Luciano Riberi, la calce e la canapa: ritorno agli elementi essenziali dell’edilizia
Luciano Riberi, artigiano edile della Valle Grana, in Piemonte, è un veterano e pluripremiato di Restructura, la fiera dedicata alla riqualificazione e ristrutturazione che aprirà domani a Torino. Oltre al riconoscimento dell’”eccellenza artigiana” attribuito dalla Regione, ogni anno porta a casa una targhetta-premio di CNA, per le sue realizzazioni con i materiali “primordiali” dell’edilizia – come calce e argilla – ma anche con quelli del “ritorno al futuro”, come la canapa. Troppi premi, quasi un imbarazzo per un valligiano schivo come lui, monumento al detto piemontese “esageruma nen!”.
Fondatore di Calcinia, Riberi inizia la sua attività di restauratore 28 anni fa, animato da una profonda attrazione per la “materia“, che resterà la sua passione. In particolare i materiali antichi, quelli che si usano da sempre per costruire, quando tutta l’edilizia era bioedilizia – prima cioè del periodo “industriale”, che ha sconvolto i giochi e confuso le menti e le conoscenze degli artigiani. “Mi piacciono i materiali semplici e schietti“, ci confessa. La calce naturale, in particolare, è “il legante universale che a seconda dell’uso e del fine è in grado di rispondere a tutte le esigenze di un edificio, dai pavimenti, alle pareti.”. E poi c’è il legno. Ma, da alcuni anni, c’è un altro materiale incredibile che lo appassiona: la canapa. Con questi tre materiali, ci spiega, si può praticamente fare tutto e ricostruire filiere locali che coinvolgano l’agricoltura, la manifattura, l’edilizia, generando ricchezza e aiutando a mantenere occupazione e competenze sul territorio – soprattutto quello montano, che ha patito pesantemente la crisi.
Al mondo della canapa, “ancora tutto da esplorare”, ha voluto dedicare nei giorni scorsi, un convegno (la “Fera ‘dla Caona“, come la chiamano da queste parti) a Monterosso Grana, nella sua valle, dove ha fatto arrivare, da diverse regioni d’Italia, esperti dei possibili impieghi della canapa, da quello alimentare a quello ingegneristico e farmaceutico. “Abbiamo riscoperto un materiale che usavamo fino agli anni ’50 e ora si sta tornando a studiare nelle sue infinite e stupefacenti applicazioni“. La canapa è effettivamente incredibile: curativa e salutare (pare riesca a curare malattie altrimenti incurabili, come l’epilessia), “ha equilibri interni che ricordano il corpo umano”, racconta Riberi, “e quindi è fantastico usarla negli edifici, per la sua compatibilità”. Al convegno di Montereosso un giovane ingegnere siciliano porta anche l’esperienza di come usare il “filo di canapa” per le stampanti 3D e i biopolimeri, che potrebbero sostituire i materiali di sintesi nelle guaine per i fili elettrici. Quando si dice tradizione e innovazione…
Riberi si è dato oggi una nuova missione: far diventare la Valle Grana (“già valle bio da vent’anni”) un laboratorio di studio e coltivazione della canapa. Del resto c’erano già tracce di un utilizzo nel passato, come si può vedere dai macchinari rudimentali, per separare il canapulo dalla fibra – con la forza dell’acqua – nel Museo Etnografico di Sancto Lucio de Coumboscuro. Va ricostruita dunque una memoria storica perduta e va innestata nel solco della ricerca e dell’innovazione contemporanee.
Riberi e i suoi compagni di avventura (principalmente agricoltori della valle), nel 2015 hanno iniziato con la semina di un ettaro di canapa sativa con i semi acquistati dall’Assocanapa di Carmagnola. “La cosa più importante per il momento – conclude Riberi – è che delle persone si siano messe insieme e abbiano creduto in un progetto comune”. Nel frattempo già altri agricoltori vorrebbero unirsi, perché i vantaggi di questa coltivazione sono molteplici, a partire dall’arricchimento e dalla fertilizzazione naturale dei terreni, che dopo un solo anno di coltivazione, si arricchiscono e migliorano la produttività. E poi si può vendere il seme (150 euro/quintale) e, ancora, la paglia (15 euro/quintale). Un’economia circolare dove tutti vincono, uomo e ambiente.
Andrea Gandiglio