Illuminati da un raggio di Luz
Pablo López Luz, messicano, 31 anni, è il fotografo vincitore del concorso organizzato dall’Istituto Italo-Latino Americano, che quest’anno aveva come tema il rapporto tra la natura e la metropoli.
Lo crudo cocido. Così gli organizzatori, citando l’antropologo Claude Lévi-Strauss (autore recentemente scomparso dell’immortale Il crudo e il cotto), hanno voluto intitolare il premio, dove il crudo è simbolo della natura e il cotto metafora della cultura.
Le opere di Pablo e degli altri finalisti saranno esposte a Roma, alle scuderie di Palazzo Santacroce, fino al 23 ottobre. Il progetto, con cui ha partecipato al concorso, è composto da alcune foto dall’alto di Città del Messico, un tessuto urbano in continua e caotica espansione, a scapito dell’ambiente naturale. “Ho voluto fotografare queste montagne – spiega Pablo guardando una delle opere – perché forse è l’ultima volta che le vediamo così, non ancora invase dalla città”.
D) Pablo, è la prima volta che tratti il tema dell’ambiente?
R) No, la natura è sempre stata un tema molto importante per me, un elemento di interesse che mi porto dietro da sempre. Mio padre fa il gallerista e quando ero piccolo ero affascinato dai quadri della scuola paesaggista messicana esposti in galleria. In seguito ho cercato di riprodurre quelle visioni ampie del paesaggio. Per questo ho utilizzato spesso le foto dall’alto, per avere una visione d’insieme.
D) Come hai iniziato a lavorare sulla natura?
R) C’era un paesaggio a Città del Messico che attirava molto la mia attenzione, ma cercavo un punto di vista diverso da cui fotografarlo. Come dicevo prima, mi sono ispirato molto alle visioni ampie dei paesaggisti del passato, ma ho cercato di dare una versione contemporanea di quei paesaggi.
D) Pensi che la fotografia possa sensibilizzare le persone a uno stile di vita più ecosostenibile?
R) Una foto di un paesaggio deturpato dall’uomo non basta. Forse però possono riuscirci molte immagini del genere. Questo non significa che dobbiamo smettere di lavorare per una maggiore sensibilità ambientale.
D) Nelle tue fotografie si vede una natura ferita dall’avanzare della città. Strade, baracche e grattacieli sono come cicatrici della terra. Quando scatti hai un obiettivo di denuncia?
R) Il mio primo intento è indagare la trasformazione dello spazio, del paesaggio naturale in relazione a quello urbano . E attraverso la rappresentazione di come è cambiato lo spazio, voglio parlare anche dell’uomo. So benissimo però che le mie foto inducono a una lettura sociale e politica, di denuncia, con la quale mi trovo d’accordo seppure non da me ricercata.
D) Tu sei a Roma da una settimana e rimarrai qui ancora un mese per realizzare un progetto fotografico sulla città. Che impressione ti ha fatto? Come ti sembra la natura all’interno dello spazio urbano?
R) La cosa che mi ha colpito di più sono i parchi: mi sono sembrati vivi, parte della vita quotidiana delle persone. Sono gli unici spazi verdi della città, perché se cammini nel centro storico non vedi alberi.
D) E com’è la situazione a Città del Messico, dove vivi?
R) E’ una città che sta crescendo a dismisura, come una goccia d’acqua che si allarga continuamente. Non ci sono grandi parchi, perché il tessuto urbano ha avuto uno sviluppo caotico, non pianificato. Gli unici spazi verdi sono rimaste le montagne attorno alla città. Nel quartiere dove vivo c’è stata un’iniziativa “verde”: è stato introdotto un servizio di bike-sharing che sta avendo molto successo.
D) Cosa si può fare secondo te per rendere una città più vivibile, più verde?
R) Partire dai singoli cittadini. A Città del Messico, per esempio, non c’è spazio per realizzare parchi, ma le persone potrebbero iniziare a coltivare piante sui balconi e sui tetti.
D) Anche nel progetto che realizzerai a Roma affronterai il tema del rapporto tra città e natura?
R) Non credo. Ho deciso di trovare un approccio diverso. Vorrei concentrarmi sul rapporto tra uomo e città, uomo e storia, partendo da una reinterpretazione dei monumenti e dell’architettura classica. Cercherò di ottenere qualcosa di originale, diverso dalle foto che si vedono sulle guide turistiche.
D) Nella tua vita quotidiana quali sono i gesti di attenzione per l’ambiente?
R) Riguardano soprattutto la mia attività di fotografare la natura. Non sempre riesco a trasferire questa grande attenzione all’ambiente nella vita di tutti i giorni.
D) Dal 2004 ti sei concentrato sulla relazione tra uomo e natura. Come pensi che cambierà, in futuro, questo rapporto?
R) Secondo me prima o poi la città si autodistruggerà e la natura avrà di nuovo il sopravvento. Forse non la natura come la concepiamo noi oggi: magari dove adesso c’è una città in futuro avanzerà il deserto. D’altra parte basta vedere cosa sta succedendo: terremoti, inondazioni, disastri naturali. Sono tutte espressioni della natura che non si arrende all’uomo.
D) E come cambierà invece, secondo te, l’approccio dell’uomo all’ambiente?
R) La gente si sta rendendo conto che non può continuare a vivere come ha sempre fatto. Penso però che grandi cambiamenti di mentalità avverranno solo in seguito a catastrofi, perché le persone cambiano sempre dopo eventi di forte impatto.
Veronica Ulivieri