Nelle “Confessioni Ultime” di Corona l’incapacità contemporanea di leggere il libro della natura
Alpinista, scrittore, scultore e, in ogni veste, sempre grande amante della montagna. Nel suo ultimo libro, “Confessioni Ultime. Una meditazione sulla vita, la natura, il silenzio, la libertà“, da poco pubblicato da Chiarelettere, Mauro Corona riflette a ruota libera sui temi a lui più cari. Il volume è il diario intimo di “un sognatore”. Un autoritratto che richiama, in alcuni passaggi, l’indimenticabile tradizione degli scritti morali e si trasforma con impennate improvvise in un personalissimo sfogo sull’attualità e la politica. Suoni e basta, le parole hanno perso consistenza, volume, spessore, e con loro la vita. Libertà, silenzio, memoria, corpo, fatica, invidia, orgoglio, competizione, amore, amicizia, dolore, morte, Dio e la fede. In queste meditazioni trovano spazio anche la montagna e la natura, da sempre “compagne di vita” dell’autore. Per la rubrica “Racconti d’Ambiente“, pubblichiamo oggi un estratto del quarto capitolo, intitolato “Il corpo e la mente”, in cui Corona riflette sull’incapacità dell’uomo contemporaneo di leggere il libro della natura: per questo si continua a costruire dove non si dovrebbe, noncuranti dei rischi e dei pericoli.
Il corpo è come una montagna, lo devi leggere. Se io vedo un ghiaione sotto una parete capisco che la montagna mi sta dicendo: «Guarda che qui sono friabile». La montagna mi presenta il suo libro aperto. Ma noi non allunghiamo più la mano verso gli scaffali di questa biblioteca che è la natura, per aprire i volumi che ha scritto. Allo stesso modo ci dimentichiamo il corpo, non leggiamo più quello che ogni giorno ci scrive. Se ho un’unghia nera vuol dire che ho preso un colpo e devo curarmi. Tutto nell’esistenza è scrittura, e noi dobbiamo essere attenti a leggere queste scritture che ci lascia la natura, questi archivi di ciò che è successo nei millenni.
Alluvioni, terremoti, maremoti, valanghe. La natura ha scritto. Qui hanno tirato su un paese nuovo. Là, dal monte Certen, dove secoli fa scendeva una valanga enorme e andava a finire nel Vajont. E quella opposta, dal monte Borgà, lo stesso finiva laggiù. Si baciavano, diceva la vecchia guida Gioacchino Filippin. Ora, chi ha detto che in quel posto lì, dove hanno costruito il paese nuovo, non torni la valanga? Chi l’ha detto? E invece gli uomini ci hanno costruito. Se nei secoli dei secoli nessuno aveva costruito nulla lì, neanche un pollaio, un motivo c’era. Sapevamo ancora leggere la scrittura della montagna, della natura, del corpo. Andiamo a tirar giù dalla biblioteca il volume che riguarda questa zona e leggiamolo, dirà che lì non ci hanno mai costruito niente. Adesso ci hanno costruito.
Dovessero tornare, e torneranno, le nevicate di un tempo, perché tutto è ciclico, quelle case lì verranno spazzate via, e poi si piangerà qualcosa e qualcuno, i morti. Giù al Piave è lo stesso. Nel ’66, a novembre, con le alluvioni, il Piave era largo un chilometro, era alto quattro-cinque metri. Lì, chi ha detto che non torni più un’alluvione come quella del ’66? Tornerà di sicuro. E invece proprio lì hanno costruito tutta una zona industriale e le case. Le hanno costruite perché non è stato preso dalla biblioteca il libro che raccontava come erano andate le cose. La natura si muove e si comporta, scrive, noi dobbiamo saper leggere.
Per i nostri corpi vale la stessa legge. Noi siamo all’età della pietra del nostro corpo. Basterebbe sentire. Il corpo ti lancia messaggi, anche l’anticipo di malattie fatali. La scienza ha scoperto che i cani le sentono prima. Il mio corpo emana qualcosa, prima di ammalarmi, e dove c’è già latente il male il cane lo sente. Lo hanno scoperto di recente, ci sono dei cani addestrati per individuare molto prima degli apparecchi quello che ci sta accadendo. Il cane sente la malattia che sta per arrivare al padrone. Se il cane, che ha il senso più affinato, lo percepisce, vuol dire che il mio corpo gli sta mandando un messaggio. Sta parlando, e mentre ci parla spesso noi non sentiamo e continuiamo per la nostra strada. Non perché siamo tonti, è perché abbiamo fretta, dobbiamo consumare giorni e ore. Va così oggi, mica che io punti il dito, oggi va così e basta. Ma ci sarà una saturazione, e l’uomo precipiterà di nuovo e tornerà a riappropriarsi dei ritmi naturali e a leggere la scrittura del proprio corpo.
Mauro Corona*
* Nato a Erto (Pordenone) nel 1950, è autore di numerosi libri, tra i quali “Il volo della martora”; “Le voci del bosco”; “Finché il cuculo canta”; “Gocce di resina”; “La montagna”; “Nel legno e nella pietra”; “Vajont: quelli del dopo”; “La fine del mondo storto” (premio Bancarella 2011); “La voce degli uomini freddi” (finalista premio Campiello 2014); e delle raccolte di fiabe “Storie del bosco antico” e “Torneranno le quattro stagioni”. Nel 2013 per Chiarelettere ha pubblicato “Confessioni ultime” (con un dvd di Giorgio Fornoni).