E’ora che torni “Il tempo delle api”. Storia di un film emozionale in cerca di crowdfunding
Immagini, concetti ed emozioni che svelano la vita delle api senza chimica. Un racconto più umano che entomologico quello dei registi Rossella Anitori e Darel Di Gregorio nel documentario “Il tempo delle api” dove parlano dei nostri amati insetti grazie alla scelta senza veleno di Mauro e Valerio. Due apicoltori che in una Comune dei Castelli Romani sperimentano la via senza chimica nell’allevamento delle api. Una storia ad alto tasso biologico già scritta, filmata e montata, manca solo un ultimo gradino per chiudere il cerchio: “Ora ci aspetta un’ultima sfida – spiegano i due filmaker - raccogliere con il crowdfunding la somma necessaria alla post-produzione e iniziare la distribuzione del documentario“.
La colletta via web è iniziata nei giorni scorsi e ha già raccolto 2.000 euro:”Abbiamo fatto un primo crowdfunding che ci ha permesso di avere i 5.000 euro necessari per far partire il progetto, ora ne servono 15.000 per chiuderlo. Sono soldi necessari per pagare tutti i professionisti come l’autore della colonna sonora, il montatore, il grafico, la regia, la post-produzione e la promozione “, spiegano Rossella e Darel che, oltre ad aver convinto gli amanti della natura, hanno ricevuto il sostegno dei professionisti delle arnie:”tra i donatori ci sono anche degli apicoltori, nonostante lo scetticismo di quelli tradizionali. Ci siamo confrontati con un settore chiuso alle novità, ma il nostro film vuole aprire un dibattito, far discutere. E’ necessaria una riflessione a più voci sul tema e si può fare attraverso il confronto con il lavoro di Mauro e Valerio. Chi vedrà il film potrà constatare se l’esperimento è riuscito”. Nel frattempo l’opera ha ricevuto il patrocinio della Rete Italiana degli Ecovillaggi (Rive), del Global Ecovillages Network (GEN), di AAM Terra Nuova e la collaborazione di Lifegate Radio.
Il film non è un reportage giornalistico, non è nemmeno un’opera di denuncia sociale, ma il tentativo, con gli strumenti del cinema, di far diventare bene comune un’esperienza di vita che vuole stimolare le riflessioni sul mondo delle api. “Sono sempre più fragili, si sono indebolite per l’uso della chimica – sottolineano i due registi – nel nostro documentario mostriamo un’apicoltura naturale senza trattamenti preventivi né medicinali. Abbiamo scelto un registro narrativo senza l’utilizzo di interviste, privilegiando le interazioni tra i protagonisti e la comunità degli apicoltori”.
Ma chi sono i due autori, “campioni” di questa storia? Rossella Anitori, 34 anni, laureata in antropologia e giornalista si è già dedicata al mondo agricolo con il documentario Pomodoro Nero girato a pochi chilometri da Foggia, in una baraccopoli abitata dagli immigrati che, pagati quasi niente, nutrono l’industria del pomodoro. Darel Di Gregorio, invece, 27 anni, dal lavoro in una casa editrice è passato dietro la macchina da presa. “Ci siamo conosciuti nella Comune dove Mauro e Valerio conducono il loro esperimento. Ci siamo detti: la storia è interessante, facciamoci un film. Nel documentario non prendiamo posizione, lasciamo parlare i protagonisti che coltivano il loro sogno registrando sia l’entusiamo che gli ostacoli che si incontrano nel portare a termine un progetto comune – sottolineano i due registi - Oltre all’inquinamento e alle malattie anche l’apicoltura intensiva è tra le cause responsabili del declino della specie. Sempre di più sono gli apicoltori in cerca di metodi naturali e rispettosi delle api. Il nostro lavoro è rivolto a chi, come loro, percorre nuove strade alla ricerca di un’alternativa. Una storia che speriamo interessi anche i non addetti ai lavori per questo non è un film d’inchiesta, ma si punta sulle emozioni“.
Rossella e Dariel credono al loro progetto perchè oggi ”c’è una maggiore sensibilità verso la tematica ambientale. Se creiamo interesse e stimoliamo il dibattito anche le politiche possono stare al passo. In Italia c’è tanto da fare, abbiamo tante bellezze naturali e culturali, un patrimonio inestimabile che non viene curato e valorizzato. Viene lasciato poco spazio al selvatico, bisogna recuperare un equilibro”. Una battaglia da portare avanti anche con le immagini del cinema.
Gian Basilio Nieddu