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Paolo Cognetti e la montagna del futuro: un rifugio per arte e cultura

L’anno scorso ha vinto il prestigioso Premio Strega, ma Paolo Cognetti, milanese classe 1978, non è scrittore “da salotti”. Preferisce vivere a contatto con la natura e adora la montagna, non a caso si definisce montanaro e l’opera che ha vinto lo Strega si intitola “Le Otto Montagne“. Il prossimo lavoro sarà invece dedicato al Nepal, sempre paese di montagne. Fa lo scrittore, ma all’università ha studiato matematica. Si è dedicato alla realizzazione di documentari e il suo sogno, molto concreto, è trasformare una vecchia stalla in un centro artistico e culturale. Ecco cosa ci ha raccontato…

D) Paolo ci racconti quali sono i tuoi programmi futuri?

R) Un librino sul Nepal per Einaudi che uscirà in autunno. Si tratta di narrativa di viaggio, sulla scia della tradizione della grande letteratura di viaggio. Almeno ci provo…

D)Ti dedichi con grande successo alla letteratura, ma sei anche un’ alpinista?

R) Apprezzo gli alpinisti, ma io sono un montanaro che abita in montagna, ci sono invece alpinisti che abitano in città…

D) Dove e quando nasce questa passione per la montagna che si ritrova nella tua vita e nelle tue opere?

R) Da quando sono nato, da bambino: cresciuto a Milano, d’estate la montagna diventava  il luogo dove mi inselvatichivo, era una vita molto più libera. Poi sono stato lontano, ma alla fine ci sono tornato da grande.

D) Cosa ti dà la montagna, cosa ti offre il suo ambiente naturale?

R) La libertà, a iniziare dagli spazi, poi dal lavoro. La città ti impone un modello di vita rigido, basti pensare  ad una città costosa come Milano, dove devi adeguarti al costo degli affitti, al costo della vita quotidiana. I soldi servono dappertutto, ma in montagna non sono fondamentali, poi andare in giro a camminare. Io mi sono fatto l’orto e lo coltivo. E’ una vita che sento più libera, poi facendo lo scrittore ho sempre dovuto fare altri lavori.

D) Vedi minacciata la montagna? O è più l’uomo ad esserlo?

R) L’uomo sì, non la montagna, lei cambia poco, si adatta. E’ l’uomo in pericolo, se non avremo più acqua nei nostri fiumi!

D) Quale pensi che sia il pericolo maggiore, oggi, per il nostro Pianeta?

R) Domanda impegnativa perché so parlare solo di quello che conosco… Osservo però che la montagna italiana sta iniziando a soffrire l’emergenza acqua. Sono un’abitante del Nord Italia, terra di fiumi e per la prima volta ho visto la fonte prosciugata. Fa una certa impressione vedere i rubinetti secchi. Viene da pensare: e se succedesse in tutte le fontane?

D) E tu cosa fai, nella quotidianità, a favore dell’ambiente?

R) Sono vegetariano. E’ una scelta etica, una via che ho intrapreso da alcuni anni per rispetto della vita animale. Poi sto molto attento ai consumi. Purtroppo di solito trascuriamo il risparmio energetico, parliamo tanto di fonti energetiche rinnovabili ma si presta poi poca attenzione a come non sprecare l’energia che abbiamo. Io uso poca energia, produco pochi rifiuti.

D) Hai un’impronta abbastanza ecologica, hai progetti in mente per rafforzarla ulteriormente?

R) Sto costruendo un rifugio, ho comprato una vecchia stalla e sto progettando interventi per renderla a basso impatto energetico con l’utilizzo di pannelli e materiali bio, soprattutto perché consumi il meno possibile e ci sia un sistema di autoproduzione energetica. Lo penso come un luogo di produzione culturale, dove lavorare con le scuole, organizzare corsi e laboratori sulla vita e sul lavoro in montagna, sui montanari, l’ agricoltura e l’allevamento. Poi penso a residenze artistiche, mostre e concerti. In montagna dove ci sono tante belle cose, queste mancano.

D) La montagna continua a spopolarsi o vedi un inversione di tendenza?

R)  Si è impoverita sicuramente di cultura, vive dello sport il sabato e la domenica quando si riempe di sciatori. La montagna solo sportiva però non mi piace molto perché è poco radicata al territorio. Una fruizione molto di consumo, la preferisco più abitata e lavorata dalle persone…

Gian Basilio Nieddu

 

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