Parlamento Europeo, voto storico sulla pesca e nuove regole su inquinamento acustico e bracconaggio
Esultano le associazioni ambientaliste di tutta Europa dopo che, il 6 febbraio, il Parlamento Europeo ha approvato con una larga maggioranza (502 voti a favore e 137 contrari) la riforma della Politica Comune della Pesca. Risultato storico ottenuto soprattutto grazie alla sensibilizzazione dei consumatori messi di fronte all’allarmante situazione delle risorse ittiche dei mari. “Oggi abbiamo avviato un percorso che trasforma il mare da ‘miniera’ in cui prelevare, a campo da coltivare” ha dichiarato Guido Milana, vice presidente della Commissione pesca al Parlamento Europeo.
Per decenni, i decisori europei non erano riusciti ad evitare il cosiddetto overfishing, la pesca intensiva nelle acque europee, che ha portato ad un preoccupante declino degli stock ittici. Nonostante nel 2002 gli Stati membri dell’Unione Europea si fossero impegnati a ricostituire gli stock ittici a livelli di sostenibilità (Rendimento Massimo Sostenibile – MSY) entro il 2015, attualmente, il 63% di quelli dell’Atlantico e l’82% di quelli del Mar Mediterraneo sono soggetti a sfruttamento eccessivo. Secondo la Commissione Europea, inoltre, una parte della flotta peschereccia dell’UE ha la capacità di pescare da due a tre volte al di sopra dei livelli di sostenibilità. Il continuo sovrasfruttamento del settore ittico ha, poi, fatto sì che questo subisse subito un calo produttivo, con un tasso di perdita occupazionale pari al 4-5% annuo. Poiché, infine, la quantità e le dimensioni del pescato sono sempre più ridotte spesso vengono catturate anche altre specie non bersaglio, talvolta ancora più vulnerabili. Andando ben oltre quanto già concordato dal Consiglio Pesca, questo voto segna dunque l’impegno a fermare concretamente l’overfishing entro il 2015 e a ripristinare un livello di sostenibilità degli stock ittici entro il 2020.
Guerra aperta, inoltre, al fenomeno del rigetto in mare, che comporta in Europa lo spreco di 1,7 milioni di tonnellate di pesci inutilmente pescati e uccisi, circa il 23% delle catture totali. Questo grazie all’introduzione del principio per cui non sarà possibile pescare più pesce di quanto lo stock sia capace di riprodurre, ma anche grazie alla creazione di riserve di ricostituzione degli stock. A questo si aggiunge il sostegno alla diversificazione delle attività integrative alla pesca, la possibilità di avere più risorse ittiche, e di conseguenza un incremento occupazionale. Si avvierà poi un processo di regionalizzazione che porterà alla creazione di nuovi consigli consultivi, a partire da quello sull’acquacoltura. Il Parlamento Europeo ha, infine, approvato la proposta di premiare quei pescatori che adottino pratiche di pesca sostenibili sia dal punto di vista ambientale che sociale, concedendogli un accesso prioritario alle risorse.
Ora il Parlamento Europeo, il Consiglio dei Ministri della Pesca e la Commissione Europea entreranno in un processo di negoziazione detto trilogo. L’eurodeputata tedesca, Ulrike Rodust guiderà la squadra del Parlamento, mentre il Consiglio sarà rappresentato dal Ministro della Pesca irlandese, Simon Coveney, fino al prossimo giugno. I Ministri si riuniranno alla fine di febbraio per mettere a punto la posizione del Consiglio. Il voto del Parlamento invia tuttavia un messaggio molto chiaro ai Governi europei, che non potranno non prendere in considerazione l’obiettivo prioritario di fermare la pesca eccessiva nell’ UE.
Insieme alle misure contro l’overfishing basate sull’aumento di selettività della pesca, l’auspicio poi è che si mettano in campo adeguate risorse economiche finalizzate al disinquinamento delle aree costiere. In tal senso la Politica Comune della Pesca deve essere accompagnata da un’altrettanta efficace politica ambientale europea.
Da Strasburgo arrivano poi altre due buone notizie. La prima riguarda l’inquinamento acustico. Entro il 2020 il livello del rumore prodotto dalle automobili e dai camion dovrà essere, infatti, ridotto. Gli Europarlamentari hanno votato, a tal proposito, una Risoluzione nella quale chiedono d’introdurre un sistema di etichettatura per le nuove auto con lo scopo di informare i consumatori sul livello sonoro. Simile a quello già in uso per il consumo di carburante e le emissioni di anidride carbonica. L’Europarlamento propone di introdurre gradualmente nuovi limiti sonori entro 6 (per l’omologazione di nuovi tipi di veicoli) e 8 anni (per l’immatricolazione, la vendita e la messa in circolazione di veicoli nuovi) dall’entrata in vigore della legislazione. Il limite per le automobili standard sarà ridotto da 74 db a 68 db. I veicoli più potenti avranno un margine di massimo da 2 o 6 decibel in più. I Deputati hanno tuttavia mantenuto il limite per i camion più pesanti (oltre le 12 tonnellate) a 81 db. Queste indicazioni correggono e migliorano la proposta della Commissione, considerando le più recenti innovazioni tecniche e la fattibilità complessiva dei requisiti da applicare nei cicli di produzione.
Un fenomeno, quello dell’inquinamento acustico che rischia di compromettere la salute di migliaia di cittadini dell’Unione Europea. Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente, metà della popolazione urbana dell’UE sarebbe esposta a livelli d’inquinamento superiori ai 55 decibel con il rischio di limitare la funzionalità degli organi, portando allo sviluppo di varie malattie, tra cui quelle cardiovascolari. Allo stesso tempo, il documento evidenzia la necessità di interventi in altri settori visto che il rumore dei veicoli è anche causato dall’asfalto, dagli pneumatici e dall’aerodinamica. Ma c’è anche il problema opposto: la preoccupazione per quanto riguarda i motori troppo silenziosi delle auto elettriche e ibride, che possono mettere a rischio i pedoni. Per questo motivo, si chiede un Regolamento che imponga un suono a questi veicoli, introducendo ad esempio, un sistema di allarme acustico (Acoustic Vehicle Alerting System).
La terza nota positiva della Plenaria di febbraio riguarda, invece, il rafforzamento della Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione (Convention on international trade in endangered species of wild fauna and flora – Cites). Si tratta del più grande accordo globale esistente per la conservazione della fauna selvatica, che mira a evitare l’eccessivo sfruttamento attraverso il commercio internazionale. Strasburgo, attraverso una Risoluzione, invita tutti gli Stati firmatari ad incrementare gli impegni assunti in vista della conferenza che si terrà a Bangkok, in Thailandia, dal 3 al 14 marzo 2013. Porre fine alla votazione a scrutinio segreto come pratica generale, includere una clausola sul conflitto d’interessi sono solo alcune indicazioni del Parlamento. Secondo il quale, poi, anche diverse specie di squali dovrebbero essere aggiunte alla lista degli animali il cui commercio deve essere controllato, mentre gli orsi polari dovrebbero essere trasferiti in un’altra categoria Cites per aumentare la consapevolezza della loro situazione. La Risoluzione UE esorta, inoltre, a rafforzare la lotta contro il bracconaggio di elefanti e rinoceronti colpiti il primo per l’avorio e il secondo per il corno dall’alto valore economico. Inoltre, si legge nel testo: “I membri della Cites dovrebbero rafforzare i finanziamenti nel corso dei prossimi anni per aiutare a evitare l’eccessivo sfruttamento attraverso il commercio internazionale della fauna e della flora selvatiche”.
Beatrice Credi