Remo Girone, un attore per l’acqua
Il suo volto si è legato negli anni ’80 al personaggio di Tano Cariddi, un villain di grande caratura protagonista del famoso sceneggiato La Piovra 3, del 1987. Ma Remo Girone è noto per aver calcato palcoscenici di teatro di tutta Italia e aver partecipato a numerose pellicole sul grande schermo. Quest’anno è tornato al cinema con Il bacio azzurro di Pino Tordiglione, assegnatario di un riconoscimento speciale del Green Drop Award nell’ambito della kermesse cinematografica di Venezia.
D) Girone, lei è stato anche Presidente della Giuria del Green Drop Award, come descriverebbe questo premio?
R) Green Cross è un’organizzazione con progetti realmente validi e il Green Drop Award è diventato un riconoscimento importante. Quest’anno lo abbiamo assegnato a un film cinese, un film bellissimo e molto potente. Probabilmente avrà una vita difficile in patria, perché è chiaramente un film contro l’inquinamento del mondo, del denaro e dei corpi umani.
D) Ci parli più nello specifico di questo film…
R) La pellicola si chiama Behemoth, firmata del regista cinese Zhao Liang. Si ispira alla Divina Commedia e si compone di tre parti: inferno, purgatorio e paradiso. Ma il paradiso non è che un paradiso artificiale, costituito da intere città che in Cina vengono costruite puramente per fini finanziari, in realtà sono luoghi completamente disabitati. L’inferno è costituito, invece, dalle miniere di carbone, posti di estensione enorme dove la gente tuttora muore. Mentre la seconda parte, il purgatorio, è costituito dagli altiforni e anche in questo caso veder lavorare queste persone sofferenti ti strappa il cuore. È un film che tutti dovrebbero vedere…
D) Lei è tonato protagonista anche con “Il bacio azzurro”, cosa l’ha convinta a partecipare a questo film?
R) Il personaggio che interpreto è un nonno che spiega al suo nipotino l’importanza dell’acqua. Io ho molti nipoti e mi è piaciuta l’idea di partecipare a un film che avesse a cuore una tematica così importante, interpretando peraltro il ruolo di un bravo nonno.
D) Il film ha un approccio originale al problema dell’acqua, cosa ne pensa dei film a tematica ambientale?
R) Film di questo tipo sono decisivi in questo momento, non solo perché è il problema del giorno, ma anche perché è una questione fondamentale sapere cosa lasciare alle prossime generazioni in un mondo così devastato. In questo senso, il cinema è un’arma potente di propaganda e permette di far capire, attraverso un linguaggio semplice, grandi problematiche.
D) Qual è invece il suo rapporto personale con l’ambiente?
R) Sono nato in Eritrea e ho vissuto lì fino a 23 anni. Ho sempre avuto l’idea dei grandi spazi. E anche qualche anno fa, quanto ho dovuto fare un Cechov, il regista ci ha portati in Russia per capire i grandi spazi, è stata un’esperienza toccante. In questi Paesi si possono fare anche 100 km senza incontrare un essere umano. Sono luoghi che oggi hanno molti problemi, ma in molte aree la natura è ancora incontaminata. Spesso invece in Italia sento che le nostre città vengono utilizzate come si utilizzerebbe uno strofinaccio vecchio ed è uno sbaglio perché noi viviamo lì! E questo va ricordato, soprattutto alle giovani generazioni.
D) Ha un “vissuto” dell’acqua legato al periodo che ha trascorso ad Asmara?
R) In Eritrea la considerazione dell’acqua è molto importante. In certe zone, quando vivevo lì, ricordo che si vedevano pozzi e file di persone che andavano a prendere l’acqua. L’accesso all’acqua, così come anche al cibo, è una ricchezza fondamentale e questa è una delle cose che uno capisce bene quando la vede con i propri occhi.
Daniela Falchero