L’Ostal e il ritorno dell’uomo “che appartiene alla terra”
“Una scelta che rifarei, nonostante tutta la lotta con la burocrazia! Ma se si è fermi sulle proprie idee, ce la si può fare”… Quasi 15 anni dopo Sabrina Veglia, 33 anni, dottoressa in tecnica erboristica, riprenderebbe la strada scelta insieme ad Ivo Arlotto, 40 anni, ingegnere civile, e Annalisa Fortuna, 36 anni, biologa. Il trio che, anni fa, ha deciso di cambiare vita e lavorare al progetto agricolo “L’Ostal” (la “casa” in dialetto provenzale).
Parliamo di cinque ettari di terreno nel comune piemontese di Valgrana, frazione Cavaliggi, dedicati alla coltivazione della frutta (mele in particolare), in regime biologico. Lontano dalla chimica e dai numeri dell’agricoltura industriale.
Questa storia positiva (nel pieno spirito della nostra rubrica “Campioni d’Italia“), ne ha una altrettanto bella alle spalle. Più lontana nel tempo: Angelo, il nonno di Ivo, classe 1914 e un rispetto innato per la natura, già all’inizio degli anni ’80 (prima di qualsiasi “moda” o trend di mercato) aveva sposato la causa del biologico ottenendo, la certificazione. Roba da veri pionieri per l’epoca. Quando il nipote Ivo, ancora giovanissimo, prende in gestione i terreni del nonno, nel 1996 - per evitare la dispersione di quel capitale culturale, sociale, economico e familiare – trova quindi un terreno estremamente fertile e sano, sul quale far maturare i propri frutti.
Con l’aiuto del padre Enzo, Ivo riesce dunque a tenere in vita l’azienda del nonno. Impianta un frutteto con antiche varietà, apre un laboratorio di trasformazione, gli ettari da tre crescono fino a cinque. Poi nel 2006 arriva la socia Sabrina e nel 2010 Annalisa. “Si è coltivato l’interesse di proporre un prodotto il più possibile naturale e abbiamo messo insieme le forze”, racconta Sabrina. “Ivo si occupa delle questioni più strettamente agricole, Annalisa dell’amministrazione e degli aspetti commerciali, io del laboratorio. Trasformo la frutta in sciroppi, frutta sciroppata, sidro di mela, aceto di mela, marmellate, succhi di frutta limpidi, ovvero frutta pressata a freddo senza acqua e senza zuccheri, senza aggiunta di niente”.
La mela – spesso simbolo del biologico, eppure inquinatissima da fitofarmaci in tante produzioni nazionali – è il prodotto principale dell’azienda, se ne coltivano fino a 40 varietà. Alcune locali che rischiavano di andare perse. “Le abbiamo recuperate, conservando la memoria storica”. Ma ci sono anche altre coltivazioni tipiche del Piemonte, come la pera madernassa (arrivata in Val Grana nel primo Novecento dal Roero), la piccola e squisita susina ramassin, la ciliegia griotta. Un elenco che rende evidente l’importante lavoro di recupero della memoria storica botanica, agricola e contadina del territorio. “Sono varietà che erano state abbandonate”, concludono i tre “creativi di campagna“, invitati ad intervenire sabato 27 ottobre al 7° Workshop IMAGE, organizzato da Greenews.info e Associazione Greencommerce nel contesto dell’88°Fiera Internazionale del Tartufo di Alba.
I giovani soci di L’Ostal, dopo le iniziali difficoltà, hanno iniziato a beneficiare di una svolta culturale: “Specialmente in questi ultimi anni stiamo notando una maggiore sensibilità del consumatore per il prodotto biologico, ma non solo. Questo deve essere autentico e curato in un certo modo, non solo avere un bollino. Le persone vogliono avere a che fare con chi lo produce e soprattutto lo sa raccontare. Si tratta di un valore aggiunto”. Il contatto diretto c’è anche in azienda: “Una volta facevamo i mercati, ora vendiamo ai negozi o ai clienti finali, con i gruppi di acquisto, anche nel sud della Francia, e ai negozi del settore biologico. Più lo shop on-line come con la Greeneria”.
“Non è stato facile, non lo è tuttora. Siamo partiti con la grande crisi economica ed è stato un susseguirsi di investimenti e di sacrifici. Si è andati avanti perché abbiamo un ‘idea (anche di vita) e crediamo in quello che facciamo”. Oltre il risultato economico c’è la soddisfazione di aver investito la propria esistenza in un progetto che coniuga innovazione e tradizione, in un territorio che 40/50 anni fa in tanti hanno abbandonato. “…Non è la terra che appartiene all’uomo, ma è l’uomo che appartiene alla terra.”, diceva nonno Angelo.
Gian Basilio Nieddu