Voglio vivere in campagna. Intervista a Marco Ponti
“Istintivamente mi rendo conto che filmare paesaggi o elementi della natura, insomma ciò che non è manufatto dell’uomo, è un’emozione estetica molto forte”. Catturiamo Marco Ponti in fase creativa. Alle prese con la regia del suo ultimo film “Ti amo troppo per dirtelo”, una romantica e tribolata storia d’amore tra due giovani alla prova dei più classici guai sentimentali, ambientata a Torino e provincia. E lui, che notoriamente è cineasta noto per avere gusti decisamente metropolitani, questa volta torna sui suoi passi e si confida. Ho capito qual è la mia “droga verde”: la campagna, dice.
Sarà il ritorno nella sua Avigliana, dopo qualche anno trascorso in pianta stabile a Los Angeles. Fatto sta che, ci rivela, è in quell’affresco di colori e odori dei campi dal sapore di genuinità, che sta la sua dimensione di vita ideale.
Ponti, dalla sua fortunatissima pellicola d’esordio, “Santa Maradona”, passando per “A/R+Ritorno” per arrivare ad oggi, non ha mai abbandonato le location cittadine. La natura non la affascina, come soggetto o come ambientazione dei suoi film?
No, tutt’altro. Provo ammirazione per i registi che sanno raccontare in modo magistrale la natura, come Herzog. Proprio in “Ti amo troppo per dirtelo” ho sentito forte l’esigenza di inserire delle scene all’aria aperta, alla luce. Sono molto legato alla provincia di Torino, in particolare alla zona di Avigliana, nella quale sono nato. Proprio in questi giorni stiamo girando i pezzi in cui i protagonisti, Francesco Scianna e Jasmine Trinca, si avventurano in montagna per andare a fare trekking. In questo mio ultimo lavoro molte più scene sono ambientate in aperta campagna, nei laghi aviglianesi. Un’esigenza e un’ispirazione, dopo che sono tornato da Los Angeles.
Perché?
L’esperienza americana mi ha insegnato molto. La natura fa bene. Ti libera la mente, ti apre gli orizzonti. Una volta che la scopri ti entra dentro. La California mi ha costretto a fare due o tre passi indietro rispetto all’idea di paesaggio. La città va bene, ma c’è un momento in cui iniziano a mancarti il verde, l’acqua, il sole. In una parola, l’ecologia.
Meglio gli orizzonti, i tramonti californiani a quelli italiani?
Negli States hai l’impressione che i cieli siano più grandi. Questa è l’America. Prendiamo il Montana: che paesaggi mozzafiato! E’ detto “il paese in cui il cielo è più grande”. E in effetti è vero. Incredibile, ma è così. Ero a mezz’ora dalla spiaggia di Santa Monica, a tre quarti d’ora dalle montagne dove nevicava.
Nostalgia?
Ghiacciai, montagne, neve sono gli scenari, la direzione verso cui voglio andare, anche nella scelta dei soggetti per i miei prossimi film. Comunque non sono nostalgico. Il Piemonte, in un certo senso, gode degli stessi privilegi. Vicino al mare e vicino ai monti.
E lei cosa preferisce?
Stare nel mezzo e poter scegliere che direzione prendere. Raggiungere in fretta l’acqua, e altrettanto in fretta le alture, tipo la Val di Susa, dove in passato facevo free climbing. Il compromesso perfetto è la campagna.
La campagna, per quale ragione?
Perché solo lì vedo le stagioni. Il loro ritmo, i colori. Certo, non è un luogo molto agevole in cui vivere. Non sei completamente padrone degli spostamenti. Se nevica, non c’è nessuno che pulisca le strade e rischi di restare bloccato. Ma è affascinante essere un po’ dipendenti dalla natura.
Girare un film in mezzo alla natura comporta maggiori difficoltà?
Sì. Appena esci dai teatri usuali perdi il controllo della scena, cioè della situazione atmosferica, dei rumori, delle condizioni circostanti. Se passa una nuvola e ti oscura il sole in una scena clou, se si alza il vento devi ricominciare da capo. E’ tutta una grande complicazione. Ma ciò che la natura ti restituisce, ripaga gli sforzi.
Ci lasci intrufolare un po’ nel suo privato, quali sono le pratiche “verdi” che normalmente osserva? Riciclo dei rifiuti, predilezione per mezzi di trasporto eco-compatibili?
Il compitino della raccolta differenziata lo faccio molto bene. Mi definirei quasi un maniaco. Stacco le etichette dai prodotti per differenziare la carta dal vetro, conservo i biglietti del bus e gli scontrini, separandoli dalla plastica. E poi uso la macchina solo se è necessario.
In alternativa, bus, bici o treno?
Mi muovo molto in autobus o in tram, per gli spostamenti lunghi o per andare da Avigliana a Torino in treno. Quand’ero in America, in un momento di entusiasmo per l’ambiente, ho anche abbandonato il classico macchinone di laggiù e ho acquistato un’auto ibrida. E’ il giusto contrappasso, per chi, come me, è appassionato di motori e di Formula 1.
In bagno, invece? Come va con il dosaggio dei rubinetti sotto la doccia?
Lì sono un disastro, ci provo ma non ci riesco. E mia moglie, che è molto più disciplinata di me, finisce sempre per farmi la ramanzina.
“Istintivamente mi rendo conto che filmare paesaggi o elementi della natura, insomma ciò che non è manufatto dell’uomo, è un’emozione estetica molto forte”. Catturiamo Marco Ponti in fase creativa. Alle prese con la regia del suo ultimo film “Ti amo troppo per dirtelo”, una romantica e tribolata storia d’amore tra due giovani alla prova con i più classici guai sentimentali, ambientata a Torino e provincia. E lui, che è cineasta noto per avere gusti metropolitani, questa volta torna sui suoi passi e si confida. Ho capito, dice, qual è la mia “droga verde”: la campagna. Sarà il ritorno nella sua Avigliana, dopo qualche anno trascorso in pianta stabile a Los Angeles. Fatto sta che, ci rivela, è in quell’affresco di colori e odori dei campi dal sapore di genuinità, che sta la sua dimensione di vita ideale. Eppure Ponti, dalla sua fortunatissima pellicola d’esordio, “Santa Maradona”, passando per“A/R+Ritorno”, non ha mai abbandonato le location cittadine.
D) La natura non la affascina, come soggetto o come ambientazione dei suoi film?
R) No, tutt’altro. Provo ammirazione per i registi che sanno raccontare in modo magistrale la natura, come Herzog. Proprio in “Ti amo troppo per dirtelo” ho sentito forte l’esigenza di inserire delle scene all’aria aperta, alla luce. Sono molto legato alla provincia di Torino, in particolare alla zona di Avigliana, nella quale sono nato. Proprio in questi giorni stiamo girando i pezzi in cui i protagonisti, Francesco Scianna e Jasmine Trinca, si avventurano in montagna per andare a fare trekking. In questo mio ultimo lavoro molte scene sono ambientate in aperta campagna, nei laghi aviglianesi. Un’esigenza e un’ispirazione, dopo che sono tornato da Los Angeles.
D) Perché, qual è la connessione?
R) L’esperienza americana mi ha insegnato molto. La natura fa bene. Ti libera la mente, ti apre gli orizzonti. Una volta che la scopri ti entra dentro. La California mi ha costretto a fare due o tre passi indietro rispetto all’idea di paesaggio. La città va bene, ma c’è un momento in cui iniziano a mancarti il verde, l’acqua, il sole. In una parola, l’ecologia.
D) Meglio gli orizzonti e i tramonti californiani o quelli italiani?
R) Negli States hai l’impressione che i cieli siano più grandi. Questa è l’America. Prendiamo il Montana: che paesaggi mozzafiato! E’ detto “il paese in cui il cielo è più grande”. E in effetti è vero. Incredibile, ma è così. Ero a mezz’ora dalla spiaggia di Santa Monica, a tre quarti d’ora dalle montagne dove nevicava.
D) Nostalgia dei grandi spazi?
R) Ghiacciai, montagne, neve sono gli scenari, la direzione verso cui voglio andare, anche nella scelta dei soggetti per i miei prossimi film. Comunque non sono nostalgico. Il Piemonte, in un certo senso, gode degli stessi privilegi. Vicino al mare e vicino ai monti.
D) E lei cosa preferisce?
R) Stare nel mezzo e poter scegliere che direzione prendere. Raggiungere in fretta l’acqua, e altrettanto in fretta le alture, tipo la Val di Susa, dove in passato facevo free climbing. Il compromesso perfetto è la campagna.
D) Girare un film in mezzo alla natura comporta maggiori difficoltà?
R) Sì. Appena esci dai teatri usuali perdi il controllo della scena, cioè della situazione atmosferica, dei rumori, delle condizioni circostanti. Se passa una nuvola e ti oscura il sole in una scena clou, se si alza il vento devi ricominciare da capo. E’ tutta una grande complicazione. Ma ciò che la natura ti restituisce, ripaga gli sforzi.
D) Ci lasci intrufolare un po’ nel suo privato, quali sono i gesti di ecologia quotidiana che normalmente osserva? Riciclo dei rifiuti, predilezione per mezzi di trasporto eco-compatibili, ecc…
R) Il “compitino” della raccolta differenziata lo faccio molto bene. Mi definirei quasi un maniaco. Stacco le etichette dai prodotti per differenziare la carta dal vetro, conservo i biglietti del bus e gli scontrini, separandoli dalla plastica. E poi uso la macchina solo se è necessario.
D) In alternativa, bus, bici o treno?
R) Mi muovo molto in autobus o in tram, per gli spostamenti lunghi o per andare da Avigliana a Torino in treno. Quand’ero in America, in un momento di entusiasmo per l’ambiente, ho anche abbandonato il classico macchinone di laggiù e ho acquistato un’auto ibrida. E’ il giusto contrappasso, per chi, come me, è appassionato di motori e di Formula 1.
D) In bagno, invece? Come va con il dosaggio dei rubinetti sotto la doccia?
R) Lì sono un disastro, ci provo ma non ci riesco. E mia moglie, che è molto più disciplinata di me, finisce sempre per farmi la ramanzina.
Letizia Tortello