Ortiamo? L’orto bio disegnato da casa che fa adottare la terra ai cittadini
Le varietà di frutta e verdura preferite e quanto spazio dedicare alla coltivazione. Due scelte che oggi si possono fare dallo schermo del computer. E’ l‘agricoltura 4.0, ma naturale e senza uso di veleni, offerta da Ortiamo. La Start-up marchigiana che permette di adottare un pezzo di terra, mangiare fresco e sano e “sporcarsi le mani” (virtualmente e non) anche senza essere contadini. L’idea del servizio è dei fratelli Francesco e Mirko Tassi, che nel 2015 durante una partita con FarmVille (video game dedicato alla vita rurale), hanno pensato di passare dal gioco all’impresa. Detto fatto i Tassi hanno sviluppato il software, contattato i contadini, visitato le aziende e selezionato quelle che assicurano una produzione senza fitofarmaci.
Come funziona il sistema? “L’ortista disegna on-line il suo orto dei desideri, può scegliere le varietà preferite, l’orto estivo o invernale e ricevere a casa il frutto della coltivazione”. Questo il “modello base” spiegato da Francesco. Ma, aggiunge, “invitiamo gli ortisti a partecipare attivamente al progetto, a visitare l’azienda con i bambini, a coltivare insieme al fattore”. Gli imprenditori hanno anche pubblicato la carta del buon ortista: “Rispettare le tecniche di coltivazione biologica che valorizzino la fertilità del suolo, la rotazione delle colture e la consociazione delle stesse; utilizzare prodotti naturali come concimi (resti vegetali o letame); usare per l’irrigazione solo acqua messa a disposizione dal fattore; acquistare gli ingredienti di produzione tramite il fattore, al fine di garantire il rispetto dei disciplinari biologici”. Il principio dunque è chiaro: massima attenzione alla natura.
La filosofia del progetto, oltre la diffusione dell’amore per la campagna tra i cittadini, punta alla valorizzazione dell’agricoltura sostenibile. “La selezione dei fattori è rigorosa. I terreni devono essere lontani da zone industriali, autostrade o da aziende che coltivano con l’utilizzo di pesticidi“, spiega Francesco, che sceglie così i fattori: “certificati biologici, in via di certificazione, ma anche non certificati. Il principio di fondo è il rispetto rigido dei tempi di coltivazione, dei disciplinari biologici e il divieto assoluto di uso dei pesticidi. Scartiamo anche le serre“. Prima la qualità, quella naturale e rispettosa dell’ambiente. Un’altra regola inderogabile è la dimensione limitata dell’azienda, il fattore non può occuparsi di più di 30 orti. Tutti personalizzati con il nome del cittadino che ha adottato il fazzoletto di terra.
Coltivazione, oltretutto, a chilometro zero e zero sprechi “L’orto non può distare più di venti chilometri dalla residenza dell’ortista e non si butta via niente. E’ obbligatorio indicare familiari, amici o una famiglia bisognosa in caso di assenza da casa, in questo modo i prodotti vengono raccolti e la cassetta consegnata sempre – ci tiene a precisare Francesco – Poi solo verdura di stagione, non si può chiedere il pomodoro a marzo! Bisogna accettare che le insalate arrivino a domicilio con la lumaca sopra”. Meglio grezza e sana, in sintesi, che “bella” e velenosa.
L’iniziativa pare faccia bene anche ai conti dell’agricoltore. Si possono conoscere via web i fattori di Ortiamo, che vengono pagati prima grazie al sistema degli anticipi, poi si fidelizzano i clienti, che possono acquistare altri prodotti dall’azienda. Una valorizzazione dell’agricoltura di prossimità che da Cagli, il primo paese delle Marche dove è partito l’esperimento, si è esteso a Pesaro, Urbino, Senigallia. L’obiettivo è di allargare ad un numero maggiore di regioni questa esperienza, ma a velocità controllata. Ci sono da scegliere bene le aziende. Ortiamo sì, ma non a tutti i costi.
Gian Basilio Nieddu