Nelle foreste siberiane. Il diario di Sylvain Tesson
Per la rubrica “Racconti d’Ambiente” pubblichiamo oggi un estratto del libro “Nelle foreste siberiane” di Sylvain Tesson , edito da Sellerio (pag. 253, 16.00 euro).
Mi ero ripromesso che prima dei quarant’anni avrei vissuto da eremita nei boschi.
Sono andato a stare per sei mesi in una capanna siberiana, sulla sponda del lago Bajkal, all’estrema punta del capo dei Cedri del Nord. Il primo villaggio è a centoventi chilometri di distanza, non ci sono vicini, nessuna strada di accesso. Di tanto in tanto una visita. D’inverno temperature di meno trenta gradi, d’estate gli orsi in riva al lago. Insomma, un paradiso.
Mi sono portato libri, sigari e vodka. Il resto – spazio,silenzio e solitudine – c’era già. In quel deserto ho inventato per me stesso una vita sobria e bella. Ho vissuto un’esistenzache ruotava intorno a gesti semplici. Ho assistito al trascorrere dei giorni guardando il lago e la foresta, ho tagliato legna, pescato per mangiare, ho letto molto, camminato in montagna e bevuto vodka di fronte alla finestra. La capanna era un posto di osservazione ideale per cogliere i fremiti della natura.
Ho conosciuto l’inverno e la primavera, la felicità e la disperazione e, in ultimo, la pace.
Nella taiga ho subito una metamorfosi. Nell’immobilità ho ritrovato qualcosa che il viaggiare non mi dava più. Il genio del luogo mi ha aiutato a addomesticare il tempo. Il mio eremitaggio è diventato il laboratorio di queste trasformazioni.Ogni giorno ho annotato i miei pensieri su un quaderno. Adesso quel diario è nelle vostre mani.
S.
Febbraio
La foresta
La Heinz vende almeno quindici tipi di salsa. Nel supermercato di Irkutsk ci sono tutti: non so quale scegliere. Ho già riempito sei carrelli di pasta e Tabasco. Il furgone blu mi aspetta. Miša, l’autista, non ha spento il motore; fuori il termometro segna –32°. Domani partiamo da Irkutsk; impiegheremo tre giorni per raggiungere la capanna, sulla riva occidentale del lago. Oggi devo completare gli acquisti. Scelgo la “super hot tapas”della Heinz. Ne prendo diciotto bottiglie, tre per ogni mese.
Quindici tipi di ketchup. Sono proprio queste cose che mi hanno fatto venire la voglia di allontanarmi dal mondo.
9 febbraio
Sono sdraiato sul letto in casa di Nina, in via dei Proletari. Mi piacciono i nomi delle strade russe. Nei villaggi si trova “via del Lavoro”, “via della Rivoluzione di Ottobre”,“via dei Partigiani” e, qualche volta, “via dell’Entusiasmo”, dove passeggiano pigramente vecchie slave dall’aria grigia.
Nina è la migliore affittacamere di Irkutsk. Prima faceva la pianista e si esibiva nelle sale da concerto dell’Unione Sovietica; adesso tiene una pensioncina. Ieri mi ha detto: «Chi poteva immaginare che un giorno avrei sfornato crêpes in quantità industriali?». Il gatto di Nina fa le fusa sul mio ventre. Se fossi un gatto saprei bene su quale ventre andare a scaldarmi.
Sta per avverarsi un sogno vecchio di sette anni. La prima volta che sono andato sulle rive del Bajkal è stato nel 2003. Camminando lungo il lago ho scoperto, a distanze regolari, delle capanne abitate da eremiti che sembravano stranamente felici. Poco a poco è maturato in me il progetto di rintanarmi tra quegli alberi, da solo, nel silenzio. E adesso, sette anni più tardi, sono qui. Devo trovare la forza di far scendere il gatto. Per alzarsi dal letto ci vuole un’energia prodigiosa, soprattutto quandosi tratta di cambiare vita. Chi non ha avuto voglia di fare dietro-front proprio quando tutto quello che desiderava era lì, a portata di mano? Al momento decisivo certi uomini si tirano indietro. Temo di essere anch’io di quel tipo.
Il furgone di Miša è stracarico. Per arrivare al lago viaggeremo per cinque ore attraverso la steppa gelata, navigando sulle creste e negli avvallamenti di una distesa di onde pietrificate. Il fumo sale dai rari villaggi annidati ai piedi delle colline, vaporetti incagliati sui fondali bassi. Davanti a spettacoli come questi, Malevicˇ ha scritto: «Chiunque abbia attraversato la Siberia non potrà mai più aspirare ad essere felice». Al culmine di un dosso, appare il lago. Ci fermiamo a bere. E dopo quattro bicchieri di vodka la domanda è: in virtù di quale miracolo la linea del litorale avvolge con tanta perfezione il contorno delle acque?
Liberiamoci subito delle statistiche. Il Bajkal: settecento chilometri di lunghezza, ottanta di larghezza, un chilometro e mezzo di profondità. Venticinque milioni di anni. D’inverno il ghiaccio raggiunge uno spessore di un metro e dieci. Il sole se ne infischia di questi dati: irraggia amore sulla superficie bianca. Le nuvole filtrano i raggi, un gregge di placche lucenti scivola sulla neve: la guancia del cadavere si accende.
Il camion comincia ad avanzare sul ghiaccio; sotto le ruote, un chilometro di profondità; se finiamo in un crepaccio, si inabisserà nel buio. I corpi scivoleranno fuori senza rumore. La lenta nevicata degli annegati. Il lago è la cripta ideale per chi teme la putrefazione. James Dean diceva che dopo la morte bisogna lasciare «un bel cadavere». Piccoli crostacei, Epischura Bajkalensis, ripulirannoil corpo in ventiquattro ore. Sul fondo resterà solo l’avorio delle ossa. [...]
Sylvain Tesson*
*Scrittore, giornalista e grande viaggiatore Sylvain Tesson è nato nel 1972. Dopo un giro del mondo in bicicletta si appassiona all’Asia centrale, che visita frequentemente a partire dal 1997. Come autore esordisce nel 2004 con un racconto di viaggi, L’Axe du loup. Nel 2009 ha pubblicato con Gallimard Une vie à coucher dehorse nel 2011 è arrivato il grande successo di Nelle foreste siberiane, che ha vinto il Premio Médicis 2011.