Paolo Sari: il primo chef bio con stella Michelin
Alla guida di tutte le cucine dei ristoranti del Monte-Carlo Beach (Elsa, Deck,la Vigie, Sea Lounge), Paolo Sari è il primo chef a ottenere una stella Michelin con una cucina al 100% bio, dal pepe allo champagne. Formatosi in Italia, le tappe della sua carriera hanno toccato gli hot spot culinari più importanti al mondo: Londra, Losanna, New York, Hollywood, Mosca, Tokyo, Osaka, Seoul, Pechino, Kuala Lumpur, Milano, Venezia e Monaco. Oggi la sua storia prosegue in uno dei ristoranti più prestigiosi della Costa Azzurra.
D) Sari, cosa significa aver raggiunto questo risultato per lei e per il mondo della ristorazione in generale?
R) È il compimento di un grande lavoro fortemente voluto. Il fatto che sia arrivata anche una stella Michelin a dare maggiore importanza e rilievo a questo lavoro, amplifica ancora di più il messaggio che voglio trasmettere, ovvero orientarsi a un consumo ragionevole e socialmente valido. È solo un inizio, perché c’è ancora tantissimo da fare: il consolidamento di tutto ciò che facciamo qui è in mano al consumatore, solo lui potrà decidere le sorti alimentari di una città, un paese, un pianeta.
D) Cosa l’ha portata a fare questo tipo di scelta nella sua cucina?
R) È stata una scelta naturale. Sempre più siamo arrivati ad un uso violento delle risorse, sempre più scompaiono figure importantissime come quelle degli agricoltori diretti, che rappresentano non solo produzione di qualità ma anche tradizione, cultura e forza lavoro. Si è immaginato un approvvigionamento economico basato solo sul profitto, tralasciando la qualità, la tracciabilità, l’importanza della terra, che al contrario viene sfruttata il più possibile. Siamo a un punto di non ritorno. Trovo sia più facile invece ascoltare la terra, la tradizione e cercare di amplificare il messaggio che se andiamo avanti così alle generazioni prossime non rimarrà molto.
D) Quanti altri chef secondo lei stanno seguendo il suo esempio?
R) Da quello che ho visto nell’ultimo anno molti altri chef stanno cominciando a essere più responsabili e fanno attenzione alle materie prime che usano. L’importante è scegliere un grande ingrediente, fatto con serietà e professionalità. Se è anche biologico tanto meglio. Del resto, anche Ducasse nel suo nuovo ristorante a Parigi ha deciso di eliminare il fois gras, la tartare e l’entrecote, è un indicatore che il messaggio sta passando. Quello che auspico è che arrivi presto anche al consumatore.
D) Quali sono state le difficoltà nel conciliare standard stellati con i principi del biologico e del “sostenibile”?
R) Diciamo che all’inizio ho ragionato pensando fosse corretto sostituire gli ingredienti tradizionali con quelli biologici. Non è del tutto fattibile. Mi sono corretto subito e ho lavorato al contrario: partendo da ciò che la regione offre, dai prodotti del mare e della terra secondo le stagioni e da lì ho formulato il menu.
D) Cosa pensa della filosofia “km.0″?
R) Premetto che per un ristorante che è anche albergo e resort il vero “km.0″ non può esistere, dobbiamo amplificare quello che la terra produce e il mare ci offre. Noi per esempio sfruttiamo tantissimo i nostri giardini di produzione che sono dislocati ad altitudini diverse per avere delle produzioni precoci in marzo, per averne altre ad agosto collocate in alture verso le montagne, fino a scendere verso il mare per i menu di fine estate. Un ingrediente a “km.0″ ha comunque un impatto sull’ambiente ridotto, ha costi minimi di trasporto, è quasi sempre raccolto a giusta maturazione e quindi non ha bisogno di manutenzione. È un prodotto che si può controllare meglio, per esempio io conosco benissimo tutti i miei fornitori, così come i miei terreni. A livello economico permette di reinvestire nell’economia locale e quindi ricreare forza lavoro, occupazione.
D) Pur vivendo in una città molto “costruita” come Montecarlo quanto si sente legato all’ambiente naturale?
R) Sono affezionatissimo all’ambiente perché è quello che ci dà da vivere. Ogni anno è piacevole riscoprire i prodotti di stagione, le primizie. Lo è altrettanto per il pesce e il mare, ma quello che dona la terra mi fa sempre innamorare come se lo scoprissi per la prima volta…
D) Quali sono i criteri che segue per fare la sua spesa personale?
R) Non mangio carni rosse, mangio solo carne bianca in poca quantità, tantissime verdure e pesce. Vado a fare la spesa dagli stessi produttori che scelgo per il ristorante. Ho inoltre dato la possibilità a tutto il personale di acquistare dei panieri presso i nostri produttori affinché possiamo essere noi stessi, per primi, portatori di qualità.
D) Qual è secondo lei è l’alimento più “vicino” dal punto di vista della sostenibilità ambientale? E quale quello più lontano?
R) Il più “lontano” è la carne bovina… Dobbiamo sfruttare delle colture per dare da mangiare ad animali che dobbiamo uccidere per cibarcene. Una procedura barbarica a mio avviso, quando invece potremmo coltivare il terreno per avere prodotti da ingerire direttamente. L’alimento più sostenibile è quello fornito da agricoltura biologica e biodinamica, rispettando le stagionalità e i tempi di produzione, con gli spazi dovuti, senza ricorrere a colture intensive.
Daniela Falchero