“Movimenti di popolazione”. Può esistere uno sviluppo “sostenibile” dei flussi migratori?
Chi sono le persone che arrivano a Lampedusa, e perché hanno deciso di rischiare la vita? Perché tanti giovani vanno a cercare lavoro “all’estero”, e quali sono le conseguenze geopolitiche delle loro scelte? Qual è il significato di parole come “integrazione” o “assimilazione”? Cento pagine per capire storia, motivazioni e implicazioni sociali, economiche e ambientali di un fenomeno in evoluzione. Per la rubrica Racconti d’Ambiente pubblichiamo oggi l’introduzione del libro “Movimenti di Popolazione. Una piccola introduzione.“ edito dalla Luiss Edizioni.
Gli esseri umani hanno le gambe: per questo, da sempre, si sono spostati, a volte per migliaia di chilometri, in fuga da qualcosa o guidati dal desiderio di scoperta, per allontanarsi o per avvicinarsi, per conoscere o per dimenticare. I termini associati all’esperienza del movimento sono molteplici ed evocativi: nomadismo, colonizzazione, esplorazione,viaggio, conquista, pellegrinaggio, esodo, traversata. Lo stesso vale per le figure romantiche o temibili che questa esperienza ha ispirato: dal diplomatico alla spia, dal mercante al militare, dall’invasore all’evangelizzatore, dall’esule al profugo. Insomma, per gran parte della loro storia gli umani sono stati in movimento, mentre la sedentarietà ha costituito un’eccezione. Per questo si può sostenere che “gli umani sono una specie migratoria” (Massey et al.2005). In effetti, i movimenti di popolazione hanno reso possibile la diffusione della specie umana nei continenti, dall’Africa, ritenuta la culla dell’uomo anatomicamente moderno, all’Asia occidentale, all’Europa e poi verso l’Asia orientale, arrivando nelle sue fasi finali alle Americhe e poi all’Australia.
La dispersione e distribuzione geografica dell’umanità hanno quindi permesso la colonizzazione da parte dell’uomo di vari territori, passando attraverso diverse abitudini, affinando così le tecniche di sopravvivenza e contribuendo a complessi processi di selezione umana. In definitiva,dalla mobilità indotta dal cercar cibo a quella legata all’attività agricola, dall’occupazione di terre alle invasioni barbariche, dalle scoperte geografiche al colonialismo, dagli esodi di massa all’attuale globalizzazione migratoria, la storia delle popolazioni umane è stata segnata da spostamenti territoriali. Migrare, però, non significa solo cambiare luogo ma anche varcare un confine. È chiaro quindi che uno dei principaliattori nel processo migratorio, oltre ai migranti stessi, è lo Stato, quale organizzazione territoriale di partenza o di accoglienza. E lo Stato, come sosteneva il fondatore della Geografia Politica Friedrich Ratzel nella prima parte del suo grande trattato “Politische Geographie” (1897), significativamente intitolata “La connessione tra territorio e Stato”, «è una porzione di umanità e una porzione di territorio. L’uomo non è pensabile senza la terra, e tanto meno lo è la più insigne opera dell’uomo sul nostro pianeta, ovvero lo Stato». Insomma, lo Stato tramite i suoi confini, siano essi ben controllati o meno, solleva questioni di jus territoriale che frammentano le dinamiche migratorie. Ciò nonostante, tutti i grandi imperi così come gli Stati moderni che hanno lasciato il loro marchio nella storia, sono stati organizzazioni territoriali dotate di grande diversità culturale, derivante appunto da movimenti e incroci tra popolazioni.
Da quando, nel XIX Secolo, sono diventati un fenomeno di massa, i movimenti di popolazione rappresentano qualcosa di intimamente popolare. Hanno ispirato film, romanzi, canzoni, rappresentazioni teatrali. Allo stesso tempo si tratta di un argomento facilmente banalizzabile dai media e potenzialmente sfruttabile in maniera populistica da parte della politica. Ciò accade in particolare durante i cicli economici sfavorevoli nei quali è facile individuare le cause del problema proprio in una delle fasce deboli delle società, gli immigrati,che pure, nella maggior parte dei casi, non abbandona noi propri paesi di origine a cuor leggero. Spesso la ragione che li spinge è la ricerca di migliori occasioni di vita in altri territori e altrettanto spesso essi contribuiscono al benessere del paese ospitante. I benefici dell’immigrazione sono, però, solitamente sottostimati a favore delle pur esistenti problematiche legate a integrazione e sicurezza che vengono, invece, frequentemente enfatizzate.
Ci sono poi i migranti la cui motivazione a partire non è la “semplice” speranza di migliorare la propria esistenza ma la costrizione a fuggire da tragedie umanitarie o catastrofi naturali. E frequentemente, purtroppo, nel loro viaggio forzatotrovano la morte. Questo breve testo è stato elaborato nell’arco di un 2014 che ha visto l’attraversamento del Mar Mediterraneo verso le coste italiane da parte di più di 160.000 persone che sfuggivano dagli eventi geopolitici in atto in Africa e Medioriente, e delle quali sfortunatamente circa 3.000 hanno perso la vita. Una catastrofe umanitaria cui l’Italia ha meritoriamente – e, va detto, in solitudine – risposto con una imponente operazione di pattugliamento e salvataggio chiamata Mare Nostrum. In ogni caso, il fatto che i movimenti di popolazione siano ormai un argomento di interesse pubblico è confermato dalla loro rilevanza nelle agende politiche di Stati e Organizzazioni Internazionali e dall’attenzione loro riservata dai mezzi di comunicazione. Tuttavia, molti concetti restano poco chiari e le statistiche, pur quando sono rese con lo scopo di informare e non di allarmare, spesso non aiutano, data la mutevolezza e complessità del fenomeno migratorio, a comprenderne tutte le sfaccettature e conseguenze, che riguardano ogni aspetto della vita umana. Il processo migratorio coinvolge, infatti, una pluralità di discipline d’analisi: è essenzialmente “geografico” perché è connesso ai movimenti delle persone nello spazio con conseguenze sugli equilibri territoriali e ambientali sia del luogo di partenza sia di quello di destinazione; è “demografico”poiché incide sulla struttura d’età della popolazione di origine e di accoglienza; è “economico” sia perché molti spostamenti avvengono a causa della disparità salariale tra aree geografiche sia perché può contribuire allo sviluppo economico dei paesi; è “politico” quando gli Stati sentono di dover controllare i propri confini e disciplinare i flussi in entrata e in uscita; è “giuridico” perché coinvolge molte sfere relative ai diritti dell’uomo; è “socio-culturale” giacché la struttura sociale e il sistema culturale di entrambi i luoghi di partenza e arrivo ne subiscono l’influenza e a loro volta. condizionano il migrante; è “psicologico” in quanto influisce sulle motivazioni del migrante a partire e sulla sua capacità di adattamento alla società ospitante.
Questa “piccola introduzione” si propone quindi, pur nella consapevolezza della vastità del fenomeno, di fornire al lettore una serie di agili spiegazioni corredate da dati sufficienti per comprendere le questioni fondamentali sollevate dai movimenti di popolazione contemporanei, nell’intento, soprattutto, di stimolare la sua curiosità ad approfondire un argomento di così intensa presenza nella vita quotidiana di ognuno. Il testo si compone di quattro capitoli. Il primo tenta di inquadrare il fenomeno dei movimenti di popolazione nei suoi tratti storici e geografici, definendo poi le tipologie di migranti e migrazioni, nonché le principali motivazioni alla base del processo migratorio. Il secondo capitolo cerca,seppur brevemente, di dar conto delle diverse implicazioni derivanti dai movimenti di popolazione: demografiche,geografiche, culturali, politiche, economiche, giuridiche, ambientali.Il terzo capitolo si concentra sul continente europeodescrivendo storie e politiche dei paesi principalimete dimigrazioni e dell’Unione Europea. Il quarto capitolo si occupa dell’Italia tracciandone la sua storia da paese di emigrazione a meta di immigrazione con le relative sfide e opportunità.
Alfonso Giordano*
*E’ docente di Geografia politica presso la LUISS Guido Carli di Roma, dove ha insegnato anche Movimenti di popolazione e relazioni internazionali e Sviluppo sostenibile e flussi migratori.