NOE, il Comando dei Carabinieri che tutela l’ambiente
Scorie tossiche interrate in campi agricoli. Rifiuti pericolosi smaltiti in cave senza nessun trattamento. Falde acquifere inquinate. In “Gomorra”, Roberto Saviano ha raccontato benissimo questa emergenza invisibile, nascosta sotto terra. E se molti casi di traffico illecito di rifiuti, nella terra dei Casalesi e non solo, sono stati scoperti, è grazie al Comando Carabinieri per la Tutela dell’ambiente, meglio conosciuti con la vecchia denominazione di Noe.
Il nostro Paese è stato il primo in Europa a istituire una forza che avesse come compito dedicato l’applicazione della normativa ambientale. Il Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri è nato nel 1986, con una legge che istituiva anche il Ministero dell’Ambiente, alle cui dipendenze funzionali lavora il reparto dell’Arma. All’inizio si trattava di una struttura centralizzata. Nel 2001, poi, cambiano il nome e l’organizzazione, potenziata e calibrata su base interprovinciale: oggi, accanto alla sezione centrale di Roma, ci sono altri 29 nuclei sparsi in tutta Italia, per un totale di circa 400 persone impegnate nelle attività di «vigilanza, prevenzione e repressione delle violazioni compiute in materia ambientale». Compiti molto ampi e impegnativi, che si traducono - spiega il Capitano Alessandro Pulcri, comandante della Sezione operativa centrale – in indagini su casi di abusivismo edilizio, inquinamento acustico, idrico, atmosferico e traffico illecito di rifiuti, materia principale del reparto, che va dalla produzione allo smaltimento degli scarti. «Abbiamo competenze specifiche, ma collaboriamo sempre con altre forze, compresa la polizia locale. A noi arrivano i casi più rilevanti, quelli che richiedono profonde capacità investigative, visto che una delle caratteristiche dell’Arma dei Carabinieri è proprio la competenza nel settore della polizia giudiziaria».
Ma qual è, nella lunga storia del reparto, l’operazione più importante, il colpo grosso da ricordare? «La madre di tutte le operazioni – continua il Capitano Pulcri – è stata Cassiopea, conclusa una decina di anni fa. Al di là degli esiti processuali (i reati contestati sono caduti in prescrizione, ndr), l’operazione ha consentito di alzare un velo sugli interessi della criminalità organizzata nel settore del traffico illecito dei rifiuti pericolosi. Ed è stata anche l’occasione per comprendere le dinamiche criminali utilizzate per i traffici illeciti, tutt’ora usate». Con Cassiopea, infatti, i Carabinieri misero le mani su una storia che chi ha letto Gomorra avrà l’impressione di conoscere già: «Società legate alla camorra proponevano alle aziende del Nord soluzioni per lo smaltimento dei rifiuti industriali, a prezzi imbattibili. Il modus operandi prevedeva la falsificazione dei documenti legati alla filiera di gestione, dal trasporto al trattamento, determinando di fatto lo sversamento dei rifiuti in terreni agricoli o cave dismesse della Campania».
Dopo sono venute altre operazioni come Re Mida (nome nato dal vanto di uno degli indagati di poter trasformare l’immondizia in oro): «Nel corso di quelle indagini, concluse nel 2005, scoprimmo un traffico illecito di fanghi di depurazione e terre provenienti da bonifiche, rifiuti altamente pericolosi contenenti idrocarburi e metalli pesanti che venivano smaltiti in una cava del Casertano». Ma le rotte di scarti e immondizia, spiega il Capitano Pulcri, «nel tempo sono cambiate, non sono più solo Nord-Sud. Sono in qualche modo divenute trasversali, coinvolgendo tutte le aree geografiche italiane e talvolta andando anche oltre i confini nazionali». Ne sono la prova operazioni come Sacher Compost e Ragnatela. La prima, conclusa nel 2006, scoprì «un impianto di compostaggio in Friuli alimentato illecitamente, dove confluivano, oltre a rifiuti organici , anche fanghi di depurazione e alghe del porto di Grado, contenenti un’alta concentrazione di idrocarburi e metalli pesanti. Il compost veniva poi usato come fertilizzante da aziende agricole venete. Nei terreni di una di queste è stato isolato un batterio pericoloso, proveniente da quei fanghi smaltiti in modo illecito». La seconda operazione, del 2010, ha invece indagato su «un traffico di rifiuti provenienti da un sito di bonifica in provincia di Napoli, che venivano portati in un impianto di trattamento per rifiuti pericolosi nelle Marche. Qui, però, non venivano trattati in modo adeguato e un laboratorio compiacente falsificava tutti i documenti».
I traffici illeciti non si limitano ai rifiuti pericolosi, e a volte un reato ambientale può nascondersi dietro “paraventi” che mai farebbero pensare a qualcosa di illegale: «A febbraio scorso, a Firenze, abbiamo concluso un’operazione sugli abiti usati, quelli che vengono messi nei cassonetti gestiti da associazioni benefiche. Quei vestiti vengono legittimamente venduti dalle associazioni, del tutto estranee al traffico illecito, che usano il ricavato per opere di volontariato. Chi li acquista, prima di reimmetterli sul mercato dell’usato, dovrebbe prima trattarli e igienizzarli. Con la nostra operazione, abbiamo scoperto una società che li vendeva senza sottoporli a nessun trattamento».
Veronica Ulivieri