In vino veritas: la nuova PAC intrappolata nelle maglie della burocrazia UE
Se pensavamo che bastassero gli accordi finali di giugno e settembre 2013 per vedere finalmente operativa la nuova Politica Agricola Comune dopo tre anni di discussioni e negoziazioni ci sbagliavamo di grosso. Era del resto chiaro che i ritardi fossero così pesanti da non permettere a Bruxelles i tempi tecnici per fare partire la riforma nel 2014 trasformato, così, in anno di “transizione”. Tuttavia, nulla faceva intuire una impasse così profonda caratterizzata dal braccio di ferro tra Parlamento e Commissione sugli atti di applicazione della PAC, senza i quali non è possibile attuarla. Le proposte dell’Esecutivo comunitario non rifletterebbero, infatti, i contenuti dell’accordo raggiunto con il Consiglio e il Parlamento. Anche la politica agricola è, quindi, vittima in queste settimane del wishful thinking. Il passaggio dalla teoria alla pratica, lento e farraginoso, è purtroppo ancora prassi troppo diffusa nel sistema UE.
È in particolare il vino a turbare gli Eurodeputati, secondo i quali la Commissione starebbe tradendo completamente l’accordo politico già raggiunto vietando la commercializzazione di diritti d’impianto agli Stati membri che optano per il passaggio al sistema delle autorizzazioni non dal 2016 ma dal 2020. Queste norme rientrano nell’atto delegato sull’OCM unica, l’Organizzazione Comune di Mercato.
Già dopo la riunione con il Commissario all’Agricoltura Dacian Ciolos, durante la prima plenaria di febbraio a Strasburgo, il Parlamento aveva denunciato le difformità presenti tra gli atti delegati per l’applicazione della nuova PAC negli Stati membri e i regolamenti di base frutto del negoziato e già pubblicati in Gazzetta Ufficiale. Il rischio è dunque che la Commissione, con un colpo di mano, faccia passare misure diverse da quelle concordate, agevolata dalla particolare congiuntura istituzionale. Infatti, alcuni atti d’applicazione, come quello sul vino, slitteranno alla prossima legislatura e saranno approvati da eurodeputati che non conoscono a fondo l’accordo non avendo partecipato al negoziato.
Tuttavia, il vino è solo la punta dell’iceberg. Pongono problemi anche le norme sui giovani produttori, la definizione di agricoltore attivo, la proporzionalità delle sanzioni, i pagamenti accoppiati alla produzione, che non corrispondono a quanto scritto e votato dalla Commissione Agricoltura del Parlamento.
Le continue divergenze preoccupano a tal punto il presidente della Commissione, Paolo De Castro, da averlo spinto a parlare con il Ministro dell’Agricoltura francese Stéfan Le Foll. L’incontro è avvenuto a Parigi, in occasione del Salone Internazionale dell’Agricoltura. Le Foll, ha espresso profonda contrarietà sulla difficoltà presenti negli atti d’attuazione della riforma, annunciando che, insieme ad altri ministri dell’agricoltura europei, invierà una lettera allo stesso De Castro sulla necessità di un’attenta valutazione dei testi.
Intanto il Collegio dei Commissari si prepara ad approvare il primo atto delegato, quello relativo al regolamento sui pagamenti diretti. L’adozione è attesa per il 10 marzo e la Commissione Agricoltura dovrebbe votarlo nella prima seduta utile per trasmetterlo all’Aula in tempo per la plenaria di aprile. “In caso di mancato allineamento al regolamento – ha avvertito De Castro – il voto sarà contrario”.
Nel quadro della nuova PAC si inserisce, poi, la recente Consultazione che la Commissione Europea ha avviato sulle future regole relative agli aiuti di Stato nei settori dell’agricoltura, delle foreste e delle zone rurali. C’è tempo fino al 24 marzo e per partecipare bisogna compilare un apposito questionario per il settore della selvicoltura ed un altro per l’Agricultural Block Exemption Regulation; quegli aiuti di Stato, cioè, che possono essere stanziati senza essere notificati alla Commissione Europea. Già a metà marzo il dossier sarà sul tavolo del Consiglio dei Ministri UE. I tempi sono stretti in quanto il nuovo regime dovrà entrare in vigore a luglio 2014. L’obiettivo è adattare le attuali norme, che hanno una forte incidenza sulla competitività delle imprese, alla Politica Agricola Comune riformata. Il provvedimento permette, infatti, agli Stati membri di disporre di un maggiore margine di manovra in quanto, senza richiedere la preventiva autorizzazione, possono concedere su un triennio, ad ogni agricoltore, fino a 15mila euro (invece di 7.500) di aiuti pubblici.
È aumentato anche il massimale dell’aiuto per Stato membro, passando dallo 0,75% attuale all’1% del valore della produzione agricola. Istituzioni, enti pubblici, organizzazioni, imprese e cittadini sono quindi invitati ad esprimere la propria opinione anche se le norme non riguarderanno i piccoli aiuti di stato agli agricoltori cosiddetti de minimis - che percepiscono cioè sussidi fino a 200 mila euro – per i quali le nuove regole sono in vigore già da gennaio. Tuttavia, si tratta di un’ottima occasione per quei coltivatori che intendono rendere la propria attività più “verde” e sostenibile.
La Consultazione esce contemporaneamente alla pubblicazione del rapporto finanziario 2012 sulla distribuzione, da parte dell’UE, di 40,9 miliardi di Euro sotto forma di pagamenti diretti alle imprese agricole che si impegnano a produrre nel rispetto della tutela dell’ambiente, del territorio, della qualità e in favore del benessere degli animali.
Un’operazione di trasparenza che svela come ai primi posti dei beneficiari ci siano la Francia con 7,92 miliardi di Euro, seguita da Germania (5,29 mld), e Spagna (5,23 mld). Al quarto posto l’Italia con poco più di 4 miliardi di Euro.
Il nostro Paese conta, tuttavia, il numero maggiore di agricoltori. 1,21 milioni, più di tre volte di francesi o tedeschi. Con una leggera flessione rispetto allo scorso anno – erano 1,24 milioni – si evidenzia una modifica della struttura di produzione agricola italiana. Meno agricoltori e aziende più ampie, anche se l’impatto sui contributi europei resta al momento ancora limitato. La maggioranza delle figure professionali di questo campo, infatti, ha continuato a ricevere cifre non di certo cospicue. 492mila agricoltori italiani hanno ricevuto finanziamenti tra zero e 500 euro, mentre per 288mila il contributo è arrivato ad appena 1.250 Euro. Per altri 353mila i sussidi UE sono da registrare in una fascia che va da 2mila a 10mila Euro. 3.240, infine, i produttori italiani che beneficiano maggiormente della PAC, con contributi annui che vanno da 100mila a oltre 500mila euro. Una disparità che esiste nella maggioranza degli Stati membri. Le regole della nuova PAC dovrebbero permettere una distribuzione dei fondi più equa, sia tra gli Stati membri sia tra i produttori dello stesso Paese. Sempre che la riforma veda la luce.
Beatrice Credi