Lamberto Vallarino Gancia: “un bello spettacolo teatrale è come un buon vino”
Lo abbiamo incontrato prima di Natale al Circolo dei Lettori di Torino, alla tradizionale colazione di lavoro per la stampa di Agroinnova, dove ha annunciato che il Teatro Carignano ospiterà, nel 2017, uno spettacolo sui temi dell’ambiente. Lamberto Vallarino Gancia, classe 1959, dal 2015 ha aggiunto alla sua lunga carriera il titolo di presidente del Teatro Stabile di Torino. Discendente della famiglia Gancia – che negli anni dell’Unità d’Italia inventò, in risposta allo champagne francese, lo spumante italiano metodo classico – è stato, tra i tanti incarichi, presidente di Federvini, dal 2008 al 2014, e amministratore delegato e presidente della F.lli Gancia SpA, l’azienda di famiglia con sede a Canelli, nel Monferrato, divenuto Patrimonio dell’Umanità Unesco proprio per le “cattedrali sotterranee” del vino…
D) Dott. Gancia, partiamo dal teatro, ci può anticipare qualcosa dello spettacolo su temi ambientali che ospiterete al Teatro Carignano nel 2017?
R) Si tratta di un progetto promosso da Agroinnova, dopo il successo dello spettacolo “Emphasis per l’ambiente“, nel maggio scorso, legato alla funzione delle piante per la salvaguardia dell’ambiente e della saluta umana. Si è deciso quindi di bloccare la data del 5 giugno 2017 – Giornata Mondiale dell’Ambiente – per mettere in scena un nuovo spettacolo che ricordi al pubblico la necessità di rispettare e proteggere l’ambiente, secondo un approccio alla sostenibilità complessivo che guardi alla salute delle piante, degli animali e dell’uomo. La regia sarà di Ivana Ferri, con la partecipazione di Laura Curino e Bruno Maria Ferraro di Tangram Teatro.
D) E’piuttosto raro trovare rappresentati nei teatri “istituzionali” i temi dell’ambiente – a parte qualche caso più impostato sulla comicità…
R) Distinguerei tra due casi: uno è il cartellone ufficiale, dove noi, ad esempio, abbiamo inaugurato la stagione con un testo molto attuale, “Il giardino dei ciliegi” di Čechov, che contiene in qualche modo tracce di sensibilità ambientale… Nell’altro caso, il Teatro Stabile di Torino offre le sue strutture a chi organizza eventi. In questo contesto Agroinnova ha colto l’opportunità e noi siamo stati felici di offrire la disponibilità del Teatro Carignano per uno spettacolo a tema ambientale.
D) Al di là dei contenuti messi in scena, il TST ha intrapreso delle iniziative di riduzione dei consumi, sul modello di quanto fatto dal cinema con il protocollo Green Movie?
R) Uno dei nostri obiettivi è proprio diventare uno dei primi “teatri sostenibili” d’Italia. Ci stiamo già lavorando, abbiamo un sistema, che si chiama Enerbrain, che ci permette di monitorare e ridurre il consumo energetico. Il primo aspetto ora è compiere un audit energetico, che deve poi essere analizzato per definire i processi e le azioni di efficientamento… Già per Federvini e per la nostra azienda mi ero occupato di qualcosa di simile, con il progetto VIVA del Ministero dell’Ambiente, nato per monitorare la filiera produttiva attraverso quattro indicatori: aria, acqua, territorio e vigneto…
D) Passiamo allora al mondo del vino… Non pensa che, esistendo già un disciplinare per il biologico, questi protocolli creino confusione nel consumatore, con una sorta di “doppio binario”?
R) In realtà no, una cosa è il biologico, con il suo disciplinare di produzione, e un’altra sono i disciplinari dei vini, nati per proteggere un territorio e rendere irreplicabile quel vino in altri luoghi. La sostenibilità vale in qualsiasi territorio, ma si tratta di creare, come dicevo, degli indicatori, che diano la possibilità di misurare quanta energia si consuma nel processo, se si usa una bottiglia di vetro più pesante o meno, il tipo di trasporto delle materie prime e delle merci ecc. E’un progetto molto più vasto, potenzialmente mondiale. Nella mia esperienza nel board di FIVS uno degli obiettivi era quello di individuare degli indicatori il più possibile unici e condivisi a livello internazionale, così da evitare che ogni Paese se ne esca con il suo indicatore… Alla fine questa è una garanzia per il consumatore. Diverso è il discorso del biologico o del biodinamico, che vuol dire fare vino con meno solforosa, minori trattamenti ecc. Ci deve essere spazio per tutti…
D) In sostanza, lei intende dire che il disciplinare del biologico si concentra più sulla parte dei trattamenti in vigna e della vinificazione in cantina, mentre un protocollo come VIVA è più esteso, prende in considerazione tutto il Life Cycle Assessment, giusto? Ovvero, un vino biologico, potrebbe, ad esempio, essere messo in bottiglie e cartoni molto poco ecologici ed essere prodotto in un capannone prefabbricato di cemento armato…
R) Esatto, qui stiamo parlando di protocolli che analizzano tutto il processo di filiera. Facciamo un altro esempio relativo ai trattamenti: vengono fatti con il trattore? Con il drone? L’impatto ambientale è diverso…
D) Lei è astigiano, pensa che la nomina Unesco di Langhe Roero Monferrato possa aiutare a preservare e rilanciare, al tempo stesso, il territorio? Anche attraverso il recupero di cantine e immobili storici, la riduzione dell’impatto della produzione vinicola, l’introduzione di forme di mobilità sostenibile ecc…
R) Ne sono assolutamente convinto! Il progetto infatti è partito anni fa dal Sindaco di Canelli, che proprio nelle nostre cantine storiche – dove è nato il primo spumante d’Italia – ebbe l’intuizione di preservare un patrimonio unico a favore dell’Umanità intera. Da qui il progetto si è allargato ai territori di Barolo, di Barbaresco, delle Langhe e Roero, per tutelare anche il paesaggio. Credo sia una grandissima opportunità per promuovere il territorio, ma anche per proteggerlo perché pone delle regole precise a chi vi opera. Per ottenere il riconoscimento Unesco sono passati anni, sono state fatte numerose visite e analisi da parte degli ispettori e proprio quelle zone che avevano deturpato il paesaggio con capannoni industriali e altre cose di questo tipo non sono “passate”… Ma questo vale anche come monito per il futuro, pena la perdita del riconoscimento per il sito in cui si andasse a deturpare il paesaggio!
D) A questo proposito un nuovo alleato diventa il Testo Unico del Vino appena entrato in vigore, che all’Art. 7 afferma che ”Lo Stato promuove interventi di ripristino, recupero, manutenzione e salvaguardia dei vigneti delle aree soggette a rischio di dissesto idrogeologico o aventi particolare pregio paesaggistico, storico e ambientale, denominati vigneti eroici o storici“, dando mandato al Ministro per le Politiche Agricole di individuarli e definire gli interventi finanziabili…
R) Condivido pienamente. Per altro il lavoro sul Testo Unico è partito proprio mentre ero in Federvini e quindi sono particolarmente contento che sia arrivato all’approvazione. L’aspetto che lei ha citato è sicuramente importante, ma non è il solo, perché contiene altre importanti novità per il nostro settore, come la minore burocrazia – un aspetto fondamentale per i produttori. Come tutte le leggi ora andrà applicata…Ma sono sicuro che non potrà che portare miglioramenti.
D) Le “bollicine” italiane stanno avendo grande successo nel mondo, ma non pensa che in alcuni casi – come quello del Prosecco – ci siano delle contraddizioni rispetto all’immagine di qualità, eccellenza e tutela del territorio e dell’ambiente di cui l’Italia potrebbe fregiarsi nel mondo? Mi viene in mente la puntata di Report che sicuramente avrà visto anche lei…
R) Non condivido assolutamente quanto diffuso da Report. Innanzitutto perché ha evidenziato una parte minore del settore e poi perché ha strumentalizzato, in maniera negativa, un settore che invece si è dato un rigore di base molto elevato. Intanto si è arrivati, anche qui, a proteggere un territorio, perché il nome “Prosecco” da vitigno è diventato un territorio. Essendo stato creato un disciplinare questo ha poi normato anche la produzione, introducendo regole ferree sulle rese, sui tipi di vitigno ammessi, sugli impiantamenti ecc. E’vero che li ha allargati, però questo ha reso possibile il successo del Prosecco a livello internazionale. E’un prodotto che ha un ottimo rapporto qualità-prezzo, piace nel mondo e ha ancora un potenziale di sviluppo enorme. Già oggi ha superato i 350 milioni di bottiglie. Ricordo che la regione dello Champagne fa altrettanti numeri, quindi non sono i volumi che determinano la qualità, ma il rigore di come si producono i prodotti. Il segreto del successo dell’Italia del vino è che sa offrire una gamma allargata, partendo da un vertice di nicchia – come quello dei metodo classico (che fanno 25 milioni di bottiglie in tutto) – fino a prodotti di largo consumo. Questo modello va valorizzato, non demonizzato…
D) Il 21 gennaio a Siena verranno presentati gli studi del Prof. Lorenzo Zanni, dai quali emerge come, verosimilmente, nei prossimi anni, i consumatori considereranno il fattore ecologico come uno dei parametri determinanti per scegliere un vino, insieme al prezzo, alla varietà o all’origine. E’d'accordo con questa interpretazione?
R) Sì, ci credo tantissimo – come opportunità di business aggiuntiva. Come avrà capito io non vedo nel mondo del vino una “sostituzione” o una guerra di uno contro l’altro. C’è una tale varietà e opportunità di mercato che c’è spazio per tutti. Già oggi diversi consumatori sono sensibili agli aspetti ambientali ed acquistano prodotti di brand che investono sulla sostenibilità ambientale, perché ritengono che contribuiscano a migliorare le condizioni di vita proprie e della collettività. Questo è già oggi dimostrato in diversi settori, dalle automobili agli yacht alla moda, dove le aziende che investono per ridurre l’impatto ambientale sanno già che saranno premiati per la loro scelta.
D) Un’ultima suggestione su teatro & vino… Che legame vede tra questi due ambiti della sua vita?
R) Ci sono parallelismi molto importanti. Tutti e due innanzitutto partono dal presupposto di soddisfare il loro “consumatore”. Per fare questo ci vuole una squadra, un team che funzioni: dal regista agli attori, alla creazione del cartellone della stagione ecc. Tutto deve funzionare all’unisono, così come nel vino ci vuole un terreno, ma ci vuole anche chi sappia tirare fuori il massimo da un vigneto e dalla vinificazione in cantina. Sono tutti e due settori che rimangono nel tempo e che continueranno a generare soddisfazione…Oltre a questo, entrambi contribuiscono allo stile di vita di un territorio: il teatro è il bene di una comunità, che si affianca all’offerta enogastronomica e turistica della città. Così come il vino stimola a visitare i luoghi, degustarne la cucina e, magari, completare l’esperienza con un evento culturale, come quello offerto dal teatro. Infine direi che il vino è partecipe anche all’interno del teatro: viene spesso citato e bevuto in scena, ma soprattutto viene bevuto dagli spettatori nel foyer, un’altra occasione per conoscere le eccellenze locali! Non a caso ci sono già due persone del mondo del vino, a Torino, che guidano il Teatro Stabile (io) e la Film Commission, Paolo Damilano...e presto ce ne sarà una terza alla Fondazione Musei, con Maurizio Cibrario!
Andrea Gandiglio