L’UE e l’eterno ritorno dell’uguale. Verso la Conferenza sul Clima di Lima con tante parole e pochi fatti
Anche per la settimana appena trascorsa il focus dell’agenda politica europea non si è spostato dai temi ambientali. Se il “dovere di cronaca” ci impone di raccontarla, questa settimana ci troveremo, però, a narrare qualcosa già visto: tante, tantissime parole sull’efficienza, sugli sprechi e sul clima, ma ancora zero fatti, per il momento, all’orizzonte.
Martedì il Lussemburgo ha ospitato il Consiglio Ambiente. I ministri dei 28 Stati Membri hanno preso in esame la questione rifiuti e il modo per migliorarne la gestione delle differenti tipologie in Europa, con impegni vincolanti che dovrebbero andare ad aggiornare la Direttiva già esistente. L’obiettivo è proteggere la qualità dell’ambiente ed assicurare un uso prudente e razionale delle risorse naturali.
Visto che – i Ministri sono concordi - se in Europa si vuole puntare ad un’economia circolare la produzione attuale non può più essere sostenibile: non tutela l’ambiente ed è dispendiosa. Per questo motivo occorre una revisione della Direttiva attuale che riduca la quantità di rifiuti che vanno in discarica e ne invii di più verso il riciclo. Tutti d’accordo poi sulla necessità di tagliare gli sprechi di cibo.
Il Consiglio Ambiente ha poi valutato il grado di attuazione della Strategia Europa 2020 auspicando, nelle Conclusioni, l’introduzione di un target indicativo per quanto riguarda l’uso efficiente delle risorse da inserire nella Strategia. Anche se demandano la proposta alla Commissione Europea, gli Stati considerano, tuttavia, questa misura “uno stimolo” affinché le politiche europee e nazionali sfruttino l’enorme potenziale che l’economia verde può offrire in termini di crescita e lavoro.
I Ministri hanno, inoltre, adottato alcune Conclusioni riguardanti le politiche green del semestre europeo. Sostenendo un cambio di governance. Le decisioni non devono essere prese cioè solo su base economica, ma anche sulla base del fattore ambientale. L’ambiente diventa determinante per la strategia di crescita, competitività e occupazione dell’Europa. Un principio di per sé rivoluzionario – a patto che venga realmente applicato!
Altro punto in agenda è stata l’adozione della posizione UE in vista della Conferenza ONU sul Clima di Lima, in Perù, che avrà luogo dal 1° al 12 dicembre. Il Consiglio ha conferito il mandato negoziale al Ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, come Presidente di turno dell’Unione Europea. Galletti che, proprio in vista di Lima, si è poi recato in Cina, dove a sua volta ha incontrato il negoziatore della conferenza ONU presentando i target approvati la scorsa settimana riguardanti il Pacchetto Clima Energia 2030. Pacchetto di cui si è discusso anche in Lussemburgo e che continua ad essere criticato dalle associazione ambientaliste di tutta Europa per il poco coraggio che i leader del Vecchio Continente hanno avuto nel definire gli obiettivi. Obiettivi che se non saranno rivisti al rialzo dal Parlamento UE (che ha già dichiarato che combatterà in questa direzione), saranno gli stessi con i quali l’Unione Europea si presenterà al tavolo delle trattative della Conferenza sul Clima di Parigi del 2015, nella quale si deciderà un nuovo accordo internazionale sui cambiamenti climatici.
Alla posizione negoziale dell’UE, inoltre, contribuirà, oltre all’accordo su Clima ed Energia 2030, anche il dibattito pubblico avviato dalla Commissione nel marzo 2013, tramite una consultazione relativa proprio alla progettazione dell’accordo globale di Parigi. La missione sarà riunire l’attuale mosaico di disposizioni vincolanti e non vincolanti ai sensi della Convenzione ONU sul clima in un unico regime completo. Alcuni elementi di un progetto di testo negoziale dovranno essere già pronti per la conferenza di Lima di dicembre per far sì che un testo completo di negoziazione sia disponibile prima di maggio 2015. In modo da esaminare tutti i contributi e, se necessario, rivederli, per assicurare che complessivamente gli sforzi dei singoli Paesi siano sufficienti a garantire, nel complesso, che il riscaldamento globale rimanga al di sotto dei 2°C. Ecco quindi spiegata l’importanza dell’appuntamento in Perù – che tuttavia già si preannuncia interlocutorio e non decisivo.
Nel frattempo, mentre i tempi della politica si dilatano oltremodo, il documento finale sul riscaldamento globale approvato dall’IPCC (il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico) è stato presentato ieri a Copenaghen. Risultato già noto ma ribadito con enfasi e abbondanza di prove scientifiche: il cambiamento climatico esiste, ed è quasi completamente (95%) di origine antropica, ovvero causato dall’uomo. L’unico modo per limitarne l’impatto è eliminare le emissioni di gas serra dovute alla combustione di carboni fossili e fermare la deforestazione. Nessuna giustificazione nemmeno per quanto riguarda la discussione sui mezzi da adottare contro questo fenomeno: secondo gli scienziati IPCC i mezzi già esistono e sono noti, devono solo essere messi in pratica. Nel rapporto si fa riferimento, a questo proposito, all’abbandono della dipendenza dal petrolio, dal carbone e dal gas attraverso soluzioni che non bloccano di certo lo sviluppo umano né economico. Basterebbe iniziare a stoppare la propaganda delle lobby eccessivamente interessate a sostenere il contrario.
Beatrice Credi