Il verde declinato al rosa. La moda sostenibile di Ecopink
Linda Schailon, casertana classe 1981, creatrice di capi come l’abito da annaffiare e gli anelli fatti con le cannuccie, è l’ideatrice di Ecopink, evento tutto al femminile dedicato all’ecofashion che, giunto alla sua terza edizione, si svolgerà quest’anno, dopo due edizioni milanesi, presso il The Hub King’s Cross di Londra, il 24 e il 25 settembre prossimi. Obiettivo del progetto è “quello di convogliare tutte le sinergie delle donne in un unico ‘contenitore’ in cui la loro spiccata sensibilità si trasformi in nuove forme di design sostenibile” – spiega Linda. Ecopink si traduce quindi in una vetrina della creatività sostenibile declinata al rosa, raccontata attraverso le opere delle “Pinks”, le artiste che quest’anno approderanno al London Design Festival.
D) Linda, com’è nata l’idea di coniugare il design e la moda con l’ecologia?
R) Quando si parla di design non si può non parlare dello scenario globale e attualmente mi sembrerebbe cieca e improduttiva una progettualità che non prenda in considerazione la necessità di salvaguardare l’ambiente, individuando nell’uso di materiali naturali e riciclati il punto di partenza.
D) Quando hai iniziato a pensare al progetto Ecopink?
R) Nel 2009 realizzai Flow, una collezione di anelli con cannucce riciclate; un ingenuo espediente per suggerire “un mondo più pulito e colorato”. Il progetto suscitò grande interesse, tanto che mi arrivarono richieste di acquisto dai luoghi più disparati della terra. Fu molto incoraggiante e presto iniziai a ricevere e-mail di persone che mi chiedevano consigli su come realizzare gli anelli o che si erano dilettati a fare dei prototipi. Pensai che fornire esempi tangibili di come il “prodotto rifiuto” potesse diventare “oggetto del desiderio” educasse al riciclo, insegnasse a conferire agli oggetti una nuova identità, allungando il loro ciclo di vita e limitando tutta una serie di problematiche connesse allo smaltimento dei rifiuti, industriali o legati alla vita quotidiana. Andai allora alla ricerca di artisti e designers che condividessero la mia filosofia e che stessero lavorando con materiali inediti, allo scopo di offrire loro, e a me stessa, un’occasione in cui potersi raccontare. Mi accorsi fin da subito che le prospettive più all’avanguardia in questo campo arrivavano dal mondo femminile. Nacque così Ecopink.
D) Un verde declianto al rosa che sa anche di impegno sociale…
R) Sicuramente. Per l’edizione 2011 ho deciso di coinvolgere designers con un vissuto socio-culturale differente, privilegiando le artiste campane, dotate di grande talento e rara genialità, ma che operano in un contesto che, paradossalmente, non è incline a sostenere in maniera adeguata la loro creatività. Siccome non riuscirei a concepire un’arte slegata dall’educazione, in futuro mi piacerebbe portare Ecopink e progetti analoghi proprio in Campania – dove il problema della spazzatura è tutt’ora irrisolto - una grande sfida in cui si invadono ”livelli profondi” dove risiede una visone errata della Vita.
D) Ecopink è giunto alla terza edizione. Com’è cambiato l’evento dalla prima edizione milanese a quella internazionale di oggi?
R) Il progetto è semplicemente cresciuto, man mano che “green”, “recycle”, “ethic” sono diventati il pane quotidiano per chi opera nel settore. La linfa vitale si è arricchita grazie alle sinergie che si sono venute a creare nel tempo e all’interesse nei confronti di un design pensato da donne, il più delle volte per donne (in fondo siamo noi che facciamo girare l’economia!), che analizza e risponde ai bisogni contemporanei con proposte acute e intelligenti, in grado di portare valore laddove non c’è.
D) Preferisci lavorare da sola o in squadra?
R) Un progetto come Ecopink sarebbe impensabile senza la sua squadra, che ne è il senso e la forza. C’è un’espressione giapponese che, in veste di “team leader”, cerco sempre di ricordare: “Itai doshin” che vuol dire “Diversi corpi, stessa mente“. E’ importante che ciascuno possa esprimere al meglio le proprie competenze e capacità. Ma altrettanto importante è guardare nella stessa direzione. Sono molto soddisfatta del team di quest’anno, siamo tutti molto in sintonia, nonostante si lavori al progetto da diverse parti del mondo: Inghilterra, Italia e Svizzera. Quest’anno, in particolare, ho avuto il piacere di collaborare con Alessia Civettini, amministratore delegato di E-side (uno dei principali operatori britannici nell’ambito dell’eco-commerce), una donna con una visione nitida dello scenario futuro, meticolosa come solo i veri professionisti sanno essere. Sono grata, per il suo eccellente lavoro, anche alla giornalista Viviana Passaretti e al fotografo Karim Schneider, che mi sostiene in quest’avventura fin dalla sua prima edizione. E poi ci sono ovviamente le “Pinks”, con le quali si è instaurato nel tempo un rapporto di reciproca stima e fiducia.
D) Puoi dare un consiglio ai giovani creativi “green” che cercano di far emergere il proprio talento e i propri lavori? Quali sono gli elementi su cui puntare maggiormente e quali vie consigli di percorrere?
R) Credo che i migliori lavori abbiano a che fare con una ricerca che, prima ancora di essere materica, è interiore. Ciò che rende un prodotto duraturo è in definitiva la sua storia, che nel caso dei “maestri” coincide con la loro stessa vita. Oggi ci si focalizza molto sull’obiettivo e si perde di vista il percorso. Potrebbe sembrare controproducente, ma io penso che bisognerebbe fermarsi un po’ di più e concentrarsi su quello che è veramente importante per far emergere al meglio il proprio talento e contribuire, con la propria attività, a rendere il mondo migliore di come lo abbiamo trovato. Scegliere dei validi modelli di riferimento, insieme a una buona dose di disciplina, pazienza e costanza, possono rappresentare le linee guida del successo, accanto a una visione costruttiva delle diversità.
D) Cosa ti fa andare avanti e a continuare a credere nel lavoro che fai?
R) La mia missione. Tutti ne abbiamo una e, se vuoi, col tempo puoi acquisirne consapevolezza. Gli artisti hanno questo pallino di portare la bellezza nel mondo. Ebbene, è anche il mio. Nel mio piccolo ci sto lavorando…
Elena Marcon