Mark Cooper: “l’alfiere del paesaggio” che fotografa l’essenza della natura
Inglese naturalizzato in Monferrato, Mark Cooper è un fotografo dalla sensibilità pittorica. Nelle sue fotografie, che scatta sospeso a un elicottero, campi, vigneti e risaie diventano dipinti “a pennello” dal lavoro dell’uomo. Dopo aver vissuto a Londra per diversi anni e realizzato numerosi reportage fotografici, soprattutto in Medio Oriente e Africa settentrionale, Cooper si è stabilito in Piemonte, nella provincia di Alessandria, dove vive ormai dal 1993 e da 15 anni dedica la propria ricerca fotografica al progetto “Earthscapes – L’arte del Paesaggio”. Fino al 22 giugno, la mostra “Winescapes” presenta una selezione dei suoi lavori presso il Palazzo Paolo V di Benevento.
D) Mark, come è nata l’idea di Earthscapes, il suo progetto più esteso?
R) Sono nato nel Lake District, un vero paradiso naturale. Quel paesaggio ormai fa parte del mio DNA. Il mio sogno di bambino era volare. Tanti anni dopo per puro caso ho avuto modo di fare un viaggio in elicottero e ho capito che il volo e l’aria sono la mia dimensione. La fascinazione per il paesaggio che mi porto dentro da sempre è diventata la mia professione e il mio progetto.
D) Cosa si prova a fotografare la natura dall’alto? Cosa vuole raccontare con le sue foto?
R) Io sono un autodidatta, non ho mai fatto corsi di fotografia né di arte. A 7 anni mia nonna mi ha regalato la mia prima macchina fotografica. Ho passato gli ultimi 40 anni nascosto dietro l’obiettivo, le mie fotografie sono la mia voce, fanno parte del mio equilibrio interiore. Fotografare volando è una combinazione di stupore e meraviglia per il paesaggio sottostante misto all’adrenalina dell’azione per realizzare lo scatto migliore dall’elicottero. La mia è una ricerca dell’essenza della natura, delle cose più semplici. Che però mi richiede un grande lavoro su me stesso, devo abbattere molti limiti personali per arrivare a quelle foto. Per esempio, da piccolo soffrivo di vertigini, ma ora sono un fotografo aereo.
D) Come si è sviluppato il suo rapporto con l’ambiente?
R) In Inghilterra il rispetto per la natura viene insegnato fin dall’asilo. Così penetra nel DNA di un popolo intero. In Italia purtroppo non è così, anche se con gli anni vedo piccoli miglioramenti, fortunatamente. Il mio rapporto con l’ambiente è molto personale, è quasi un dialogo con madre natura. Recentemente sono stato nominato “alfiere del paesaggio”, un grande motivo di orgoglio per me, considerato che il Monferrato non è nemmeno la mia terra di origine. Attraverso le mie fotografie posso insegnare ad apprezzare di più l’ambiente e il paesaggio. È importante insegnare l’amore per la natura, ognuno deve farlo a modo proprio.
D) Quali sono le azioni “ecosostenibili” della sua quotidianità?
R) Prima di tutto faccio molta attenzione al risparmio idrico: l’acqua è un bene fondamentale, siamo troppo abituati a considerarla sempre a nostra disposizione, ma dobbiamo cambiare le nostre abitudini. Poi seguo scrupolosamente la raccolta differenziata. Fino a pochi anni fa era difficile praticarla, oggi è finalmente possibile vivere più in armonia con l’ambiente.
D) Come ha visto la natura e il paesaggio cambiare dall’inizio del suo lavoro?
R) In 15 anni che volo su questo territorio il paesaggio non è cambiato tanto, ma ci sono più frane perché c’è più deforestazione. Anche il cemento è aumentato notevolmente. Parallelamente si sono diffusi tantissimo i pannelli solari, che apprezzo e sostengo. Sul paesaggio però sono un’arma a doppio taglio. Sarebbe bello trovare un modo per mimetizzarli meglio.
D) Se avesse la bacchetta magica, quale problema ambientale vorrebbe risolvere subito e perché?
R) Senza dubbio l’inquinamento di aria e acqua, perché a lungo andare sarà questo a piegare il pianeta. Il buco nell’ozono, i mari inquinati. Stiamo lasciando ai nostri figli una Terra sempre più ostile.
D) Come definirebbe la sua idea di paesaggio?
R) È una domanda difficile, ci sono migliaia di risposte valide, ma secondo me è un patrimonio comune, un bene a disposizione di tutti: con il suo cibo, il vino, i prodotti per la nostra sopravvivenza. In più, visto dall’alto, il paesaggio non ha confini, non ha colori politici. Mentre a terra tutto questo cambia: un paese non può parlare con l’altro, non si possono attraversare i campi a piedi perché sono considerati pezzi di terra privati, da proteggere.
D) Winescapes è in mostra fino al 22 giugno: pensa che il vino abbia un ruolo sociale e di sensibilizzazione ambientale?
R) Sì e no. Sì perché il Monferrato ha vini di eccellenza mondiale che si fanno portavoci di un messaggio di qualità legata al territorio. Sicuramente in questo senso il vino aiuta a sensibilizzare l’opinione pubblica verso un concetto di qualità. No perché i vigneti si stanno diffondendo in modo selvaggio. Non ci sono più boschi e non so quanto questo aiuti la terra. Secondo me ci dovrebbero essere dei controlli più accurati per difendere l’ambiente dall’impoverimento dovuto a una coltura eccessiva, non ponderata.
D) Qual è la foto che vorrebbe scattare e che ancora non ha realizzato?
R) La risposta è banale: è sempre la prossima foto. Io sogno ogni giorno del prossimo volo, della prossima avventura. Sto lavorando su un nuovo libro per la Banca di Asti, sto facendo foto del biellese e del vercellese. Le risaie allagate che riflettono la luce, le montagne: non avevo ancora conosciuto questo paesaggio e adesso sono innamorato anche di quel territorio. Un altro progetto che sto cercando di organizzare è un’esperienza simile alla mostra “Monferrato Earthscapes“, che avevo allestito in una cava di gesso. La prossima che vorrei organizzare è in una cava di marmo a Carrara: scattare le foto di quelle montagne, esponendole insieme ai suoni di quel territorio e a videoriprese fatte con un drone in volo. Voglio permettere alle persone di vedere il mondo con il mio stesso stupore.
Daniela Falchero