Le mani sporche della mafia sulle energie pulite. Un’inchiesta shock
Un’inchiesta sul mondo delle rinnovabili, che cerca di spiegare, attraverso l’analisi dei fatti, perché l’Italia ha perso una grande occasione anche in un nuovo settore, senza possibilità di ritorno, almeno a breve. Per la rubrica “Racconti d’Ambiente“, pubblichiamo oggi un estratto del libro: “Il sole, le ali e la civetta” (Alpine Studio Editore) di Lucia Navone. Nel volume episodi di fiction si alternano alla ricostruzione giornalistica, per cercare di fare luce su come sono andate le cose in Italia sul fronte delle energie rinnovabili. Un’inchiesta che, lontano da pregiudizi e assolutismi ideologici, inizia con le prime eclatanti inchieste degli anni d’oro dell’eolico, passa per l’Eldorado del solare e arriva ai giorni nostri con le biomasse. Il testo qui sotto è tratto dal secondo capitolo, intitolato “La coscienza pulita della mafia“, in cui l’autrice ripercorre come e perché la criminalità organizzata ha messo le mani sulle energie rinnovabili.
«Tutte le mafie hanno prestato grande attenzione al settore dell’energia eolica e fotovoltaica.» A dirlo è Giuseppe Pisanu, Presidente della Commissione Antimafia, intervenuto a Bari nel 2010 nel corso delle audizioni della Commissione Antimafia. «Certi criminali – ha detto Pisanu– hanno dimostrato abilità nel ricorrere agli intrecci finanziari e societari per muovere i propri capitali, e abilità con cui scelgono i settori più redditizi di investimento.» Ma l’interesse della mafia è stato attirato dalla decisione politica di incrementare la produzione di energia sostenibile, oppure è stata la mafia ad orientare certi indirizzi politici verso il business delle rinnovabili? Dilemma che in parte risolve lo stesso presidente della commissione antimafia ammettendo che, «i mafiosi si servono della politica e non la politica si serve di loro.»
Anche un rapporto del Consiglio Nazionale dell’Economia del Lavoro (CNEL), uscito nel maggio del 2012, evidenziava alcuni dati drammatici sul fenomeno; tra il 2007 ed il 2011, ben 17 sono state le inchieste aperte da 14 Procure sui parchi eolici, tutte concentrate nelle cinque regioni meridionali; 106 le persone denunciate, 126 quelle arrestate.
Un fenomeno preoccupante di cui ancora oggi non si conoscono le dimensioni reali. Come ricorda l’Istat “i nuovi sistemi di contabilità nazionale impongono a tutti i paesi di contabilizzare nel PIL anche l’economia non osservata. Teoricamente, tutti i fenomeniche danno luogo a economia non osservata sono oggetto di stima e di inclusione nei conti. Allo stato attuale, però, la contabilità nazionale italiana, al pari di quella degli altri partner europei, esclude l’economia illegale per l’eccessiva difficoltà nel calcolare tale aggregato e per la conseguente incertezza della stima, che renderebbe poco confrontabili i dati dei vari paesi nazionali”. Nessuna traccia quindi dei proventi della mafia nel PIL. Da anni la criminalità organizzata ha ormai scelto la via del cosiddetto “inabissamento”, quella cioè di far tacere le armi e favorire invece gli affari, con una penetrazione sempre più in profondità nel tessuto economico e sociale. Un “trend” di cui si è occupata anche l’agenzia anticrimine dell’Unione Europea nell’ultimo rapporto su la criminalità organizzata italiana. Il dossier parla di investimenti sofisticati in settori particolarmente innovativi dove Mafia, ‘Ndrangheta, Camorra e Sacra Corona Unita, forti delle proprie disponibilità finanziarie e dei rapporti con il territorio, riescono ad operare in regime di semi-monopolio.
E il giovane settore delle energie pulite, come dimostrano anche le successive cronache nazionali e locali, nonché altri autorevoli studi sul tema, è stato vittima di questo sistema.
«Zio Vincenzo», implorò l’uomo d’affari, Salvatore Angelo, rivolgendosi con affetto al presunto capo della famiglia mafiosa di Gibellina, il settantanovenne Vincenzo Funari, «le biomasse sono importanti… trent’anni ci si può campare, basta che imposto tutti i miei figli.»
Negli atti dell’operazione “Mandamento”, condotta dai Carabinieri di Trapani e coordinata dalla DDA di Palermo, Salvatore Angelo, imprenditore di Alcamo, è colui che ha il compito di portare sotto il controllo di Cosa Nostra trapanese l’affare delle biomasse (un impianto da creare nel catanese). A disposizione di Angelo ci sono imprenditori danesi: «cu sti danes (Baltic Wind, ndr) la cosa è lunga è una cosa statale una cosa importantissima, la sto seguendo mi deve credere come un figlio, cento cristiani ci vanno impiegati…», diceva allora Angelo a Vincenzo Funari. E il comune denominatore di ogni discussione legata agli affari, era una percentuale da garantire ad un “compare Matteo”. Secondo le ricostruzioni, potrebbe trattarsi di Matteo Messina Denaro e a tradirsi, lo stesso Salvatore Angelo: «Matteo è un grande amico mio, ma io con Matteo un ci posso iri… capiscimi!»
Una faccenda che ha fatto il giro del mondo e che è arrivata a destare l’interesse del Washington Post: un corrispondente è andato a vedere cosa stava succedendo in Sicilia. “Una storia”, scrive Anthony Faiola sul Post del 23 gennaio 2013, “degna di una puntata della serie dei ‘Sopranos’.”
“Ma come si muovono le famiglie mafiose nel mondo dell’eolico e del solare? Fanno pressioni sui proprietari terrieri per avere affitti a lungo termine e a prezzi calmierati, corrompono amministratori locali per velocizzare il processo di sblocco dei terreni, che normalmente dura dai tre ai sei anni. A questo punto coinvolgono investitori stranieri per intercettare i fondi statali”, racconta il quotidiano del District of Columbia.
Riporta l’agenzia di stampa Radiocor il 7 dicembre 2012, ricordando le accuse: “l’indagine, che ruota attorno agli interessi del Boss Messina Denaro, ha svelato l’infiltrazione di Cosa Nostra nelle attività economiche delle provincie di Trapani, Agrigento e Palermo, attraverso la sistematica acquisizione dei lavori per la realizzazione degli impianti di produzione delle energie rinnovabili, i cui proventi venivano in parte destinati alle esigenze di sostentamento del latitante e in parte destinati al mantenimento degli uomini in carcere e delle loro famiglie. L’organizzazione era in grado di monitorare le opere di maggiore rilevanza sul territorio,mediante il sostegno di Santo Sacco, ex consigliere provinciale del Pdl, intervenendo nella loro esecuzione attraverso una fitta rete di società controllate dall’imprenditore Angelo. Grazie all’apporto imprenditoriale, da una parte, e politico dall’altra, gli indagati hanno esteso il proprio controllo dall’energia eolica a quella solare, fino alle biomasse”.
Secondo i magistrati l’imprenditore Salvatore Angelo riuscì a infiltrarsi anche nei progetti di realizzazione dei parchi eolici di “San Calogero”, “Eufemia” a Montevago nel trapanese poi a Contessa Entellina e Ciminna in provincia di Palermo e a Castelvetrano. Sacco invece, che allora era consigliere comunale di Castelvetrano,pretese denaro per favorire l’approvazione della convenzione che il Comune avrebbe dovuto stipulare con una società interessata alla realizzazione di un parco eolico.
Lucia Navone*
* Giornalista, autrice ed esperta di comunicazione ambientale, ha curato la comunicazione per importanti realtà associative e aziende del settore rinnovabili. Per dieci anni ha curato le relazioni con i media per conto del WWF Italia e oggi i suoi articoli sono ospitati su riviste del settore ambiente ed energia. In passato ha collaborato con il settimanale Gioia e altre testate femminili.