Referendum trivelle: il futuro vincerà, con o senza quorum
Matteo Renzi non se n’è accorto, ma ha già perso la sfida con il futuro, comunque vada il referendum del 17 aprile. Con l’invito all’astensionismo e le leggi ad trivellam è finito definitivamente “dal lato sbagliato della Storia”. In realtà non ha mai dimostrato, nemmeno prima, grande sensibilità alle questioni ambientali (nostro articolo del 2014), ma finora era riuscito ad evitare il confronto diretto con la green economy e dirottare l’attenzione sulla sua presunzione di essere “nuovo”, “innovativo”, “dinamico”.
Ma dov’è la novità in Renzi? Non bastano certo la strafottenza “giovanile” o un iPhone sempre pronto a tweettare. Dopo pochi anni a contatto con il potere, quasi fosse una reazione chimica, il “rottamatore” e cacciatore di gufi si è trovato vittima dei suoi stessi incubi, ingrigito dalle frequentazioni fossili, deformato dalle troppe pacche sulle spalle dei lobbisti, incapace di vedere un futuro che non sia solo la sterile autoreferenzialità delle sue “vittorie” in Parlamento e nella segreteria del Partito. E’proprio vero che non sempre l’abito (né l’età) fa il monaco: il compianto Casaleggio, avanti anni luce rispetto al premier, sembrava esteticamente un hippy fuori tempo massimo, il fighetto Renzi, acclamato dai giovani di Maria De Filippi, ha, in realtà, la stessa visione industriale, energetica e ambientale di un democristiano degli anni ’80.
Mentre il suo Governo difende le estrazioni petrolifere, in Olanda si discute di bandire, dal 2025, le auto a benzina e gasolio. Basta guardare la nostra “copertina” di oggi per avere qualche semplice traccia di quale direzione abbia preso il futuro: la formula integrata di mobilità elettrica e servizi di una start up come Spin8, la svolta “verde” del Giro d’Italia, la visione dell’efficienza energetica di un colosso come Schneider Electric. Sono solo alcuni esempi, tra le migliaia, che raccogliamo ogni anno nei nostri articoli. Addirittura un banchiere ottantenne come Giuseppe Guzzetti riconosce oggi che “lavorare in ambito green non è solo una tendenza, negli ultimi tempi, ma anche un’aspirazione di molti giovani”.
Il 22 aprile, in occasione della Giornata Mondiale della Terra, i capi di stato e di governo di 195 Paesi del mondo più l’Unione Europea, firmeranno ufficialmente, davanti al Segretario Generale delle nazioni Unite Ban Ki-Moon, l’Accordo della COP21 di Parigi, che – scrive nel proprio appello al voto Legambiente – “rappresenta l’avvio definitivo del passaggio dai combustibili fossili (petrolio, carbone, gas, responsabili principali del cambiamento climatico oggi in atto) alle energie rinnovabili, al risparmio energetico” e a tutte quelle tecnologie (già in gran parte disponibili) capaci di ridurre l’impatto ambientale e migliorare le condizioni di salute e di vita della popolazione mondiale. Renzi può continuare a crogiolarsi alle parole dei “guru” de noantri, dei Davidi Serra & Tabarelli – lo squalo della finanza con sede a Londra e il venerato presidente di Nomisma Energia (dal quale ho sentito, negli ultimi giorni, le riflessioni più assurde e anacronistiche della settimana televisiva italiana) – ma tanto perderà. Forse non in questo referendum, ma è solo questione di tempo. Pagherà la sua totale mancanza di umiltà e capacità di ascolto, il suo agio a stare con “i vecchi” e i potenti di oggi, la sua incapacità di comprendere i modelli di business più innovativi che nascono ogni giorno e trasformeranno anche il mercato. Presto non gli basterà più il sorriso smagliante alla casalinga di Voghera e l’invito agli italiani più disillusi ad andare al mare il giorno del referendum. Se questo Paese saprà esprimere il meglio di sé, già domenica lo vedremo, altrimenti aspetteremo ancora qualche tempo. Ma la via è tracciata ed è più forte dei singoli politici.
Andrea Gandiglio