Quindici anni di trasporti europei e una sola certezza: il dominio dell’automobile
In queste settimane in cui la maggioranza delle città è rimasta stretta nella morsa dell’inquinamento atmosferico e delle polveri sottili – tra targhe alterne e blocchi temporanei del traffico - l’Agenzia Europea dell’Ambiente ha pubblicato una ricerca in cui analizza il settore dei trasporti, le tendenze ambientali, gli effetti sul clima e la salute e l’impatto che la tecnologia può avere in questo contesto.
La ricerca dal titolo “Evaluating 15 years of transport and environmental policy integration” parte dalla constatazione che il settore dei trasporti interessa l’ambiente in modi diversi. Dalle emissioni di gas serra (GHG) e di altre sostanze dannose, all’inquinamento acustico – è, infatti, la principale fonte di rumore in città – fino alla frammentazione degli habitat.
Nel documento viene analizzata l’evoluzione del settore dei trasporti (merci e passeggeri) e i suoi impatti sull’ambiente a partire dal 2000, compresi gli effetti della recessione economica nel 2008. Concludendo che una decarbonizzazione del settore dei trasporti è fondamentale, ma richiede non solo soluzioni tecnologiche ma anche politiche che stimolino cambiamenti comportamentali significativi, tra cui la corretta tariffazione delle “esternalità” dei trasporti e approcci di pianificazione che incentivino l’uso di mezzi di trasporto sostenibili.
Veniamo a qualche dato significativo. Le emissioni di gas serra prodotte dai trasporti sono aumentate del 19,4% dal 1990. È l’unico tra i principali settori economici europei in cui questo tipo di inquinamento è aumentato. Nel 2013, inoltre, il trasporto ha rappresentato quasi un quarto del totale delle emissioni di gas serra dell’UE (un quinto se si escludono l’aviazione internazionale e le emissioni marittime). Le autovetture private corrispondono, infine, a quasi il 45% delle emissioni del settore dei trasporti. A questa percentuale bisogna aggiungere un ulteriore 20% rappresentato dei veicoli pesanti.
Per quanto riguarda, invece, altre sostanze, come conseguenza di una normativa UE più restrittiva, le emissioni legate ai trasporti di tre importanti inquinanti atmosferici SOx, NOx e PM sono diminuiti nel periodo 2000-2013. Tuttavia, in particolare per il NOx delle automobili diesel, ma anche per la CO2, vi è una differenza crescente tra misurazioni delle emissioni ‘ufficiali’, rispetto alle emissioni veramente misurate. Una realtà mostrata in tutta evidenza dallo scandalo Volkswagen e che desta parecchia preoccupazione in seno all’Agenzia. Anche perché, tra il 2000 e il 2013, la quota di diesel sul totale dell’energia consumata per il trasporto su strada è aumentata notevolmente, a causa degli incentivi finanziari da parte di molti governi europei, finalizzati ad incoraggiare l’adozione di questo tipo di motori (la cosiddetta dieselization, di cui si parla da anni). Una politica che ha, senza dubbio, scoraggiato l’adozione di alternative più green. Il numero di veicoli elettrici, per esempio, è cresciuto di un misero 0,07% sul totale delle autovetture e l’auto resta il mezzo di trasporto in assoluto dominante.
Venendo all’inquinamento acustico, poi, il rumore provocato dal traffico stradale (sia all’interno, sia al di fuori delle aree urbane), è ancora la più importante fonte di rumore ambientale nell’UE. Circa 125 milioni di persone sono state potenzialmente esposte a livelli superiori a 55 dB Lden nel 2012.
Un elemento fondamentale del fenomeno è infine rappresentato dal ruolo della crisi economica. Negli ultimi anni si è infatti verificato un forte calo della domanda di merci e, a seguito di una ripresa limitata, i volumi di trasporto merci, da allora, sono rimasti sostanzialmente stabili (solo nel 2013 il traffico merci è aumentato, occasionalmente, del 7,3% rispetto al 2000), senza perciò che nessuno ne abbia il merito decisionale né politico. Anche se qualcuno ha tentato di fare di necessità virtù.
Beatrice Credi