca di Poseidonia-Paestum, in provincia di Salerno, ancora di proprietà privata. Legambiente lancia il suo appello alla comunità internazionale, per accendere i riflettori su un bene riconosciuto patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, ma tuttora di fruizione limitata. Dentro l’area abbracciata dalle mura greco-romane, i terreni sono sottoposti ad agricoltura meccanizzata, con conseguenze nocive per la conservazione delle strutture non ancora riportate alla luce. La proprietà privata, nella proposta di Legambiente, può essere sostituita, in mancanza di fondi ministeriali, con un proprietà “diffusa” cui ogni cittadino, ente, associazione, istituzione contribuisce, partecipando dal basso al processo di riappropriazione del nostro patrimonio paesaggistico e culturale.
D) Dalisi, che pubblico ha incontrato, riproponendo a Roma i suoi gioielli e le donne di carta riciclata?
R) Un pubblico molto sensibile. In mostra ci siamo sia io che mia moglie, che espone un libro di poesie e fotografie sugli alberi. La Natura è importante per noi oggi, c’è un ritorno di amore verso colui che ci ospita, il verde. Dopo tanto trionfo della tecnologia che ha mostrato i suoi limiti, sin dagli anni ’70 la mia didattica punta al recupero dei materiali di scarto, tutto all’insegna di uno sguardo diverso i residui di ciò che si è prodotto. Forse non abbiamo saputo operare in modo oculato, misurato. Mancava un tassello tra la produzione e la spazzatura, che si sta ricomponendo e ci dà slancio verso l’immaginazione. Lavorando in quartieri difficili e degradati sotto tutti i punti di vista, come al Rione Traiano a Napoli, io mi sperimento come se fossi un ragazzo. Il recupero è sì delle materie, ma anche degli uomini, dei giovani che difficilmente vengono valorizzati in ambienti trascurati e depressi.
D) Lavora ancora a Scampia?
R) Eccome. Sto cercando di valorizzare un giovane che sta mostrando la sua genialità, sto cercando di aiutarlo a fare cose sorprendenti, recupero le potenzialità che sono state emarginate. A proposito di rifiuti, invece, una volta ricordo che salii a Torino per un convegno. Raccattai tutti gli scarti del mio studio e li misi in alcune buste, con etichetta. Li distribuii ai partecipanti, architetti e artisti venuti da tutto il mondo. Li chiamai “rifiuti preziosi napoletani”. Per fare capire alla gente, ecco cosa scartiamo, cose utili, artistiche.
D) Lei è uno dei pochi che ha ancora fiducia in un ruolo educativo dell’arte…
R) Sto trovando talenti nascosti, bambini straordinari. Mi sorprendono continuamente, sfidandomi. Dato che io da piccolo sapevo disegnare bene i cavalli, hanno voluto farlo anche loro, realizzando cose così interessanti che sembrano tra le migliori cose dei primitivi, pieni di colori, di forza. Bimbi di 7-8 anni nascondono una potenzialità ancora così fresca e gioiosa, fiduciosa nella vita, abbiamo bisogno di loro, della solidarietà che può nascere.
D) Lei come riesce a conquistarli?
R) Li faccio giocare all’arte. Sono un uomo retrò nel miglior senso della parola. I computer a lungo andare appiattiscono. Bisogna operare con le mani, riconquistare il sapore del mondo. Far cantate e suonare i materiali, non solo la mente è creativa. Non nasce solo dalle idee, ma è partecipazione. Con loro, ma anche con gli adulti, creo sinfonie con il suono della carta. Li sorprendo e le loro reazioni sono sempre di gioia, di spontaneità.
D) Crede in un mondo meno inquinato?
R) Le cose vanno secondo una loro forza d’inerzia. Si continua a distruggere perché non si sa fare altro. Ad aprire una nuova strada, un’origine pulita del mondo, tocca a noi che abbiamo ancora il palpito dell’entusiasmo, penso a me che ho 82 anni, e ai bambini. Io sono la testimonianza che, da persona anziana, ha voglia ancora di scoprire, giocare con le cose. Ora, sul mio terrazzo, a Roma, ci sono tante rondini che girano in cielo. Ricordo quel libro del filosofo Adolf Portmann, che spiegava il circuitare delle rondini come un modo di essere nel mondo. Le rondini continuano a disegnare il cielo, nonostante tutto ciò che ruota loro attorno…
Letizia Tortello