L’Europa in soccorso dell’Artico, termometro del Pianeta. Ma la Cina rema contro
L’Artico è una delle regioni della terra più colpita dal cambiamento climatico. Per rispondere alle sfide che la contemporaneità pone a questa zona la Commissione Europea e l’Alta rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, Federica Mogherini, hanno elaborato un piano strategico integrato.
Partiamo dalla geografia. La regione artica, con i suoi quattro milioni di abitanti, copre il Mar Glaciale Artico centrale, i suoi mari regionali come il Mare di Barents, i Mari di Kara e dei Ciukci, ma anche i territori di Danimarca, Finlandia e Svezia (tre Stati UE); Islanda e Norvegia (che fanno parte dello Spazio Economico Europeo); Federazione Russa, Stati Uniti e Canada.
Si tratta di una regione importantissima. In una nota la Commissione europea fa notare che, negli ultimi anni, il suo ruolo per quanto riguarda i cambiamenti climatici ha assunto una dimensione centrale, con conseguenze di vasta portata in quanto la regione funge da regolatore del clima della Terra, e quindi anche dei modelli climatici europei. Negli ultimi decenni, il riscaldamento dell’Artico è avvenuto a una velocità quasi doppia rispetto alla media mondiale. Gli scienziati hanno, inoltre, rilevato che anche la regione artica contribuisce significativamente al cambiamento climatico, attraverso il graduale rilascio di gas metano dovuto al suo riscaldamento.
Già nel 2014 il Consiglio e il Parlamento Europeo avevano invitato la Commissione e l’Alta Rappresentante a “elaborare un quadro più coerente per i programmi di finanziamento e intervento dell’UE nella regione artica”. La nuova politica integrata dell’UE per l’Artico deriva da questa richiesta e, si legge nei documenti, “intende rafforzare ulteriormente il ruolo dell’Unione Europea nella regione, basandosi su una serie di attività e decisioni esistenti che hanno già avuto effetti su di essa, avendo fatto seguito alla comunicazione strategica del 2008 nonché a un aggiornamento e a una panoramica delle attività nel 2012”.
Ma al di là del linguaggio formale, cosa prevede la nuova “strategia” in concreto? Il documento dovrebbe orientare l’azione dell’UE nella regione per quanto riguarda 39 interventi incentrati su: cambiamenti climatici, protezione dell’ambiente, sviluppo sostenibile e cooperazione internazionale. Un ruolo particolarmente importante è ricoperto da ricerca, scienza e innovazione, che si rifletteranno in tutti i settori di attività. Alla base c’è la vigente legislazione dell’UE, che comprende l’impegno a ridurre le emissioni di gas a effetto serra. Infine viene esplicitata la necessità di integrare le politiche degli Stati membri già attive, come quelle di Italia, Gran Bretagna, Danimarca, Finlandia, Germania, Polonia e Svezia, che hanno già quadri normativi (nel 2016 anche Olanda, Francia e Spagna pubblicheranno le loro linee guida sulle questioni artiche).
Le azioni strategiche proposte dovranno ora essere discusse con gli Stati Membri in sede di Consiglio e Parlamento Europeo.
Dallo scioglimento dei ghiacci, è bene ricordarlo, c’è però anche chi trae vantaggi. È il caso della Cina. Che, nell’inedita apertura della rotta artica vede una potenziale implementazione dei suoi scambi commerciali con l’Occidente. Il cambiamento climatico sta infatti creando una nuova rotta a Nord Ovest, che garantisce un risparmio significativo nel costo del trasporto navale. Quando dovesse essere comunemente utilizzata, questa tratta cambierà il trasporto marittimo globale e avrà una profonda influenza su ambiti legati al commercio, all’economia, al flusso di capitali internazionali e allo sfruttamento delle risorse. Si fa quindi sempre più chiara la persistenza degli interessi cinesi sulla regione artica. La Cina è, infatti, diventata recentemente uno dei principali investitori minerari in Groenlandia e ha anche raggiunto un accordo di libero scambio con l’Islanda. La partita rischia dunque di essere particolarmente difficile.
Beatrice Credi