Regenesi, ovvero la trasformazione dei rifiuti in bellezza
Di economia circolare oggi si parla anche nei programmi televisivi nazionalpopolari della domenica pomeriggio e fioccano i finanziamenti. Certificato di successo. Dieci anni fa erano però argomenti quasi da carbonari. Dieci anni fa ci si buttò, tra i pionieri, Maria Silvia Pazzi. L’imprenditrice ravennate, vista l’abbondanza dei rifiuti di Napoli – allora in piena emergenza – pensò che, come per il maiale non si butta via niente, anche di tutto quel capitale abbandonato per le strade si potesse fare qualcosa. Più che riciclare pensò a rigenerare. Da qui il nome dell’azienda, che nel 2018 soffia su 10 candeline.
Regenesi permette a Maria Silvia di unire diversi interessi: “Volevo studiare architettura e mi sono laureata in economia. Sono riuscita ad unire i due percorsi”. Oggi Maria Silvia è CEO di Regenesi che si occupa di creare oggetti di ecodesign – per la casa, per l’ufficio, ma pure accessori di moda – poi commercializzati sul proprio sito, negli e-commerce specializzati in prodotti di “lusso sostenibile” e negli shop di numerosi musei.
Un traguardo riconosciuto anche dall’inserimento di Regenesi tra i 100 “campioni” dell’economia circolare Made in Italy, selezionati per il rapporto “100 Italian Circular Economy Stories” di Fondazione Symbola. Ma Maria Silvia sa che non si vive di soli premi, applausi e articoli di giornale. “Hanno parlato di noi prestigiose riviste internazionali, abbiamo collaborato con fondazioni ed istituzioni in eventi e mostre importanti, ma solo col tempo abbiamo raccolto i frutti, sta succedendo ora“. Perché Regenesi è riuscita a superare “la barriera psicologica all’acquisto di un prodotto rigenerato, che sia ‘buono’, ma bruttino…”. Se il prodotto invece è anche bello, se estetica e sostenibilità ambientale vanno di pari passo, allora funziona.
“Regenesi non è un progetto o una sperimentazione“, è già industria, precisa senza polemica l’imprenditrice, giusto per rivendicare una differenza ontologica dalle tante idee su carta che nascono come funghi, raccolgono magari qualche finanziamento e poi finiscono nel nulla. “Qui non parliamo solo di stile, ma anche manifattura Made in italy, con materiali rigenerati. Rifiutiamo l’idea di fare prodotti se non sono fatti bene“.
Oltre all’arte ci vuole però anche passione per vendere “rifiuti rigenerati”, quella passione contagiosa, capace di coinvolgere anche chi è più grande di te. “Prima ancora di andare dal notaio siamo stati affiancati da designer famosi nel mondo. Hanno colto il nostro spirito. Non conoscevo nessuno eppure ho contattato dei ‘guru’ e mai nessuno si è rifiutato di collaborare. I veri creativi guardano sempre al futuro e avevano già capito che il mondo andava verso questi temi. Non sapevano nulla di questo mondo e abbiamo attivato sinergie e scambi”.
Collaborare con grandi realtà ha fatto bene all’azienda bolognese, che ha costituito anche un comitato scientifico, che vede insieme Marco Vacchi, Italo Minguzzi, Maria Cristina Maccaferri Zecchini, Loris Reggiani, Alfredo Montanari. Personalità importanti del sistema imprenditoriale, che hanno scelto di contribuire al viaggio di Regenesi prima ancora che avesse il vento in poppa. ” Sono contributi importanti, siamo un’azienda cognitiva con una grande capacità: il saper gestire“.
Ma, al di là della filosofia aziendale, come sono fatti i prodotti? “Sono mono-materici, fatti cioè da un solo materiale e quindi riciclabili a loro volta, pensati ad incastro per essere facilmente smontati. Ci sono sempre degli accorgimenti. Per me sono tutti dei ‘cari figli’, tutti rappresentano una sfida, tutti ricordano le nottate trascorse per ottenere il risultato”. Usabilità, creatività e vendibilità, dunque. Più un tocco fashion che sta regalando importanti soddisfazioni nel settore della moda.
L’economia circolare, le chiediamo, è ormai radicata o siamo di fronte ad un’infatuazione passeggera? “Non è neanche più buonismo. Oggi un’azienda non può che abbracciare l’economia circolare perché fa risparmiare. Sempre più imprenditori capiscono che è business. Noi siamo partiti in un periodo dove c’era poco, siamo stati pionieri”. “Non conosco la velocità di affermazione dell’economia circolare – conclude Maria Silvia – ma sta andando forte in Italia. Come sempre partiamo per ultimi, poi recuperiamo. Oggi da noi il 18% della materia è rigenerata contro il 10 della Germania“. Evvai, Italia-Germania di nuovo 1-0!
Gian Basilio Nieddu