Orlando sulla via ligure del sale: dal lago di Tenarda a Ceriana
Proseguono, con il cammino dal lago di Tenarda a Ceriana, sulla via ligure del sale, le divagazioni cantautoriali di mobilità elementare di Orlando Manfredi, in arte Duemanosinistra, a spasso per le città italiane e straniere alla ricerca della densità di significato – umano e ambientale – dei luoghi che ci circondano.
Ho un legame speciale con Ceriana, un paese arrampicato inVal d’Armea, nell’entroterra ponentino, non lontano da Sanremo.
E’ un posto di quelli un po’ schivi, diversi dai tanti che si possono incontrare sui litorali dell’Aurelia. Infatti ci si arriva girando le spalle al mare. Però il mare è là, oltre le valli. Lo si vede, lo si contempla, lo si annusa come un cugino di secondo grado. E ogni tanto ci si fa una calata, in bici, in ape o in corriera.
Così come, in tempi lontani, si scendeva al mare, a piedi: 14 chilometri a scendere e nondimeno a risalire. All’andata, carichi come muli di ceste pullulanti di fiori (che andavano alle donne non solo in onore ma anche in onere: erano loro a fare il lavoro da “passisti”, con le ceste in testa a piedi fino alla costa). Al ritorno, a risalire cariche di sale. In una civiltà improntata ad una specie di “matriarcato del sacrificio” anche l’approvvigionamento del sale – composto indispensabile per la preparazione dei cibi, la conservazione degli alimenti, la pulizia delle vesti, la concia delle pelli – poteva essere roba da donne.
Questi ed altri viaggi di approvvigionamento, tra il mare e l’entroterra, tra la Liguria e il Piemonte, la Valle d’Aosta, la Lombardia, hanno dato luogo a percorsi storicamente ricorrenti: le famose vie del sale.
In occasione dell’invito, da parte dell’Associazione culturale A Veglia, alla manifestazione Ceriana Art(artisti e soprattutto opere da tutto il mondo, venuti qui per valorizzare il dentro e il fuori di Ceriana, salvando dall’abbandono palazzi antichi irrinunciabili), vengo completamente tradito dall’entusiasmo, e concordo così una salita a Ceriana, a piedi! Da pellegrino-cantautore, zaino e chitarra di Lilliput in spalla, vorrei tracciare la mia via del sale, tra Piemonte e Liguria.
Più che una via del sale, sarà una via di pepe di Cayenna, chili e cicuta, durata tre giorni di avventure e disavventure, che richiederebbe almeno un avvincente romanzo-spazzatura per essere raccontata.
Dunque, ecco a voi solo la fase finale della mia via del sale. Dal Rifugio Allavena, ai piedi del Monte Grai, alla val d’Armea, fino a Ceriana, in provincia di Imperia. (per il seguito si accettano richieste)
Al Rifugio Allavena – dall’alto dei 1545 m di Colla Melosa, a mezza costa delle Alpi Liguri, a un passo dalla Valle Argentina – vengo conquistato da magnifici gesti d’accoglienza e personaggi irripetibili.
Uno su tutti, Adamo, capo cambusiere e jukebox di minchiate del rifugio. Lui è l’archetipo. Il primo uomo. Anche i modi sono maliziosamente primordiali. Quando gli dico che l’indomani mattina vorrei fare colazione molto presto, mi risponde “certo puoi uscire fuori a brucare un po’ d’erba”. E’ il suo marchio di fabbrica, e funziona. Tutti lo adorano (e non dirò di quando si mette a parlare in tedesco: uno spasso).
La mattina mi accomoda con un sole che non è troppo frequente da queste parti, così incassate in una gola di valli, dal particolare freddo umido-equatoriale!
Trovo il sentiero che da Colla Melosa si snoda lungo il lago di Tenarda. Alla mia sinistra, da basso, oltre il bosco che sfila lungo i miei passi, un luce abbagliante, come uno spot alla fine di un tunnel, o un nirvana a portata di sogno. Il sole impatta sulla superficie del lago, scaraventando in alto una luce fortissima, che trascolora nel fitto degli alberi. Un richiamo troppo seducente. Oltrepasso il filo spinato che delimita la zona protetta. Scendo giù, puntando racchette e aggrappando ramaglie, ed eccomi lì a un passo dalle acque del lago. Davanti a me, l’enorme Diga di Tenarda, un’enorme parete di cemento, a frenare le acque. Metafisica molto fisica tra Uomo e Natura.
Dal Tenarda il sentiero immette sulla provinciale. Dopo passaggi pedonali e mulattiere, ecco la carrozzabile, che porta dritta a Colla Langan, a 1130 metri. Sempre sulla provinciale, mi aspetta un’ora e mezza per raggiungere il Monte Ceppo.
Da una leggera digressione della provinciale, attraverso una pendenza crescente, fino agli ultimi stretti tornanti, percorro gli otto chilometri che mi separano dai 1627 metri del Monte Ceppo. Si racconta d’imponenti stellate, godute dalla cima calva del monte, di comete ad alta definizione, palle di fuoco incandescenti, e di camporelle indimenticabili. Tutti gingilli dell’immaginazione. Io devo raggiungere la meta.
A dire il vero, ho anch’io il mio rendez vous, con Silvio e Paolo, gli amici cerianesi che si sono appassionati all’impresa e hanno voluto seguirmi e aiutarmi. Uomini dai piedi indomiti e dalle vene ribollenti etanolo. Vengono a incrociare le mie maldestre traiettorie qui sul Monte Ceppo, portandomi subito in osteria, Al Cason di Bajardo: cucina spontaneo-tradizionale (prezzi modici per forchette esigenti). Per la cronaca, sono loro che mi hanno raccontato delle camporelle indimenticabili.
Il paese di Bajardo sorge su un enorme terrazzone naturale e inquadra una panoramica unica di tutte le valli circostanti, come a regalarmi un riassunto per occhi e memoria di tutti i passi lasciati alle spalle.
A una decina scarsa di chilometri da Bajardo, ci immettiamo nel Sentiero di S.Giovanni, che scende a perpendicolo su Ceriana. Troviamo un sentiero “malinteso”, in realtà via antica, probabilmente medioevale, che potrebbe, come tale, godere di tutt’altra valorizzazione, sviluppando attrattiva e cultura. E col pensiero a S.Giovanni il Precursore, vorremmo essere precursori di un intervento dell’amministrazione, per rendere giustizia a questo viatico dimenticato.
Ed ecco Ceriana, aggrappatoal cielo, scosceso, scaleno e bellissimo.
Piccolo eppure sviluppato su un territorio di 32 chilometri quadrati. Tutt’intorno al paese e al torrente Armea, boschi di formazione mista di pini silvestri, lecci e castagni.
Nelle rare zone di terreno quasi pianeggiante, a margine del torrente, uliveti e vigneti.
Se Ceriana può ricordare il profilo e i connotati di altri paesi tipicamente liguri, la sua storia (l’origine di Ceriana risale al basso medioevo), le sue tradizioni lo rendono assolutamente unico. La storia, la ritualità e le tradizioni di Ceriana ci parlano di un sincretismo religioso e culturale, più simile a quello di una civiltà pagana, che ad una comunità di devoti cattolici.
Valga come esempio il fatto che le quattro confraternite (i Neri, i Rossi, i Verdi, gli Azzurri), destinatarie di altrettante chiese (Sant’Andrea, Santa Caterina, Santa Marta, Nostra Signora della Pena), sono completamente laiche, e ciò nondimeno durante il Venerdì Santo si sfidano a colpi di Misere polifonici antichissimi, di cui Ceriana è ormai l’ultimo paese depositario. Ma che questo sia “un paese che canta”, non è più una scoperta, ché anzi appare oggi come un vero fenomeno etnomusicale, noto in tutto il mondo.
Così com’è unico il suo carattere, la sua anima schietta.
Alla notizia dell’uccisione di una persona per litigio, il commento di Ceriana potrebbe essere “sfortunata ad ammazzarla al primo colpo.” Come se ci fosse innanzitutto una pietà dei poveri cristi, davanti alla morale, una pronuncia senza fronzoli della realtà.
Paese di iperboliche bestemmie e di commentarii osceni, equipara i suoi umori e le sue sparate alla durezza della vita, alla durezza di queste case di rocche, alle sue frane, alle arenarie friabili, ai faticosi camminamenti, detti carrugi.
E poi le sue vie, le sue scalee, le sue case: tutto è ristretto in piccolo; ogni gesto è educazione all’essenzialità, valore aggiunto dell’avere meno; ogni passo è in salita o in discesa.
Rarissime le circostanze in piano. Un paese di scarpinatori.
Orlando Manfredi
Playlist:
Musiche tradizionali del Ponente Ligure, a cura di Mauro Balma e Giuliano d’Angiolini, 2007, squi[libri]
Ceriana. Un borgo di mille anni, a cura di Giampiero Laiolo e Stefano Delfino, ISBN
www.cerianaart.com
www.aveglia.org